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Post N° 314

Post n°314 pubblicato il 05 Febbraio 2007 da liberante

Tra mezzora saremo a Pescara         (3 di 3) 

- Avevo dodici anni. Papà non è mai stato né violento né cattivo con me. Veniva nella mia stanza a notte alta, verso le due o le tre, chiudeva la porta, accendeva la piccola luce sul comodino e si sdraiava vicino a me. Non ricordo, non voglio ricordare, se era tutte le notti o una volta ogni tanto. Mi parlava a bassa voce e non ricordo cosa mi dicesse, non voglio ricordare, ma erano parole dolci di affetto, mi carezzava i capelli, li portavo molto lunghi allora, mi toglieva con delicatezza il pigiama, mi guardava, mi toccava, si toccava, non mi ha mai penetrato, mi ha lasciato vergine, vergine, vergine, non ha abusato di me, non mi ha fatto violenza, non l’ha fatta al mio corpo, alla mia mente ne ha fatta tanta, sentivo che era una cosa che non andava bene, mi piaceva, mi piaceva e tante notti lo aspettavo sveglia, volevo che si sdraiasse vicino a me, sotto le coperte, che mi toccasse, che si toccasse, lo volevo.

Valerio rallenta, va piano, non vede bene la strada, ha lo sguardo offuscato dalle lacrime. Sente il dolore di Valeria come una ferita in mezzo al petto. Gli fa un male che non ha mai provato.
Tace e guarda dritto, davanti, cercando di non farle capire che sta piangendo.

- Lei, sua moglie, mia madre, se ne accorse quando avevo quindici anni. Ci furono giorni di urla e piatti rotti. Altri di silenzi gelidi e dolorosi. Mi disse che non ero più sua figlia. Andai in collegio e ci restai fino ai diciotto anni, poi andai in una comunità dove frequentai la scuola per infermiere e imparai il mestiere che faccio e che mi ha fatto perdonare me stessa e mio padre. Lei non l’ho mai perdonata. Lei restò con mio padre. Papà veniva a trovarmi ogni tanto, di nascosto. Lei non venne mai. Mio padre morì in un incidente d’auto l’anno prima di conoscere te. Molti dissero che si uccise. Non andai al suo funerale per non vedere lei. Ora non lo so. Lo zio quando ha telefonato mi ha detto che sta morendo e l’unica cosa che dice è il mio nome.

Valerio ferma la macchina nella corsia d’emergenza.
Spegne il motore.
Si volta a guardarla.
Paola non piange.
È un fluire di odio, rabbia e rancore quello che dipinge il suo volto.

- Paola? Che farai?

- Nulla, Valerio. Assolutamente nulla. La guarderò morire e lei crederà che l’abbia perdonata e morirà serena.

Valerio le passa le mani tra i capelli castani, corti, l’abbraccia e lei appoggia la testa sulla sua spalla. Finalmente piange.
Stanno così per un tempo che non sanno.
Ha ripreso a piovere.
Paola si stacca da lui, ha un sorriso incerto e la voce trema.

- Questo è quello che vorrei fare, ma non so, forse quando la rivedrò devastata dal male, vecchia, sola, con solo suo fratello più vecchio di lei e mezzo rimbambito, non so, non so, non so davvero.

- Andiamo. Tra mezzora saremo a Pescara.

Annie Lennox "Why"

 
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DA LEGGERE

 

Antonio Gramsci "La Città Futura" (1917)   

 

" Odio gli indifferenti: credo come Federico Hebbel che “vivere vuol dire essere partigiani”. Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e partigiano. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. E’ la palla di piombo per il rinnovatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che circonda la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scoraggia e qualche volta li fa desistere dall’impresa “eroica”. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. ".......

..... continua qui  

 

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