LE PAROLE

e le ore sono passate senza che me ne rendessi conto e nessun pensiero buono o cattivo, ma proprio nessuno, mi ha fermato la mente per più di cinque minuti, la stanchezza è come un vestito sporco. Posso togliermela di dosso, buttarla nell’angolo e far finta che non ci sia, anche se la pelle sotto a quel vestito è sottile e sensibile, delicata. La stanchezza del lavoro, del troppo tanto lavoro non è malsana. Ora, con tutto a posto, il mormorio della lavastoviglie e la notte fuori dalla finestra ritrovo me. Né triste, né allegra. Semplicemente in ascolto. Le lascio uscire, le parole, come il respiro più fondo che mi allarga le spalle. Come fossero il sapore che mi ha lasciato in bocca il caffè di stamattina. Come fossero rimaste in attesa di un segno. Una folla di parole e una buona compagnia. Oppure poche, stentate, povere parole e una cattiva compagnia? Il piombo che mi pesa sull’anima, e non vorrei vederlo, mi appare all’improvviso e tutto mi sembra così inutile. Non è nemmeno dolore o sofferenza è un intruglio schifoso di rancore e amarezza. Non arriva la rabbia che pulirebbe con la carta vetrata della sua violenza questo apparente stato di calma. Guardo e non vedo. Non voglio vedere. Eppure dovrò arrivare al punto in cui la concretezza mi aprirà come un coltello affilato e riuscirò a buttare via questo amore che non ha nessun senso. È un’infezione, una malattia che non voglio curare, perché so che la medicina mi farebbe talmente male che preferisco tenermi questo malessere. Ecco. Malessere. Male essere. Male di essere. Essere così come sono. Sbagliata e contorta. Arroccata e attorcigliata. Domani il tutto con cui mi riempio le giornate mi farà dimenticare il fastidio di questi pensieri e il chiaro del giorno m’ingannerà, nascondendo i fantasmi che animano la notte. Ma adesso è notte. Demoni e fantasmi ballano sghignazzando una danza lugubre ed ossessiva dietro ai miei occhi, lì dove il buio è frammentato da piccoli fuochi. Li guardo all’interno di me e non so fare altro.

Adesso e’ notte si, e la notte la puoi sentire buona come una carezza, oppure sentire tutte e due le lame del suo coltello, una che ti taglia l’aria e l’altra che taglia il sacco dei fantasmi rinchiusi dal giorno. E’ come guardare le piccole rughe al microscopio, sembrano giganti, sembrano secoli di vita vissuta quando non sono che minuti di qualche sorriso. La conosco anche io la notte, ci consumiamo le scarpe in quelle ore, ci arroventiamo i pensieri, e passeggiamo sul bordo di una strada, i pensieri spostano l’aria, si fanno grandi, premono sullo sterno e sul selciato, e gli occhi si fan grandi, molto piu’ di quanto non lo siano…. Passeggio con te anche stanotte, i tuoi pensieri e le mie sigarette, le tue grida e il mio silenzio. Ne accendo due, mentre ti abbraccio.

Ho appena versato due bicchieri di succo d'ananas, ne vuoi? che in una notte di gelido inverno e di aria sottile come questa ci può far sognare un mare caldo e una spiaggia di sabbia bianca abbagliante nel sole, due asciugamani coloratissimi e sdraiate come lucertole a scottarsi la pelle...

ci sto, in tutto e per tutto, dall'ananas all'asciugamano colorato. ci vuole ogni tanto qualcosa che in queste notti, scaldi un poco il gelo, e raddrizzi i pensieri, ed io sapevo che basta venire qui.... a farsi coccolare un po'..... ti bacio.

da fuori, da dietro il vetro della tua finestra, sottovoce guardo e leggo la tua pagina in punta di piedi:per non urtare, malaccorta, delicati ed ellittici equilibri tra presenze e assenze, volere e disvolere,ed altro ancora chissà.Troppo poco saggia e serena sono, per dirti altre parole. Lieve toc toc sul vetro ( o clod clod ?)

Ho sentito il tuo discreto e sommesso bussare e ti apro la finestra con un sorriso grande... Ciao ClodClod dai, entra, siediti qui, vicino, spettiniamo gli ellittici equilibri, evochiamo fantasmi e giochiamo con le parole, vedrai che ci divertiremo!!!

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!!!

..(Ka-Do)

buona serata...

ho conosciuto persone che si sfinivano fisicamente per non pensare...che riempivano agende d'impegni, a volte immotivati, per non restare mai sole con se stesse...Paura, paura di quello che si può vedere: NOI. Eppure se tutti imparassero a conoscersi forse il mondo sarebbe migliore...forse...

Ne conosco uno, sì, decisamente è un tipo di quelli.

Ma c'è sempre il momento in cui mi siedo di fronte a me stessa e mi riconosco, o almeno ci provo...

Capisco. La notte come culla e prigione nello stesso tempo. Quando tutto rallenta e ci si trova di fronte a se stessi, anche quando non lo si vorrebbe fare. Ma il sonno dispettoso e demiurgo dell'oblio non arriva, ché vuole che ci si guardi negli occhi con quell'altro noi che fa più paura, rabbia e tenerezza. Un abbraccio.

"il sonno dispettoso", lo vedo come un folletto saltellante e che ride beffardo mentre lo inseguo nei corridoi scuri, tre passi sempre davanti a me. Un sorriso grande per te.