pensiero libero

Post N° 860


Resoconto dell´attivo regionale veneto dei delegati della Cgil contro il Dal Molindi Sabrina Pattarello Venerdì 7 febbraio, allo slogan "Vicenza città d´arte, non di guerra", si è svolto l´attivo regionale veneto dei delegati della Cgil contro il raddoppio della base americana in città.Imbattendosi fin da subito nelle facce note di molti burocrati dell´arena sindacale e politica locale (compresi i vari autosospesi), aleggiava concreto il presentimento di accingersi a partecipare ad un´assemblea-farsa, sospetto che ha poi trovato piena conferma durante lo svolgimento della mattinata.Il dibattito, scialbo e privo di contenuti oggettivamente di svolta, si è dipanato ordinatamente sotto la rigida sorveglianza della presidenza, che ha pilotato egregiamente il dissenso e la critica negando spazio d´intervento alle posizioni di più esplicita rottura.Le tesi che maggiormente hanno tenuto banco sono state quelle della pericolosità della nuova struttura militare per l´incolumità e la salute dei cittadini e della contrarietà a rendere Vicenza una città di guerra; si sono espresse forti preoccupazioni per l´impatto urbanistico e ambientale che la base comporterebbe, e qualche timida critica è piovuta sul governo Prodi, colpevole di non aver rispettato il programma elettorale nei punti che prevedevano la riduzione delle servitù militari e il ridimensionamento della presenza dei contingenti italiani impegnati in missioni di guerra all´estero.Tuttavia le proposte si sono generalmente fermate al sostegno al referendum consultivo, che si andrebbe a fare da qui al prossimo autunno, quando la situazione potrebbe già essere ampiamente compromessa, e che si rivelerebbe in ogni caso inutile, in quanto il problema di Vicenza interessa le politiche internazionali dell´Italia, che evidentemente non possono essere decise da una consultazione della popolazione a livello locale.Da evidenziare l´opportunismo e l´arroganza politica espresse da alcuni esponenti politici vicentini, una su tutte l´onorevole Lalla Trupia (autosospesa dei Ds), che dopo aver gettato acqua sul fuoco sulla questione della base vicentina, nel tentativo di conciliare le posizioni antitetiche di popolazione e forze di governo, si è augurata una buona riuscita della manifestazione del 17 febbraio, dopo aver demagogicamente proclamato di essere stanca di "tirare Prodi per la giacca" (quasi Prodi non avesse commesso un atto gravissimo nel ratificare la decisione di costruire la nuova base), omettendo accuratamente di menzionare le responsabilità dello stesso e del ministro diessino degli Esteri D´Alema nelle misure fin qui intraprese riguardo al rifinanziamento della missione imperialista in Afghanistan e il raddoppio dell´Ederle, al quale si affianca il previsto ampliamento di Sigonella, la costruzione di una base navale a Palermo e di una fabbrica di missili a testata nucleare in programma a Novara; d´altro canto, a Vicenza le elezioni amministrative sono alle porte, e si pone la necessità di recuperare un minimo di credibilità politica. In questa occasione il Partito di Alternativa Comunista - unica presenza politica presente in forma organizzata all´attivo, con compagni impegnati nel volantinaggio, nella diffusione della stampa e nel dibattito - si è espresso per bocca del compagno Roberto Galvanin, dirigente della Fiom di Vicenza, l´unico tra i nostri compagni presenti cui è stata concessa la parola; cassati adducendo deboli pretesti e scuse gli altri nostri interventi.Il PdAC ha sottolineato l´importanza della buona riuscita dell´appuntamento del 17, considerato un primo, importante passo nel cammino di lotta, ed è stato l´unica forza politica a lanciare le parole d´ordine della riconversione dei siti militari ad uso civile e dello sciopero generale, considerato il solo evento in grado di consentire realmente ai lavoratori una possibilità di vittoria sul fronte del no al Dal Molin. Si è specificato come la Cgil dovrebbe spendersi per la sua costruzione, creando un fronte unitario con tutte le sigle sindacali di sinistra, sindacalismo di base incluso, e promuovendo la sua organizzazione all´interno dei luoghi di lavoro, dispiegando tutte le forze a disposizione.Il significato di uno sciopero generale riuscito trascenderebbe il semplice, pur se importantissimo, obiettivo di evitare la completa militarizzazione del capoluogo orobico, in quanto in ultima battuta finirebbe per costituire un´inequivocabile risposta di classe alla politica estera dell´esecutivo, un segnale limpido e tangibile di segno contrario all´azione del´attuale governo, che non è rappresentativo delle istanze dei lavoratori e delle classi più deboli, ma degli interessi economici e delle politiche espansionistiche del capitalismo, e che solo i lavoratori uniti ed organizzati, guidati da una direzione politica conseguente, possono essere in grado di cacciare, da un versante di classe.