Creato da: Library.Cafe il 20/01/2011
Qui si serve cibo per l'anima. Perché anche lei può aver fame

L'INCIPIT

 

Ursus e Homo erano legati da una stretta amicizia. Ursus era un uomo, Homo era un lupo. Le loro indoli si erano trovate d'accordo. Era stato l'uomo a battezzare il lupo. Probabilmente egli si era scelto da se stesso anche il proprio nome, e avendo trovato Ursus adatto a se stesso, aveva trovato Homo adatto alla bestia. Questi due associati, l'uomo e il lupo, trovavano il guadagno nelle fiere, nelle feste parrocchiali, e in tutti gli angoli delle strade dove i passanti si aggruppavano, per il bisogno che la gente prova dappertutto di ascoltare delle fandonie e di bearsi della vista del ciarlatano.
Il lupo, docile e sottomesso, riusciva simpatico alla folla. Assistere ad uno spettacolo di addomesticamento è sempre una cosa piacevole, e il vederne sfilare dinanzi tutte le varietà è la nostra suprema gioia. Per questo vi è sempre tanta gente sul passaggio dei cortei reali.

Victor Hugo
L'uomo che ride

 

ALTRE LOCANDE NELLA RETE

Il peso dell'anima 
il blog di viparius

 

DA VEDERE

"Mar adentro" (Mare dentro)
regia di Alejandro Amenábar, Spagna 2004
con Javier Bardem, Belén Rueda, Mabel Riveira

Tratto dal libro "Lettere dall'inferno"
di Ramόn Sampedro

 

DA ASCOLTARE

La ballata dell'amore cieco
(o della vanità)
testo e musica di Fabrizio De Andrè
1966

 

AVVENTORI DELLA LOCANDA

Ann Harper (Sally Shanks)

Victor-Marie Hugo

 

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Gwynplaine-Lord Clancharlie alla camera dei Lord 1/4

Post n°2 pubblicato il 31 Gennaio 2011 da Library.Cafe
 

“Chi siete, da dove venite?”

“Dal baratro”
E incrociando le braccia, guardò i lord.
“Chi sono? Sono la miseria. Milord devo parlarvi.”

Ci fu un brivido e si fece silenzio. Gwynplaine continuò.
“Milord, voi siete in alto. Sta bene. Non si può fare a meno di credere che Dio abbia le sue ragioni per volerlo. Voi avete il potere, l’opulenza, la gioia, il Sole immobile al vostro zenit, l’autorità illimitata, il godimento esclusivo, l’immenso oblio degli altri. E sia. Ma sotto di voi c’è qualcosa. E anche sopra, forse. Milord, vengo a portarvi una notizia. Il genere umano esiste.”

Le assemblee sono come bambini; gli incidenti sono le loro scatole a sorpresa, che li impauriscono e li attraggono. A volte sembra che scatti una molla e dal buco si vede schizzar fuori un diavolo. […]
Gwynplaine in quel momento si sentiva stranamente grande. Un gruppo di uomini a cui parlare è una specie di treppiede. Si è in piedi su una cima di anime, per così dire. Si ha sotto i talloni un palpito di viscere umane. […]

Da ogni parte intorno a Gwynplaine si levò un grido: “Ascoltate, ascoltate!”

Lui, intanto, teso e sovrumano, riusciva a mantenere sul viso la contrazione severa e lugubre, sotto la quale il suo ghigno s’impennava, come un cavallo selvaggio pronto alla fuga. Riprese:

“Io sono colui che viene dalle profondità. Milord, voi siete i grandi e i ricchi. È pericoloso. Approfittate della notte, ma state in guardia, c’è una grande potenza, l’aurora. L’alba non può essere vinta. Arriverà. Sta già arrivando. E ha in sé un irresistibile fiotto di luce. E chi impedirà a questa fionda di scagliare il Sole nel cielo? Il Sole è il diritto. Voi, invece, siete il privilegio. Abbiate paura. Il vero padrone di casa sta per bussare alla porta. Chi è il padrone del privilegio? Il caso. E chi è il suo figlio? L’abuso. Né il caso né l’abuso sono solidi. Hanno entrambi un pessimo domani. Io vengo ad avvertirvi. Vengo a denunciarvi la vostra stessa felicità. È fatta dell’infelicità altrui. Voi avete tutto, ma il vostro tutto è fatto del nulla degli altri. Milord, io sono l’avvocato senza speranza, difendo una causa persa. Questa causa la vincerà Dio. Io non sono niente, sono solo una voce. Il genere umano è una bocca e io sono il suo grido. Voi mi ascolterete. Vengo ad aprire davanti a voi, pari d’Inghilterra, le grandi assise del popolo, questo sovrano che è vittima, questo condannato che è giudice. Mi piego sotto il peso di ciò che ho da dire. Da dove iniziare? Non so. Ho raccolto nella vasta diffusione delle sofferenze, la mia sconfinata arringa sparsa. Che farne? Mi opprime e io la riverso alla rinfusa qui davanti. Avevo previsto tutto questo? No. Voi siete stupiti, anch’io. Ieri ero un guitto, oggi sono un lord. Giochi profondi. DI chi? Dell’ignoto.

