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Canto XXXV - Inferno

Donne affette da Endometriosi

 
 
 
 
 
 

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Storia di SARA

Post n°155 pubblicato il 16 Aprile 2008 da librodade

Ciao, mi chiamo Sara, ho quasi 34 anni e soffro di endometriosi ovarica e intestinale IV stadio. Che dire? E' difficile parlare di questa malattia, si dovrebbero approfondire aspetti psicologici, sociologici ed etici.
   Intanto, racconto la mia storia. Da sempre ho avuto forti dolori mestruali con abbondanti perdite di sangue, mi sono sempre sentita dire "E' normale" così non ho mai ritenuto potesse essere un "mio" (inteso come specifico) problema. All'età di 22 anni mi sono sentita dire che probabilmente avevo l'endometriosi, dopo una (spero) accurata ecografia l'ipotesi è stata scartata. Avevo però le ovaie policistiche, così la ginecologa mi prescrisse Diane che ho assunto per 7 anni. Mi disse anche che forse avrei avuto difficoltà o sarei stata addirittura impossibilitata ad avere figli. All'epoca, disocuppata, senza reali prospettive future, gravi problemi familiari,  non potevo permettermi di pensare concretamente alla gravidanza.
   Comunque, dopo 7 anni smisi di assumere Diane e presi una pillola con un dosaggio più leggero di cui non ricordo il nome. Questa seconda pillola la assunsi per un anno circa, poi smisi pensando di utilizzare rimedi naturali contro il mio dolore mestruale. Le mestruazioni continuarono ad essere una tragedia, sembrava andassero sempre peggio. Non era facile imputare la causa del mio malessere alla malattia perchè in quel periodo sola con il mio compagno affrontai l'emigrazione, da una regione all'altra (molto distanti) senza appoggi. I primi due anni lavorai con contratti a tempo determinato con ritmi frenetici, col mio compagno vi erano tensioni legate alla nuova situazione e pensai i miei gonfiori, stitichezza, dolori fossero legati allo stress. Nel novembre 2005 ebbi dei dolori lancinanti, mi sveglia una notte credendo di avere un'infiammazione all'appendice. Quella stessa notte arrivarono le mestruazioni, pensai allora potesse esserci un'infiammazione ovarica. Terminata la mestruazione, diversi giorni dopo i dolori acuti si ripresentarono, andai dal mio medico di fiducia che mi disse subito si trattava di problemi ginecologici. Mi raccomandò controlli specialistici e venne appurata l'endometriosi. Mi trovarono una cisti di 7 cm sull'ovaio destro, una di 4 su quello sinistro ed una di 7 sopra l'intestino con estensione fino alla cervice. A fine luglio 2006 intervento chirurgico in laparoscopia di 2 ore, la cisti sull'intestino non venne toccata (su mia esplicita richiesta) e vennero rimosse le altre. Mi fu asportata metà ovaia destra. Per 6 mesi fui curata con enantone che mi indusse una menopausa un pò fastidiosa ma senza grossi problemi. Uscita dalla menopausa l'arrivo delle mestruazioni fu traumatico, la prima andò bene ma le altre durarono 10 giorni e si presentarono a distanza di 15 giorni l'una dall'altra (le 3 successive). Ripresi la pillola, Yasmine che durante le mestruazioni non mi dà sollievo di alcun tipo, in quei giorni sono costretta a stare stesa sul letto, con rischio di svenimento dal dolore.
   Ora convivo con questa situazione, ho nuovamente una cisti di 5 cm sull'ovaia sinistra e probabilmente diverse aderenze.
La mia situazione è cambiata, fortunatamente ho un lavoro a tempo indeterminato, per cui sono meno ricattabile e posso salvaguardare la mia salute. Purtroppo a causa della patologia non sono idonea a svolgere la mansione per la quale sono stata assunta, l'azienda mi ha spostato di reparto però tende ad ostacolarmi di fronte ad alcune situazioni. Ho la solidarietà dei colleghi (di entrambi i reparti) e dei miei responsabili anche perchè mi sono sempre dimostrata affidabile e seria. Non nego però di trovarmi in imbarazzo quando sono costretta ad assentarmi perchè penso di non essere creduta. 
   Cara Veronica ho acquistato e letto con piacere il tuo libro, ho riflettuto su alcune cose tenendo conto del tuo punto di vista. Sai, è difficile non scontrarsi con l'ostracismo, l'ignoranza e spesso la diffidenza della gente. Nonostante i sintomi di cui io, te e le pazienti affette da endometriosi abbiamo, ricadano nella sfera privata non voglio vergognarmi e quando mi sento chiedere che problemi abbia, a meno che non si tratti di stupida curiosità sterile (lo si capisce spesso!) preferisco parlare ma non lamentarmi del problema. Tante persone non riflettono sulle implicazioni sociali ed etiche di alcune situazioni e vorrei destare una curiosità costruttiva, spingere chi non conosce ad approfondire. Questo ovviamente non è un discorso egoistico, mi riferisco ad un modo di affrontare la vita che dovrebbe andare oltre la semplice conoscenza di questa patologia. Forse è una deformazione, mi sto laureando in scienze della formazione e da sempre ho un profondo interesse per pedagogia, filosofia, psicologia e psichiatria.
   Un'altra cosa mi ha fatto riflettere, ed è stata la tua affermazione sul fatto che "tu" avresti dovuto deludere il tuo compagno qualora non fossi riuscita a restare incinta con la fecondazione assistita. Non voglio pensare questo.  Sicuramente non avere figli se invece lo si desidera è una grossa delusione ma non credo sia giusto colpevolizzarsi. E' un atteggiamento genitoriale nei confronti dei nostri compagni, devono decidere loro se stare con noi. Io con il mio sono stata molto chiara, gli ho detto che naturalmente non posso concepire e che se pensa di dover rinunciare a tanto è giusto che cerchi una compagna che non abbia questo problema. Non voglio utilizzare il termine "limite" perchè significherebbe stabilire a priori quale sia il nostro compito sul piano biologico e sociale. Non sono nemmeno religiosa quindi non riesco a pensare ad una punizione divina.
   E' molto più probabile dal mio punto di vista che le cause siano legate all'inquinamento e ad altri fattori intrinseci alla cosiddetta "civiltà" o "industrializzazione" (i due concetti non sono identici ma spesso sono utilizzati come sinonimi). Non a tutte capita è vero. Ma questo non mi fa sentire in difetto. Avrei voluto dei figli ma sono anche cresciuta con un'aspettativa precisa, dai 22 anni ho pensato che avrei dovuto crearmi aspettative differenti dal momento che non era chiaro se potessi averne o meno (è molto difficile mi fu detto). Non posso pensare che una scopata non vada a buon fine se non ci si ritrova in 3. Mi rifiuto, sarebbe una visione molto limitata dell'intimità tra due individui. E solleverebbe altre questioni etiche: che dire degli omosessuali? E di chi concepisce e poi uccide i figli? O di chi concepisce solo perchè "si deve fare" e poi vive in perenne insoddisfazione?
   Che altro dire? Non mi piace più il sesso, mi sento diversa e provo spesso dolori durante il rapporto che non vivo serenamente. Per non parlare poi della depressione, sbalzi d'umore e altri fastidi che mi costringono ad occuparmi dela patologia anzichè permettermi lo svago almeno quando non lavoro.
   Spero di non averti annoiato con questo papiro e mi scuso con le lettrici ed i lettori del blog se mi sono dilungata eccessivamente. Sara

