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Post N° 260

Post n°260 pubblicato il 14 Settembre 2006 da liberante

Ci siamo già conosciuti.

 
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liberante
liberante il 14/09/06 alle 23:21 via WEB
Tu ed io. In altro tempo e in altro spazio.
Abitavi l’ultimo pezzo di terra prima dello spazio sterminato di un oceano che aveva il colore dei tuoi occhi. Abitavi la casa bianca aggrappata alla roccia scura e c’erano due ulivi vicino alla porta. La striscia di terra era brulla e pietrosa e tu coltivavi in vasi di coccio basilico e menta. Abitavi le stanze con pavimenti di pietra e i tuoi piedi scalzi erano silenziosi come il fumo che sfumava di grigio le pareti intorno al camino. Abitavi con le famiglie dei gatti e famiglia erano per te. Sapevi leggere il volo dei gabbiani e decifravi il canto delle onde. Tu conoscevi le correnti e le maree. Accendevi il fuoco di notte su quell’ultimo pezzo di terra e splendeva sicuro e immancabile per i vagabondi del mare.
Abitavo nel golfo, tra i pini e le mimose e la mia casa era rosso e arancione. Abitavo nell’allegra famiglia numerosa in cui i pochi uomini andavano per mare. Abitavo con le donne e imparavo il lavoro e la fatica e i segreti della vita. Abitavo dove l’onda non mordeva con rabbia, ma solo accarezzava. Guardavo la casa bianca e sapevo che tu eri il custode della baia. Tu vegliavi e tenevi acceso il fuoco.
Venni da te all’inizio della notte ed era estate. C’era mare di burrasca e nuvole veloci nel cielo. Sedemmo vicino al fuoco e sembrava che la luna sorgesse come per magia dalle fiamme. Eri alto e il tuo sguardo placava le mie sciocche paure. Le mie mani tra i tuoi capelli colore del sole inciampavano nei tuoi pensieri e sapevo di avere trovato il luogo dove stare. Stavo rannicchiata nel tepore del tuo abbraccio e riempivamo la casa bianca con i colori del nostro amore. I nostri piedi scalzi si intrecciavano nel grande letto tra lenzuola che sapevano di sale e sognavamo. I sogni erano i giorni e le ore che non avevano numeri, ma il chiaro e il buio cadenzavano il tempo. Non ero più io e non eri più tu. La mia pelle aveva il tuo odore e la tua bocca il mio sapore. Imparavo da te a leggere nel vento e nella spuma bianca delle onde. Imparavi da me i segreti della vita e della morte. Tu eri l’uomo che illuminava la notte con il fuoco per sconfiggere la paura del buio ed io la tua donna.
Ci siamo già conosciuti. Tu ed io. In altro tempo e in altro spazio.
 
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DA LEGGERE

 

Antonio Gramsci "La Città Futura" (1917)   

 

" Odio gli indifferenti: credo come Federico Hebbel che “vivere vuol dire essere partigiani”. Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e partigiano. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. E’ la palla di piombo per il rinnovatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che circonda la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scoraggia e qualche volta li fa desistere dall’impresa “eroica”. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. ".......

..... continua qui  

 

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