Tutti dobbiamo tremare. Milord tutto l’azzurro è dalla vostra parte. Di quest’immenso universo voi vedete solo la festa: sappiate che c’è anche l’ombra. Per voi io sono lord Fermain Clancharlie, ma il mio vero nome è un nome da povero, Gwynplaine. Io sono un miserabile tagliato nella stoffa dei grandi da un re, il cui capriccio volle così. Ecco la mia storia. Molti di voi hanno conosciuto mio padre, io non l’ho conosciuto. Egli è prossimo a voi per il suo lato feudale, mentre io gli sono vicino per il suo lato proscritto. Ciò che Dio ha fatto è un bene. Sono stato gettato nel baratro. A che scopo? Perché ne vedessi il fondo. Sono un sommozzatore che riporta a galla una perla, la verità. Parlo perché so. E voi mi ascolterete, milord. Io ho provato. Ho visto. La sofferenza, no, non è una parola, signori felici. La povertà? Ci sono cresciuto. L’inverno? Mi ha fatto battere i denti. La fame? L’ho patita. Il disprezzo? L’ho subito. La peste? L’ho avuta. La vergogna? L’ho trangugiata. E la rivomiterò davanti a voi e questo vomito d’ogni miseria vi schizzerà sui piedi e divamperà. Ho esitato prima di lasciarmi condurre in questo posto in cui sono, perché altrove ho altri doveri. E il mio cuore non è qui. Ciò che è accaduto dentro di me non vi riguarda; quando l’uomo che voi chiamate l’usciere della verga nera è venuto a prendermi da parte di colei che chiamate regina, per un momento ho pensato di rifiutare. Ma mi è sembrato che l’oscura mano di Dio mi spingesse in questa direzione e ho obbedito. Ho sentito che era necessario che venissi tra voi. Perché? Per via dei miei stracci di ieri. Era per prendere la parola tra i sazi che Dio mi aveva messo tra gli affamati. Oh! Abbiate pietà! Oh! Questo mondo fatale in cui credete di vivere, voi non lo conoscete; siete così in alto da starne fuori; vi dirò io com’è. Di esperienza ne ho. Arrivo da sotto. Posso dirvi quanto pesate. Voi, i padroni, sapete cosa siete? Ciò che fate, lo vedete? No. Ah! Com’è tutto terribile.

Una notte, una notte di tempesta, piccolo, abbandonato, orfano, solo nell’immenso creato, ho fatto il mio ingresso in quell’oscurità che chiamate società. La prima cosa che ho visto è stata la legge, sotto forma di una forca; la seconda è stata la ricchezza, la vostra ricchezza, sotto forma di una donna morta di freddo e di fame; la terza è stata il futuro, sotto forma di una neonata agonizzante; la quarta è stata il bene, il vero e il giusto, sotto le spoglie di un vagabondo che aveva per unico compagno ed amico un lupo.”
In quel momento Gwynplaine, in preda a una straziante emozione, sentì salirgli in gola i singhiozzi. Il che fece sì, circostanza sinistra, che scoppiasse a ridere. Il contagio fu immediato. Incombeva una nube sull’assemblea; poteva erompere in spavento, invece ruppe in ilarità.

 

[continua]

Ann Harper "Figlie delle ombre"

 
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L'uomo che ride

Post n°1 pubblicato il 27 Gennaio 2011 da Library.Cafe
 

L’uomo che ride, di Victor Hugo
Titolo originale: L’homme qui rit.
Iniziato nel 1866, terminato ufficialmente il 28 agosto 1868. L’uomo che ride è il penultimo romanzo di Victor Hugo, l’ultima opera scritta durante il suo esilio nelle isole anglo-normanne. Il periodo dell’esilio risulta essere travagliato per l’autore, da qui un romanzo percorso da un brivido d’inquietudine e mistero. Definita la sua opera più “notturna, onirica, gotica e visionaria”. Sebbene nessun riassunto possa rendere merito a questo capolavoro, ecco per sommi capi la trama.

 

§   §   §

 

La notte del 29 gennaio 1690 una banda di fuorilegge, i comprachicos, abbandona, salpando in tutta fretta, un bambino di dieci anni sulla costa inglese. Malgrado condizioni atmosferiche proibitive la nave fa ugualmente rotta verso il mare, ma affonda poco dopo. Gli uomini a bordo, consapevoli della loro sorte, decidono prima di morire di affidare ad un messaggio contenuto in una bottiglia il segreto di cui sono portatori. Intanto il bambino, disperato, affamato e a piedi nudi, vaga nella tempesta cercando di raggiungere un riparo e qualcuno che possa soccorrerlo. Durante la sua disperata marcia si imbatte prima in una forca, dove trova il cadavere di un impiccato e, più in là, scopre sotto la neve una donna morta di freddo, che tiene in grembo una neonata ancora viva. Raccolta la bimba, attraversa prima un villaggio, dove nessuno risponde alle sua richieste di aiuto, ed infine giunge al corrozzone di Ursus. Questi, che accoglie e nutre i due piccoli, è un vagabondo un po' filosofo, un po' poeta e un po' medico che vive con il suo unico compagno, il lupo addomesticato Homo, in una piccola baracca su ruote, con la quale gira la Gran Bretagna. È proprio dalle parole di Ursus che il lettore viene a conoscenza della deformità del bambino e della cecità della neonata.

