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Post N° 307

Post n°307 pubblicato il 17 Gennaio 2007 da liberante

Perché?

Un gioco.
Un passatempo.
Un piacere.
Leggerezza.
Una passeggiata tra le parole dell’amicizia e tra quello che capita.
Quel momento di relax che mi prendo in ufficio dal momento che non posso più fumare, in ufficio.
L’alternativa a serate altrimenti vuote di televisione e biscotti e i biscotti sono proibiti dalla mia dieta e la televisione è rifiutata dal mio io razionale.
Echebellafrase!
Il mio io razionale che è irrazionale troppo spesso e razionale solo quando c’è il sole a mezzanotte.
Nella mia irrazionalità questo blog-mondo, per ora, è solo piacere e lo frequento perché mi piace.
Mi diverte.
E poi è, soprattutto e prima di tutto, il posto dove metto quello che scrivo.
Non tutto quello che scrivo, ma un po’ delle cose che scrivo.
Lo scrivere è vizio e virtù e non saprei vivere senza, anche se passo periodi di afonia di parole poi tornano, tornano sempre e faccio spazio rubando il sonno della notte perché possano uscire fuori da me e tornare a me in lettere nere su un foglio bianco e in emozione. Emozione è neutra, sono loro, le parole, a colorarla di nero o di bianco o di qualsiasi altro colore.
Una vetrina per la mia vanità.
Mi piace essere letta.
Mi piacerebbe che qualcuno avesse critiche su qualcosa.
Non sono così perfetta come sembro. Anzi della perfezione nulla so. E manco la vorrei. Non sarò mai soddisfatta e sarò alla continua ricerca di quello che è oltre l’orizzonte, oltre il confine, oltre me stessa. Anche in quello che è già scritto, se lo rileggo cambierei un aggettivo, un verbo, una virgola, limerei e plasmerei senza mai arrivare al risultato che mi soddisfa del tutto.
Nel blog invece le parole si fermano e fermano il pensiero in quell’attimo che nell’attimo dopo non è più.
Per ora non m’importa e non ho tentazioni di cancellare, né di chiudere.
Però ci rifletto e arriverà il momento in cui tutto questo non sarà più nulla e finirà.
Resterà a galleggiare come i rottami dei satelliti persi nell’infinito dello spazio.
Una dipendenza.
Per la sincerità che mi devo so che è anche una dipendenza. Non ancora assuefazione perché se lo fosse non sarebbe più divertimento, né piacere, ma dipendenza quello certamente sì.

Perché?
Me lo chiedo e non ho grandi risposte.
Perché mi piace, nel momento in cui non mi piacerà più mi allontanerò e farò altro.
Questo penso del mio essere blog.

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liberante
liberante il 20/01/07 alle 22:22 via WEB
Ho dimenticato di parlare di una cosa. Anzi più che dimenticato, non l’avevo presa in considerazione. Sicuramente quando ho aperto questo blog non avevo la più pallida idea di cosa fosse e di cosa aspettarmi. Per il cosa fosse ho imparato con il tempo e con un po’ di brucianti delusioni, dopo le quali mi sono tenuta un po’ lontana, nel senso che l’ho preso più alla leggera, un gioco, appunto, un passatempo, la vetrina della mia vanità. Per le aspettative il discorso si complica. Nel lontano marzo 2005 mi sentivo talmente sola che questo mezzo era una finestra su un mondo dove potevo trovare qualcosa che assomigliava a un po’ di compagnia. E compagnia me ne ha fatta. Lo scrivere e il leggere gli altri, i commenti, le mail, i messaggi hanno occupato tutto quel tempo vuoto che non avrei saputo come riempire. Ho un grande debito di gratitudine a questo luogo-non-luogo. Ho trovato le amicizie. Le amicizie al femminile, quelle che sono entrate nella mia quotidianità reale e mi aiutano la vita. Le amicizie al maschile che con sincerità e schiettezza ampliano i miei orizzonti. Detto tutto questo non mi interrogo sul futuro e non ci penso nemmeno a chiudere. Per ora è piacere e divertimento. Adesso che sono davvero sola, apprezzo il mio essere sola. Imparo per piccoli passi a convivere con me stessa, ma temo ancora la solitudine, quella della mente, quando nulla e nessuno riuscivano a scalfire la corazza che mi ero incollata addosso. Credo sia la paura di quel genere di solitudine che mi spinge a essere qui.
Grazie per tutto quello che mi avere detto con i vostri commenti, raccontandomi il vostro essere blog. Grazie davvero.
titti
 
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Antonio Gramsci "La Città Futura" (1917)   

 

" Odio gli indifferenti: credo come Federico Hebbel che “vivere vuol dire essere partigiani”. Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e partigiano. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. E’ la palla di piombo per il rinnovatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che circonda la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scoraggia e qualche volta li fa desistere dall’impresa “eroica”. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. ".......

..... continua qui  

 

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