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Post N° 282

Post n°282 pubblicato il 15 Novembre 2006 da liberante

Di notte cammino per casa al buio.

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liberante
liberante il 15/11/06 alle 17:47 via WEB
Se mi sveglio all’improvviso devo alzarmi. Improvviso è il senso di essere sveglia senza sapere che prima dormivo. Sveglia e devo alzarmi. Apro il frigo, prendo la bottiglia dell’acqua e ne bevo lunghe sorsate, fredda, con ingordigia, con sete. Come stanotte, che la tosse mi teneva sveglia e guardavo dalla finestra nel buio i lampioni sotto casa e la flebile luminescenza. Saranno state le cinque e l’alba in questo novembre di caldo strano era lontana. La finestra aperta e l’odore uguale a quello di tante altre notti passate a dialogare con l’Insonnia. Avevo una rabbia assopita sul palato e le mani appoggiate sotto il mento. Gli occhi stretti e poche parole dentro di me. Un malessere che attribuivo alla gola arrossata e al naso chiuso. Un malessere che mi pungeva di lacrime e non capivo. Lenta si è formata dentro di me la sensazione di dolore e una frase. Lui non fa più con me quello che lo diverte. Lui con me non fa le cose divertenti. Lui non si diverte più con me. L’ho girata in tutte le maniere possibili e ogni giro era una staffilata di dolore nuovo, per una scoperta così ovvia e banale, che mi sono chiesta come non ci avessi mai pensato prima. Lui non cerca più me per fare cose divertenti. Ma non da oggi. O da ieri. Da molto tempo. Da troppo tempo. Lui non mi ha più cercato per fare cose divertenti perché io non ero mai disponibile a fare cose divertenti. Definisco divertenti. Andare al cinema a vedere un noiosissimo film di cui ridere, passeggiare senza meta cercando una panchina, in macchina a scoprire paesini improbabili, bere una birra alle tre di notte, cantare a squarciagola sul rumore del motore, decidere di partire senza bagaglio, viaggiare e parlare, parlare, parlare, parlare, parlare e poi ancora ridere e parlare, parlare e ridere, e poi ancora ridere e parlare e piangere. E ho pianto. Ho pianto sull’errore più grave che ho fatto, quello di smettere di divertirmi con lui. Adesso lui non cerca più me per divertirsi perché in quei lunghi anni di solitudine insieme non ho più voluto divertirmi con lui. Stanotte, appoggiata al davanzale della finestra, gli occhi persi nello scuro della notte a indovinare i tetti e le antenne e più su le nuvole e le stelle nascoste dalle nuvole, ho pianto di rabbia e rimpianto. Lacrime inutili e rabbia stupida, e sterile rimorso.
 
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DA LEGGERE

 

Antonio Gramsci "La Città Futura" (1917)   

 

" Odio gli indifferenti: credo come Federico Hebbel che “vivere vuol dire essere partigiani”. Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e partigiano. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. E’ la palla di piombo per il rinnovatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che circonda la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scoraggia e qualche volta li fa desistere dall’impresa “eroica”. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. ".......

..... continua qui  

 

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