Parleremo, adesso, di riapertura delle case chiuse. Questo potrebbe risultare tema assai più delicato di quello delle droghe leggere, visto che, se in molti si fanno le canne, non altrettanti vanno a... Va be', non vorrei risultare offensivo, il che, d'altro canto, sarebbe controproducente dato che offenderei proprio chi sto tentando, invece, di difendere. Si parla di prostituzione, ma non di prostitute, bensì di donne, perchè quello che vorrei è sottolineare il lato umano di queste persone, indipendentemente dal giudizio morale che il loro mestiere potrebbe, in alcuni individui, suscitare. E si parla, anche qui, di legalizzazione. E' un tema complesso, articolato, e che tocca almeno altri due argomenti, che sono quello della dignità della donna, come tale e come lavoratrice, e quello della diffusione delle malattie veneree. Sappiamo, infatti, che alcuni tipi di malattie sono sessualmente trasmissibili, e che il contagio avviene maggiormente nell'ambito di rapporti occasionali, visto che, di solito, non si parte premuniti per le cose che non si prevedono. E fra i rapporti occasionali mi viene spontaneo comprendere anche le prestazioni sessuali da parte di prostitute. Non perchè alle prostitute non piacciano le protezioni, ma perchè, in genere, al maschietto non "eccita" troppo l'idea di indossare un calzino di gomma, soprattutto se della donna con cui lo fai non te ne può fregar di meno. Ora, senza eccedere con forme arcaiche o convenevoli, vado subito al dunque della situazione: la riapertura delle case chiuse implica delle conseguenze negli ambiti di cui sopra. Immaginiamo una casa chiusa, LEGALE, cioé sottoposta a controlli statali, quali la licenza d'esercizio ed i vari nullaosta dell'ufficio sanitario. Tanto per cominciare, dal punto di vista dell'igiene, sarebbe estremamente più semplice controllare la salute delle lavoratrici e dei clienti, nonché imporre che, durante l'atto, si ricorra alle opportune protezioni: questo vuol dire riduzione drastica (e positiva) della diffusione di malattie sessualmente trasmissibili causata dalla prostituzione illegale. La riapertura significherebbe, inoltre, una maggiore tutela delle donne intese come lavoratrici, innanzitutto per quel che riguarda la più importante tra le facoltà della stessa: quella di lavorare o no, di "prostituirsi" o no. Immaginiamo ancora un paese in cui la prostituzione sia un mestiere come un altro, come quello dell'impiegato, del tassista, del politico. Non ho mai visto o sentito di nessuno che fosse costretto da qualcun altro a lavorare come impiegato, o come fruttivendolo, o come insegnante. Un mestiere come un altro vuol dire proprio UN MESTIERE COME UN ALTRO, vuol dire, innanzitutto, facoltà di scegliere quel dato lavoro oppure no, e vuol dire, ovviamente, data la possibilità, in casi limite come questi, dell'obiezione di coscienza, la facoltà di rifiutare la proposizione di questo mestiere, mantenendo comunque diritto ad eventuali assegni di sussidio del disoccupato (se così non fosse, la propria stessa condizione di vita, per alcuni, potrebbe diventare il magnaccia della situazione). Un mestiere come un altro vuol dire anche stessi diritti, diritto alla pensione, diritto allo sciopero, diritto al sindacato (sì, un sindacato delle prostitute, perchè no?), ecc. Un mestiere come un altro vuol dire, potenzialmente (a causa dell'obiezione di coscienza) più posti di lavoro, quindi più contributi, quindi più fondi statali. Allora, ricapitolando: più dignità, più tutela della salute, più diritti, più lavoro, più soldi... più tutto quel che coi soldi uno Stato può permettersi di fare. Sarà che sono un sognatore... |
Quest'oggi la ruota della fortuna si ferma sulle legalizzazioni, argomento pluridatato, ma che ad intervalli regolari fa capolino sulle bocche dei politici, onde dar loro modo di dar fiato a quelle inutili cavità per qualche minuto d'audience in più. Dev'esserci, sperduto (o nascosto) negli infiniti meandri della dimensione parallela della burocrazia, un protocollo, una qualche invisibile molla che spieghi il perchè di tanto affanno intorno alle solite ciance, alle sempiterne argomentazioni, dai nessi retorici sempre più sbullonati, e che, misteriosamente, impedisce di giungere alla beneamata sintesi (hegelianamente parlando). Ultimamente, l'argomentazione di maggior successo, quella che, se nessuno ci mette una pezza in tempo, prima o poi farà guadagnare a qualcuno il premio Nobel per l'intelligenza, ebbene, quest'argomentazione, sublime strumento retorico, è la vergogna. La