Ursus, infatti, scopre con indignazione che Gwynplaine è stato mutilato: una spaventosa chirurgia facciale – operata dai compracihos - gli ha impresso sul volto una smorfia perenne che fa di lui un “uomo che ride” e, soprattutto, fa ridere. Questa mostruosità artificiale, frutto della cattiveria umana, ispira a Ursus uno spettacolo comico, che fa accorrere tutta Londra e consente ai tre vagabondi di vivere onestamente. Passano gli anni, il bambino è ora diventato un uomo di quasi 25 anni il cui nome è Gwynplaine, la trovatella cieca, chiamata Dea, ha ora 16 anni. Dea e Gwynplaine si amano nel modo più casto del mondo, Ursus finge di essere burbero e duro coi due giovani, ma in realtà li ama come se fossero suoi figli e si compiace dell’amore che provano l’uno per l’altra. Tutto andrebbe per il meglio nella vita dei tre, se un giorno non giungesse a vedere lo spettacolo la viziosa duchessa Josiane, sorellastra illegittima della regina Anna. Josiane s’innamora del mostruoso uomo che ride e glielo fa sapere. Gwinplaine si trova diviso tra l’amore puro di Dea e l’attrazione per la duchessa Josiane. Non sa spiegarsi perché mai una donna della nobiltà, si stia interessando a lui, un guitto sfigurato. La cosa lo spaventa ma al contempo lo inorgoglisce.

Un incidente ancora più grave, sopraggiunge a complicare le cose. Gwynplaine viene prelevato dal wapentake – importante funzionario di giustizia – e tradotto alle carceri della città. L’avvenimento getta nello sconforto più totale Ursus e Dea e nel terrore più profondo il povero Gwynplaine, che non sa darsi spiegazione di questo arresto immotivato. In realtà non si tratta di arresto. Gwynplaine viene portato al cospetto di Hardquanonne, un condannato in punto di morte, il quale riconosce il lui il bambino che ha sfigurato e il cui destino è stato consegnato alla pergamena racchiusa nella bottiglia portata a riva dal mare. Abbandonato nelle mani dei comprachicos è stato mutilato per ordine del re affinché non si potesse risalire alla sua identità. In realtà Gwynplaine è figlio ed erede di un pari d’Inghilterra: lord Linnaeus Clancharlie. Questi, rimasto fedele al giuramento fatto alla repubblica instaurata da Oliver Cromwell, si era volontariamente esiliato in Svizzera e qui era morto nel 1632. Subito dopo, l’allora re Giacomo II ne aveva fatto rapire l’unico figlio (Gwynplaine, il cui vero nome è Fermain) e lo aveva venduto ad una banda di comprachicos affinché lo rendessero irriconoscibile.
Il perfido Barkilphedro (subdolo doppiogiochista tra la duchessa Josiane e la regina Anna), che ha portato avanti tutto l’iter del riconoscimento, decreta: ora che la verità è venuta fuori, nome, paria e beni verranno restituiti al legittimo erede di lord Linnaeus Clancharlie, a condizione che Gwynplaine abbandoni la sua vita passata, compresi Dea e Ursus. La regina Anna, che detesta Josiane, fa di lei la promessa sposa del nuovo lord. Josiane, che lo desidera come amante finché era un saltimbanco, non vuole più saperne come marito e gli rifiuta i suoi favori.

Gwynplaine viene condotto alla Camera dei Lord per l'investitura ufficiale, ma, dopo aver preso la parola e aver attaccato l'aristocrazia per la sua indifferenza nei confronti del popolo sofferente, viene deriso e insultato da tutta l'assemblea. In preda ad una cupa disperazione e sentendosi completamente estraneo al mondo della nobiltà decide così di tornare da Ursus e da Dea senza sapere che i due sono stati colpiti da un ordine d’espulsione. Non trovandoli dove li aveva lasciati Gwynplaine vaga per le vie di Londra fino a quando, incontra casualmente il lupo Homo, che lo guida fino alla nave dove sono imbarcati Ursus e Dea. Qui può riabbracciare i suoi cari ma Dea, che è malata di cuore, spira poco dopo. Gwynplaine decide di ricongiungersi subito all'amata e di non separarsene più, annegando nella acque della Manica.

 

§   §   §

 

La chiave di tutto il romanzo è racchiusa proprio nelle pagine del discorso di Gwynplaine-Lord Clancharlie alla camera dei lord. Qui lui racconta chi è, da dove viene, la sua storia, le sue speranze. E anche la sua ira. L’anima del guitto dal cuore puro sta tutta racchiusa nelle sue parole.

 

§ § §

 

Le immagini sono tratte dal film del 1929 "L'uomo che ride" diretto da Paul Leni e tratto dal romanzo di Hugo. Gwynplaine era impersonato dall'attore tedesco Conrad Veidt (nella foto), stella del film muto.

 
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