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Post N° 272

Post n°272 pubblicato il 22 Ottobre 2006 da liberante

... come fossero fotografie il paesaggio disteso sotto di me dal belvedere della Morra e...

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liberante
liberante il 22/10/06 alle 00:42 via WEB
Stasera annusavo l’aria umida di pioggia e mi lasciavo penetrare dall’odore che così bene conosco. Sentivo il sapore di memorie lontane e delle notti serene nella piccola casa addossata al bosco di querce e noccioli. Le foglie bagnate e la terra già fredda profumavano di estati finite e di fumo di legna. Affacciata al balcone seguivo il rumore della pioggia e lo lasciavo entrare in me. Stasera ho spalancato la porta della memoria e ho fatto entrare i ricordi. Stasera ascoltavo musica e ricordi come onde di piena a sommergermi la mente. Inutile mettere dighe in certi momenti e questo è il momento di liberare quel ricordo che ho rinchiuso e imbavagliato nei miei tanti labirinti.
Un anno fa annusavo lo stesso odore di autunno appena iniziato e già quasi inverno e mi sentivo brillare di luce e calore. Nulla rinnego di quello che ho sentito. Nulla mi sembrava falso o inventato. Quello che ero, era verità splendente e in tutta quella luce mi sentivo avvolta in un bozzolo caldo di felicità perfetta. Un anno fa l’unica paura che mi graffiava leggera era quella che fosse tutto un sogno. Non era un sogno. Ci sono momenti in cui mi ritrovo a vedere le cose vissute con una precisione di suono e colore da film. Non riesco a dire che è dolore. È molto più forte del dolore. Nell’arco di un anno ho realizzato un sogno e l’ho distrutto. È stata un’operazione dovuta, perché il mentire a me stessa era peggio che dirmi la verità e la verità è rabbia feroce. Ricordo che la parabola ascendente è stato incanto. Ho amato perdutamente l’uomo che mi regalava un posto dove poter essere me stessa. Ho amato nell’istante stesso in cui lo vedevo il luogo dove viveva. Ho confuso i confini del sogno con la realtà e ho barato con me stessa, facendo finta di amare la persona invece di amare unicamente il luogo. Stasera mi ferisco a sangue rivedendo come fossero fotografie il paesaggio disteso sotto di me dal belvedere della Morra e i portici di Cherasco e la piazza di Saluzzo deserta e piena del sole di novembre e il nitore dell’orizzonte disegnato dalle montagne e le vie di Bra illuminate dalle luci di Natale e sonore di gente. Ho amato il luogo, confondendo me stessa. Un luogo non basta per l’amore. Il rimpianto è circoscritto a questa mancanza di quel piccolo mondo perfetto dove avrei potuto inventarmi una vita. Non rimpiango lui. Lui non esiste nemmeno più, perso in una nebbia talmente lontana che non so davvero se sia mai esistito, se non nella mia fantasia. Il dolore è tutto lì. È l’avere compreso, quando ormai avevo fatto danno, che l’uomo che avrei potuto amare era solo un’ombra nella mia fantasia. Risorge possente la rabbia per essere stata così ottusa da non aver capito, prima di creare illusioni, che mai avrei potuto annullare tutto di me per essere quello che voleva che fossi. Rabbia contro di me e contro le menzogne che mi sono raccontata e non serve a nulla la scusante che in qualche maniera dovevo sopravvivere. Non posso perdonarmi il male che ho fatto. Riesco solo a pensare che lui, forse, sarà felice, ma felice davvero, provando per me finalmente quell’odio rancoroso che è l’unica maniera per annullare amore.
Io che sono egoista sto bene come sto.
Sola.
 
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Antonio Gramsci "La Città Futura" (1917)   

 

" Odio gli indifferenti: credo come Federico Hebbel che “vivere vuol dire essere partigiani”. Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e partigiano. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. E’ la palla di piombo per il rinnovatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che circonda la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scoraggia e qualche volta li fa desistere dall’impresa “eroica”. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. ".......

..... continua qui  

 

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