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Mose di Venezia: l'Europa dà ragione ai Verdi


Il ricorso dei Verdi contro il Mose, il sistema di paratie mobili alle bocche della laguna di Venezia, è stato accolto dalla Commissione europea, che ha inviato al governo italiano una lettera di messa in mora che rappresenta il primo passo verso la procedura d´infrazione.La notizia è stata confermata oggi da un portavoce dell'esecutivo europeo: "In seguito alla presentazione di esposti, Bruxelles ha ritenuto necessario avviare la prima fase della procedura di infrazione, con l'invio di una lettera di messa in mora all'Italia, per non aver realizzato uno studio d'impatto come previsto dalla direttiva Ue sugli uccelli selvatici, essendo la laguna di Venezia un sito considerato di grande rilievo per l'ecosistema". Il portavoce ha precisato che l'Italia ha due mesi di tempo per inviare le proprie osservazioni.“La Commissione”, si legge nella lettera inviata ai firmatari dell´esposto, “ha ritenuto che, non avendo identificato né adottato misure idonee a prevenire l´inquinamento o il deterioramento degli habitat, la Repubblica italiana sia venuta meno agli obblighi derivanti dalla direttiva sulla conservazione degli uccelli selvatici”. Il ricorso è stato firmato dal presidente dei Verdi Alfonso Pecoraro Scanio, dalla parlamentare veneziana Luana Zanella e dal presidente dei Verdi europei Monica Frassoni. Le critiche si raggruppano in quattro filoni.Il primo è un elenco delle conseguenze negative sull´ambiente: 5 milioni di metri cubi di materiale mosso, un´isola artificiale di 9 ettari, la devastazione di alcuni tratti del litorale, l´inquinamento da zinco. La seconda accusa riguarda i costi: per i Verdi i 3,7 miliardi di euro necessari alla costruzione delle dighe, più gli alti costi di manutenzione, rappresentano un fardello controproducente.La terza contestazione è sull´utilità: il Mose sarebbe una struttura obsoleta, che diverrebbe inefficace con un aumento del livello del mare di 30 centimetri, aumento considerato probabile dai climatologi. La quarta imputazione, riporta il quotidiano, verte sulla penalizzazione di alternative più efficienti e meno costose: il riequilibrio idraulico della laguna, il blocco delle petroliere, l´innalzamento delle insulae grazie all´iniezione di materiale espansivo in profondità.Un quadro allarmante che ora, su indicazione di Bruxelles, dovrà essere approfondito. È la vittoria del "partito del no"?, chiede il quotidiano diretto da Ezio Mauro? “Noi vogliamo dire molti sì”, risponde Pecoraro Scanio.“Sì a un grande progetto di riequilibrio idrogeologico nell´area veneziana e in tutta l´Italia. Sì alle opere pubbliche necessarie e approvate dalle comunità locali: quelle che servono veramente e che producono occupazione anche nel lungo periodo. Ma per dire questi sì bisogna evitare di dilapidare miliardi di euro in opere inutili che svuotano le casse pubbliche. E non lo sosteniamo solo noi: lo sostengono anche i diretti interessati. Se il sindaco e la giunta di Venezia si oppongono al Mose una ragione oggettiva ci sarà pure. È assurdo che si progetti un´opera con un impatto economico e ambientale così devastante e nello stesso tempo si pensi di riprendere le estrazioni petrolifere in Adriatico che aggraverebbero la subsidenza, cioè la discesa del terreno su cui poggia Venezia”.