vergogna, sì, come quando tu pisci o caghi davanti ad un mare di gente, ed allora arrossisci. E' una vergogna, per quelli di sinistra, essere gli ultimi che legalizzerano le droghe leggere, è una vergogna, per quelli di destra, permettere ai nostri poveri ragazzi innocenti di farsi due cannette. Il dialogo vero non esiste più, i dibattiti si sono ridotti a delle sit-com articolatissime nelle quali manca solo lo scivolone sulla buccia di banana con tanto di risata campionata sotto al filmato. La dialettica, la logica, il buonsenso sono MORTI. Tutti morti. L'unico che -forse, e dico forse- ha detto qualcosa di buono nella sua vita è Pannella. Lui, lo strafatto dei seggi, che una decina d'anni fa aveva tenuto una fitta campagna antiproibizionista, l'unica che avesse tentato concretamente di riesumare l'intelligenza. E' così semplice. Quello della droga è un mercato che, volente o nolente, esiste: è un dato di fatto ("fatto" nel senso di "evento"), una cosa che non puoi negare. Ci sono persone che, indipendentemente dal fatto (e te ridai) che sia legale o meno, VOGLIONO drogarsi, alcuni con droghe leggere, altri con droghe pesanti, mortali. Ora, se c'è una certa domanda di droga, colui il quale vuole farne uso si rivolgerà a chi garantisce l'offerta del prodotto in questione. Legge di mercato, pura e semplice. E attualmente, l'azienda che assicura l'offerta maggiore è una, e si chiama Mafia. Quindi, è abbastanza intuitivo che il proibizionismo di un prodotto di cui c'è richiesta finanzia, seppur indirettamente, la criminalità organizzata. Con questo voglio forse dire di legalizzare tutto? No. Quello che voglio dire è che sarebbe opportuno legalizzare le droghe leggere, e uno qui potrebbe obiettare, giustamente, che le droghe leggere, anche se leggere, fanno male in quanto droghe. Ed io ribatto, parlando un po', sulla base delle mie (poche, ma sufficienti) conoscenze tossicologiche, della famosa marijuana. La marijuana dà dipendenza psicologica, ma non fisica. "Dipendenza psicologica" vuol dire che il suo consumo ci piace, che ne vogliamo ancora: il tabacco dà dipendenza psicologica, la Nutella dà dipendenza psicologica, il sesso dà dipendenza psicologica. "Dipendenza fisica" vuol dire che il mancato consumo ci fa star male fisicamente: l'eroina dà dipendenza fisica, la cocaina anche, il TABACCO dà dipendenza fisica. Uno potrebbe ancora controbattere dicendo che la marijuana, a differenza del tabacco, è una sostanza psicoalterante. Bene, è certo e verissimo, ma anche l'alcool (legalissimo) lo è. Allora perchè il tabacco e l'alcool sì, mentre la marijuana no? Chi vuole si faccia una ricerca sulla Ford T, oppure si guardi il film L'erba proibita. Non che sia il massimo, ma dà un'idea. Oppure, se vuole garantirsi un minimo di imparzialità, consulti un qualsiasi manuale di Tossicologia Forense. E' così semplice: legalizziamo le droghe leggere, ne permettiamo il consumo solo in privato o in luoghi pubblici appositamente predisposti, come si fa in Olanda, da dove non puoi uscire finché non sei "sobrio". Su quelle pesanti, come la cocaina, l'ectasy, l'eroina, poniamo dei divieti ancora più severi, finanziamo la lotta allo spaccio coi proventi della legalizzazione di quelle leggere (monopolizzate dallo Stato, così come si fa già col tabacco), e nel frattempo apriamo il culo alla criminalità organizzata, perchè la priviamo del primissimo strumento di sostentamento, che è proprio lo spaccio. E in più, rendiamo più difficile quel famoso "salto" dalle leggere alle pesanti, causato proprio dallo spaccio "adiacente" (va da sé che se io vado da uno spacciatore per farmi una canna, che mi costa 4-5 euro, lo spacciatore tenterà di invogliarmi a farmi in vena, perchè mi costa almeno dieci volte tanto, con suo proporzionale guadagno). Oppure, sempre per le droghe pesanti, applichiamo la politica di riduzione del danno, quella che usano in Svizzera. Lì, nei bagni pubblici e non solo, l'illuminazione è blu. Perchè?! Provateci un po' voi a trovarvi una cazzo di vena con la luce blu... Continua... |
Orbene, non volendo far sì che questo blog diventi serio oltre la soglia di normale tollerabilità, ed essendo io troppo serio, ben oltre tale soglia, mi costringo alla proposizione di alcune barzellette pescate a caso dalla rete. Sono le tre di notte. La corazzata della VI flotta degli Stati Uniti è di ritorno da una guerra. *** Un giorno un terrorista entrò in una scuola e disse ai ragazzi: "Se qualcuno di voi si muove, io sparerò ai vostri professori." *** Gino chiede a Pino: - Ti sei per caso mangiato le unghie? *** Due studenti: - Il mio compagno di banco è un capellone! *** |
