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Post N° 253

Post n°253 pubblicato il 21 Agosto 2006 da liberante
 
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lupopezzato
lupopezzato il 24/08/06 alle 22:20 via WEB
Strano, oggi in spiaggia, guardando le impronte dei gabbiani nella sabbia – come zampe di gallina ma un po’ più strette - pensavo che quelle impronte il mare ed il vento se le portano via. Le nostre impronte digitali, invece? Le lasciamo ovunque andiamo. Treni, aerei, navi, alberghi, case, ristoranti, auto, amici, borse, fogli, uffici, bollettini postali, giornali, libri, negozi, teatri, discoteche, bar, musei, scuole, palestre, tastiere, monitor. Siamo dappertutto con le nostre «piccole e stupide» impronte e chissà per quanto tempo ci restiamo... il tempo sbiadisce le immagini fino a cancellarle. I ricordi sopravvivono alle immagini. Su quella parete c'era un affresco che il tempo ha cancellato. Quell'affresco riproduceva un libro aperto con una pagina strappata. Fui io a strappare quella pagina. C'era scritto... «Stordito da due nostalgie opposte come due specchi, perse il suo meraviglioso senso della irrealtà, e alla fine raccomandò a tutti che se ne andassero da Macondo, che dimenticassero tutto quello che gli aveva insegnato del mondo e del cuore umano, che se ne fottessero di Orazio, e che in qualsiasi luogo si fossero ritrovati si ricordassero sempre che il passato era menzogna, che la memoria non aveva vie di ritorno, che qualsiasi primavera antica è irrecuperabile, e che l’amore più sfrenato e tenace era in ogni modo una verità effimera. Alvaro fu il primo a seguire il consiglio di lasciare Macondo. Vendette tutto, perfino la tigre prigioniera che si burlava dei passanti nel patio della sua casa, e comprò un biglietto eterno per un treno che non finiva mai di viaggiare. Nelle cartoline postali che mandava dalle stazioni intermedie, descriveva a sprazzi le immagini istantanee che aveva visto dal finestrino del vagone, ed era come sminuzzare e gettare nell’oblio il lungo poema della fugacità»...
 
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Antonio Gramsci "La Città Futura" (1917)   

 

" Odio gli indifferenti: credo come Federico Hebbel che “vivere vuol dire essere partigiani”. Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e partigiano. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. E’ la palla di piombo per il rinnovatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che circonda la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scoraggia e qualche volta li fa desistere dall’impresa “eroica”. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. ".......

..... continua qui  

 

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