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Post N° 347

Post n°347 pubblicato il 09 Maggio 2007 da liberante

Sono tornate le rane nel Redefossi.

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Mentre aspettavo l’autobus, ero, come al solito, appoggiata al parapetto e guardavo più in basso il fosso, una fogna a cielo aperto.
Lo guardo perché non c’è niente altro da guardare e poi la primavera delle foglie ha ricoperto molto del brutto che l’inverno denuda.
Guardavo disattenta più consapevole del cielo azzurro fondo e del calore consolante del sole che di tutto il resto, forse trasformando con la fantasia il miserevole canale e le brutte case in immagini di calli e campielli e palazzi come merletti.
Non c’è molta allegria nel mio aspettare l’autobus che mi porta dalla Nonna, chè ogni volta è attesa del dolore, tagliente e rabbioso.
Ho sentito il gracidare, con stupore, allora ho osservato l’acqua.
Limpida e cristallina scorreva sulla melma del fondo.
Non l’avevo mai vista così pulita e ho pensato che la tanta pioggia degli ultimi giorni aveva lavato l’acqua.
Acqua che lava l’acqua, marcia e putrida, di questo fosso infestato da topi grossi come gatti.
Ed eccole.
Le rane.
Nuotavano in gruppi, con quel loro movimento a scatti, lucide e verdi, e sulle sponde nemmeno un topo.
Un piccolo miracolo.
Il verde grasso e nuovo delle rive, l’acqua trasparente e le rane.
Se ci sono loro il fosso è ritornato ad essere bello, come me lo racconta chi in questo paese di pianura ci vive da quando è nato e ci faceva il bagno da bambino.
Mi è sembrato all’improvviso tutto più bello, per un attimo ho anche pensato di scendere la riva e di accarezzare l’acqua.
Non era più il fosso melmoso e fetido.
L’ho visto come un torrente e magari ci sarebbero ritornati anche i pesci e le libellule e i bambini a sguazzarci dentro e i vecchi a pescare.
Non sarà così.
Di nuovo si asciugherà e la poca acqua resterà ferma a formare fango e putrefatte sostanze non meglio identificabili e torneranno i topi grossi come gatti e la puzza.
Stamattina però era bello.

 
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cinzia63
cinzia63 il 09/05/07 alle 23:35 via WEB
Quante volte ci siamo raccontate di quelle rughe che il tempo dipinge sul viso, dei momenti che somigliano al ticchettio di un orologio che non si ferma mai, quante volte ci siamo dette che in fondo siamo fatte cosi’, ci inabissiamo in un dolore, e sorridiamo per il nonnulla. E gli occhi guardano dentro, riportano sensazioni per come siamo, per quel che abbiamo addosso...
A volte quell’addosso, ci fa vedere anche il bello di una palude.
 
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Antonio Gramsci "La Città Futura" (1917)   

 

" Odio gli indifferenti: credo come Federico Hebbel che “vivere vuol dire essere partigiani”. Non possono esistere i solamente uomini, gli estranei alla città. Chi vive veramente non può non essere cittadino, e partigiano. Indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. E’ la palla di piombo per il rinnovatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti, è la palude che circonda la vecchia città e la difende meglio delle mura più salde, meglio dei petti dei suoi guerrieri, perché inghiottisce nei suoi gorghi limosi gli assalitori, e li decima e li scoraggia e qualche volta li fa desistere dall’impresa “eroica”. L’indifferenza opera potentemente nella storia. Opera passivamente, ma opera. ".......

..... continua qui  

 

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