LOCANDA CORINTO

Il discorso di Gwynplaine-Lord Clancharlie alla camera dei Lord 3/4


 Essere comico fuori e tragico dentro: non c’è sofferenza più umiliante, né collera più profonda. Gwynplaine aveva quella sventura. Le sue parole volevano agire in un senso, il suo viso agiva in un altro: condizione terribile. La sua voce di colpo si ruppe in scoppi striduli.“È allegra questa turba di uomini! Bene. L’ironia contrapposta all’agonia. Le risate che oltraggiano il rantolo. Sono onnipotenti! Sia pure. Si vedrà. Ah! Io sono uno di loro. Ma sono anche uno dei vostri, o poveri! Un re mi ha venduto, un povero mi ha raccolto. Chi mi ha mutilato? Un principe. Chi mi ha guarito e nutrito? Un morto di fame. Sono lord Clancharlie, ma rimango Gwynplaine. Sono uno dei grandi ma appartengo ai piccoli. Sono tra quelli che se la godono e sono con quelli che soffrono. Ah! Questa società è falsa. Un giorno verrà la società vera. Allora non ci saranno più signori, ci saranno creature libere. Non ci saranno più padroni, ci saranno padri. Questo è l’avvenire. Niente più genuflessioni, niente più bassezza, niente più ignoranza, niente più uomini come bestie da soma, niente più cortigiani, niente più servi, niente più re, solo luce! Nel frattempo, eccomi. Ho un diritto, ne faccio uso. È un diritto? No, se lo uso per me. Sì, se lo uso per tutti. Parlerò ai lord da lord. O fratelli miei che state in basso, dirò loro la vostra miseria. Mi alzerò stringendo nel pugno gli stracci del popolo e scuoterò sui padroni l’indigenza degli schiavi e loro, i favoriti e gli arroganti, non potranno più sbarazzarsi del ricordo degli sventurati, e liberarsi, loro che sono principi, delle brucianti piaghe dei poveri e tanto peggio se sono putrescenti e piene di parassiti e tanto meglio se piovo su dei leoni!”A questo punto Gwynplaine si girò verso i sottoscrivani inginocchiati che scrivevano appoggiati al quarto sacco di lana.“Chi è quella gente in ginocchio? Cosa fate lì? Alzatevi, siete uomini.”Quell’improvvisa apostrofe a subalterni di cui un lord non deve neppure accorgersi, portò l’allegria alle stelle. S’era gridato bravo, si gridò urrà! […]Pareva di essere alla Green-Box. Solo che alla Green-Box il riso festeggiava Gwynplaine, qui lo distruggeva. Uccidere è lo sforzo del ridicolo. Le risate degli uomini a volte fanno tutto il possibile per assassinare. Quel riso s’era trasformato in un’aggressione. Piovevano sarcasmi. La stupidità delle assemblee consiste nel fare dello spirito. La risata ingegnosa e imbecille evita i fatti invece di studiarli e respinge i problemi anziché risolverli. Un incidente è un punto di domanda. Riderne significa ridere dell’enigma. La sfinge, che non ride, sta appena dietro. […]Gwynplaine, come si ricorderà, aveva sognato ben altra accoglienza.Chi si è inerpicato su una parete a picco di sabbia friabile, a strapiombo su un precipizio vertiginoso, chi ha sentito sotto le mani, sotto le unghie, sotto i gomiti, sotto le ginocchia, sotto i piedi, sfuggire e franare il punto d’appoggio e, indietreggiando invece di avanzare su quella scarpata impraticabile, in preda all’angoscia di scivolare, sprofondando anziché salire, scendendo anziché guadagnare quota, con la certezza del naufragio che aumenta insieme allo sforzo per raggiungere la cima, e perdendosi sempre più a ogni movimento che fa per togliersi dal pericolo, ha sentito la prossimità formidabile dell’abisso e ha provato nelle ossa il cupo gelo della caduta, la gola spalancata sotto di sé, quell’uomo ha provato ciò che provava Gwynplaine.Sentiva la sua ascensione crollare sotto di lui e il suo uditorio era un precipizio.C’è sempre qualcuno che pronuncia una parola che riassume tutto. Lord Scardsale tradusse in un grido l’impressione dell’assemblea: "Che ci fa qui questo mostro?” [continua]
Ann Harper  "The strength of strings"