LE PAROLE

Post N° 368


Un punto da qualche parte devo metterlo. Che poi so benissimo non esistono punti fermi su cui ragionare per capire. Posso ragionare per un tempo infinito ma non concluderò mai nulla perché il mutare delle cose mi travolge e forse non devo capire ma solo lasciarmi travolgere, appunto. È sempre stato così, nel momento in cui pensavo di essere arrivata in un luogo sicuro, in cui stare tranquilla, si aprivano crepe e voragini e il paesaggio all’improvviso cambiava, lasciandomi stranita a cercare di riconoscere le nuove strade da camminare. In questa settimana di vacanza ho dormito molto. Credo di aver recuperato gran parte delle ore che rubo al sonno per scrivere, però ho scritto poco. E non c’è nulla da fare. Le parole non posso spingerle fuori a forza, arrivano quando vogliono e resto monca quando mi mancano. So e fin troppo bene perché non ho voglia di scrivere. Perché non ho voglia di me stessa. In questo periodo, che non so bene com’è, non mi piaccio. “E allora cambia” mi dice la vocetta insidiosa della mia coscienza. E quell’altra voce, dispettosa e petulante le risponde“Non cambio perché mi sto bene come sto”. E cazzo se litigano tra di loro. Le molti parti di me. E vorrei riunirle in una sola perché, nella mia continua ricerca di un equilibrio che non trovo, mi sembra che unificarmi sarebbe la soluzione di ogni problema. Lavoro al limite dell’impossibile. Il frammentarmi in modi sempre diversi è un gioco arcaico. Non sono maschere e nemmeno finzioni. Sono sempre la stessa ma è il mio rapporto con me stessa che cambia, e nella stessa giornata riesco ad amarmi ed odiarmi con la medesima intensità. Riesco a vedermi allegra a galleggiare sui minuti dei giorni come se tutto sia esatto e preciso come voglio che sia. E l’attimo dopo cado nello sconforto più cupo perché nelle mani non vedo nulla e mi sembra di non avere valore alcuno. E poi ancora mi entusiasmo come una bambina con un giocattolo nuovo e sono felice di quella felicità assoluta che solo il cielo nitido dell’estate sa dare. E con il sole che tramonta dietro l’orizzonte di tetti e antenne c’è il disincanto come fosse un traguardo sicuro. In mezzo a questi venti contrari sapere che non posso aspettarmi nulla è una poderosa certezza. Mi ci aggrappo e mi salva. E per ovvia contraddizione ho i sogni. Le cose che voglio realizzare, non “vorrei”, non uso condizionale, queste le voglio realizzare. Uno superiore agli altri, quello che è mio da troppo tempo. Andare ad inventarmi un’altra vita in un altro dove, con il mare come orizzonte. Con altre occupazioni. Con la terra e gli alberi. Con gli animali. Con un lavoro che sia passione e con il tempo scandito dal buio e dalla luce. Con una specie di famiglia allargata unita solo dal legame unico e prezioso dell’amicizia e della condivisione.Ecco. Con questo pensiero mi consolo e riesco di nuovo a sorridere a tutte le me stesse che combattono tra loro. Non so usare la parola speranza, non fa parte del mio lessico né dei miei passi. Ma so sognare. Con distacco e serietà. Non so ipotecare il domani, non ho programmi di vita, non ho certezze e nemmeno le cerco. Riesco a sognare e sognando sto bene. La fotografia è di Chiara CarraraLa musica è "Knocking On Heaven's Door" di Bob Dylan