Voglio parlare un po' di me. Il che vuol dire, per chi abbia una pallida idea di cosa sia la rete di Indra, che parlerò di tutto il resto. E' induistico, quindi niente narcisismo né noluntas, ma solo un flow of consciousness più o meno accentuato. Parliamo di etichette. Quelle sociali, politiche, religiose, ecc. Io sono stato etichettato dalle persone più impensabili nei modi più svariati, ed è pertanto normale, visti i miei trascorsi, che io sia diventato refrattario a questo genere di classificazioni. Non molto tempo fa, nell'arco di 24 ore, la giuria degli infallibili mi ha dichiarato prima assiduo frequentatore dell'Azione Cattolica col pallino del proselitismo selvaggio, poi satanista sulla via di una ipotetica Damasco anticristiana. Il che non avrebbe potuto non suonarmi alquanto buffo, non essendo io né l'uno né l'altro. Il fatto è che a me piace da impazzire il gioco di impersonare l'ago della bilancia, l'appacificatore sincretico, il Lepido. Iniziai ad interessarmi di politica in generale qualcosa tipo 6-7 anni fa, in concomitanza con l'avvento di quello che sarebbe stato il governo più longevo della Storia repubblicana d'Italia, vale a dire il governo Berlusconi. La soluzione più logica, quando sale al potere un governo di destra, è spostarsi a sinistra, e viceversa. Tant'è vero che oggi ci riscopriamo tutti liberali, anticomunisti, ecc. L'attivismo cominciò seguendo a ruota l'interesse. Sorgevano al tempo, così come ora, dal ribollente brodo della politica, numerosi gruppetti d'ispirazione prettamente comunista, antiberlusconiana, manifestante, militante, ecc. Avrò avuto 14-15 anni. Io stavo lì, mi veniva detto "la riforma Moratti fa schifo" ed io, senza averla mai letta, ripetevo "la riforma Moratti fa schifo". Poi mi veniva detto "Berlusconi pezzo di merda" ed io giù, a ripetere anche quello. E ci sentivamo liberi, liberi di pensarla come ci dicevano di pensare. Poi c'è stato il periodo del rifiuto, la svolta filofascista. Anche quella è durata abbastanza poco, meno della precedente, perchè anche lì mi sono accorto che non c'era nemmeno uno che pensasse col proprio cervello, ma che era sorta, nei giovani, una sorta di rete LAN nella quale tutti registravano qualche insulto, qualche canzonetta per denigrare quelli seduti dall'altra parte del Parlamento. E qui l'idea ritorna in sé, e si riaggancia al discorso sulle etichette. Io non disprezzo le etichette a priori, solo però mi fa incazzare che, il più delle volte, attraverso una logica che non è differente da quella del marketing, siano loro a scegliersi dei proseliti, e non siano invece le persone che, dopo aver sviluppato una propria opinione, si adagino sulle etichette che più le rappresentino. Nell'ambito sociale, le etichette (negro, ebreo, cinese, punkabbestia, ecc.), non quelle scelte per libertà di pensiero, ma quelle imposte dall'alto, servono a non pensare, lasciandoci il diritto di giudicare come conosciuto ciò che non abbiamo mai sperimentato. E' una tara mentale assurda, una falla abnorme nel pensiero razionale, che, chi più chi meno, dovrebbe (non come legge, ma come dato di fatto) accomunare tutti. E invece... Nella politica, c'è ancora un gran parlare di destra e sinistra, anzi, si straparla. Destra e sinistra prendono il nome dal posto a sedere occupato in Parlamento, ma diventano, poi, strumenti di omologazione, un po' come se tutti quelli di destra la pensassero allo stesso modo, e uguale quelli di sinistra. E quando uno comincia a crederci, un altro se ne approfitta, dicendo che la destra è fascista e razzista, oppure che la sinistra appoggia i regimi di comunisti mangiabambini, appoggia i criminali. E la destra rilancia opprimendo il povero a favore del ricco, e la sinistra se la prende con chi non l'ha votato, cioé con gli imprenditori, ecc. Punto. Occorrerebbe fare numerosi post scriptum, ma considerando l'entità delle mie capacità espressive attuali, rimando a data da destinarsi. Così finirò il discorso, chiarirò meglio il tutto, lo presenterò in una forma quanto meno accettabile e, volesse il cielo, sfaterò eventuali autogol dialettici. Alla prossima. |
Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza.
[Dante Alighieri]
Inviato da: il.commentatore
il 30/06/2007 alle 15:20
Inviato da: mistery.37
il 06/05/2007 alle 21:01
Inviato da: sssamaele
il 12/03/2007 alle 00:46
Inviato da: sssamaele
il 12/03/2007 alle 00:44
Inviato da: Narciso_2007
il 23/01/2007 alle 21:46