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C’è l’odore del fumo di legna.
In questa terra di pianura. Nel mio paesaccio senza orizzonte. Nella strada dove abito.
Strano confine.
Tra palazzoni cresciuti in fretta e senza pretese per accogliere, cinquanta anni fa, il sud che veniva al nord a lavorare e le villette di quelli nati cresciuti vissuti qui fin da quando la memoria dell’ultimo vecchio riesce a raccontare. Ne cerco l’origine di questo profumo che mi fa chiudere gli occhi e ingoiare la voglia di lacrime.
Immagino.
Un camino e la fiamma. Bagliori saltellanti nella stanza. Buio negli angoli. Suoni sommessi e passi lenti. Un tavolo, le sedie. Ne sento il rumore ed è un rumore che conosco e riconosco.
Dal fondo della memoria risale lento il sapore delle notti d’inverno nella piccola casa.
Non era un camino.
Era una grande stufa di ghisa.
Lo schiocco secco della legna e il canto della brace che diventa cenere. La perfezione non la sapevo vivendola. La conosco adesso nella memoria. E non vorrei ricordare perché so che sarà dolore e non dolore graffiante e aspro, ma quello limpido e liscio delle cose belle che non esistono più. È stato un tempo nella vita e il rimpianto è non aver capito allora, quanto prezioso fosse. Il Nonno e la Nonna. I Nonni. E noi. Fuori il freddo cristallino, quello che toglie il fiato e il silenzio alto ed assoluto del bosco. Ma noi nella bolla ovattata del calore non sapevamo niente se non le parole del lessico abituale e la sonorità del dialetto.
Il luogo rimane fermo solo nel mio ricordo e non importa se ancora nell’appennino, sulla sponda sinistra del Taro, c’è la strada bianca che si arrampica fino alla quercia ed alle case.
Non c’è più nulla in quel luogo che sia parte di me.
È finito il tempo.
Anche il noi è finito.
C’è odore di fumo di legna.
Respiro forte.
Fa freddo.
Sarà il freddo che mi fa lacrimare gli occhi.
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DA LEGGERE
Antonio Gramsci "La Città Futura" (1917)
" Odio gli indifferenti: credo come Federico Hebbel che “vivere vuol dire essere partigiani”. Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e partigiano. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. E’ la palla di piombo per il rinnovatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che circonda la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scoraggia e qualche volta li fa desistere dall’impresa “eroica”. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. ".......
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