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« Messaggio #426Filippa Filippazzi »

Post N° 427

Post n°427 pubblicato il 06 Febbraio 2008 da liberante

Periodaccio.
Non è che stia male, nemmeno sto bene.
No. Non è il lavoro, anche se mi sembra di lavorare e basta. E poi lavorare sotto pressione in questa maniera mi fa sentire adrenalinica e soddisfatta. Mi piace. Adoro passare le giornate ad inseguire i percorsi assurdi dei numeri che nella loro perfetta logica devono combinarsi in maniera tale da quadrare. E sono tabelle su tabelle, incroci di anni e di futuri, di proiezioni e previsioni, di leva di qui e metti di là, sposta questo e incrocia quell’altro. E sono cocciuta che non mi accontento mai e devo spaccare il capello ed il centesimo. Comunque quando esco dall’ufficio e me ne torno a casa pedalando lenta sulla mia bicicletta mi sento il cervello fritto e l’unico pensiero coerente che riesco ad articolare è quello di sentire l’aria fredda che mi lava la faccia.
Periodaccio.
La fregatura è il tempo furibondo che non mi dà respiro. Ci sono dei giorni in cui l’unico tempo che ritaglio per me è quello della doccia e di spalmarmi la crema. E mi manca. Mi manca in maniera tremenda lo spazio largo del poter decidere di mettere in parole il turbinio di immagini che si accapigliano nella mia povera testa. E dopo dieci ore di schermo e tastiera la sola idea di accendere il mio portatile bordeaux mi provoca un conato di vomito. Non scrivere significa allontanarmi da me stessa. Dimenticarmi. Non farmi compagnia. E quindi per assurdo soffro di solitudine. Mi sento sola perché non riesco ad essere sola.
Periodaccio.

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Perfino questo amore che mi coccolo dentro come un bambino abbandonato non lo sento con la stessa intensità. E poi arriva la vocetta idiota che mi dice “Ma non lo senti o non lo vuoi sentire?” Ovvio. Non lo voglio sentire perché mi manca solo la paranoia del Oh cielo! Come soffro! Come sono infelice! E poi mi attacco ad una tenda (ma quale tenda? che in casa non ci sono tende) e come un’attrice di un film d’altri tempi mi abbandono al pianto.
Periodaccio.
Mi chiedo quando potrò fermarmi e non avere altro da fare che quello che voglio. Andare a vivere al mare. Avere la casa grande, di pietra, tra gli ulivi. Il vento che entra dalle finestre e le voci della mia famiglia molto allargata che riempiono i soffitti. Tra quattro anni? ma quanto sono lunghi quattro anni? e tu vocetta idiota e del cazzo non venirmi a dire che tanto passano in fretta.
Periodaccio.
Incazzata per tutto questo infame rimescolio di cose già sentite, già viste, già vissute. E tanto avevamo giusto bisogno di spendere un po’ di milioni di euri per andare a votare. E lo so che andrò a votare perché sono ancora così stupida e così illusa da pensare che il mio voto sia importante e voterò tappandomi il naso per scegliere la minor merda, come dicevo alla mia amica Ale.
Periodaccio.


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Davvero credo di essere al mio minimo storico di razionalità.

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JON.L
JON.L il 10/02/08 alle 11:14 via WEB
Non è bello vivere oggi nell'attesa di un tempo che verrà, non è bello e nemmeno giusto, aspettare che trascorra il nostro tempo, in attesa di un evento che dovrebbe renderci felici in un futuro, che esiste solo nella nostra mente, impedendoci di vivere ora questo momento che è l'unica realtà e tempo di cui disponiamo... In settembre ho incontrato un ex collega, che aveva da poco cambiato lavoro, perchè da molto non si trovava bene e mi disse:" sono contento, finalmente, l'avessi fatto prima avrei vissuto molto meglio gli ultimi dieci anni". poco dopo ho saputo che in seguito ad alcuni esami gli avevano diagnosticato un tumore del pancreas... ieri è morto; 47 anni due figli una vita vissuta male, in attesa di poterla cambiare, quando ha trovato il coraggio per farlo, è finita... killk
 
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DA LEGGERE

 

Antonio Gramsci "La Città Futura" (1917)   

 

" Odio gli indifferenti: credo come Federico Hebbel che “vivere vuol dire essere partigiani”. Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e partigiano. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. E’ la palla di piombo per il rinnovatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che circonda la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scoraggia e qualche volta li fa desistere dall’impresa “eroica”. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. ".......

..... continua qui  

 

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