Sai Sara ... leggendo ora quel libro a volte non mi ritrovo con quello che ho scritto. A dimostrazione del fatto che la malattia non rimane mai "ferma" neppure nella nostra testa, ma evolve, e se siamo fortunate si riesce a metabolizzarla e a non darle più uno spazio totalizzante nei nostri pensieri.
E' chiaro che ora, dopo un anno e dopo aver chiuso il capitolo maternità, so che non ho deluso mio marito, che mi ama per tutto il resto che sono.
Ma in quei momenti, con l'anima che sanguina, quando senti i tuoi sacrifici sulla pelle, quando tutti si aspettano una buona notizia da te, e ti ricoprono del loro ottimismo ... consenti che a volte si possa pensare di deludere qualcuno nel caso questo lungo percorso si concludesse con un negativo.
Ora sono sicuramente un'altra persona. Di sicuro non provo vergogna a parlare della malattia, sarei una folle dalla doppia personalità!
Ma sento che non posso farlo con tutti. Perchè non tutti hanno voglia di ascoltare le mie parole per un quarto d'ora ... per spiegare una malattia strana e assurda. E che per di più si dimentica (4 interventi, 4 spiegazioni della malattia ad ogni persona!)
Grazie di averci raccontato la tua storia ... maledettamente uguale a tante altre.
Ti abbraccio
Vero


Commenti al Post:
macchiolina1980
macchiolina1980 il 17/04/08 alle 10:42 via WEB
Una cosa che ho notato in molti racconti è il fatto che parlino di depressione, di vergognarsi nel dire che si stà male ecc... intanto ragazze è proprio la malattia che a me ha fatto tirare fuori le palle, a fare + cose possibili e a godermi la vita nei giorni in cui stò bene! Chi se ne frega se quando racconto i miei problemi di salute la gente non sà cosa sia l'endometriosi! Io la dico sempre, ogni giorni, e sempre a voce + alta perchè forse se questa malattia ancora non è bene conosciuta è anche colpa di tutte quelle persone che non la nominano! Più la gridiamo questa parola più entra nella testa della gente! E poi ragazze tiriamo fuori le palle per affrontare tutto quello che la vita ci dà, anche le cose brutte che ci segnano, basta fare le vittime e somatizzare! A volte se ci concentrassimo un pò di meno su noi stesse e girassimo la testa, vedremo gente che ha molti + problemi di noi! Noi voglio giudicare quelle che si piangono addosso, stò spiegando il discorso che mi faccio io x tirare fuori le palle e andare avanti a testa alta!
 
 
Utente non iscritto alla Community di Libero
Anonimo il 17/04/08 alle 15:28 via WEB
Infatti non mi vergogno affatto della malattia, la vergogna credo sia un atteggiamento legato alle aspettative sociali e a cosa pensiamo debba essere o meno accettato. C'è ignoranza e superficialità intorno a chiunque abbia una seria patologia, come la mia o molto peggiore e cerco di aprire una dialogo ponendomi dal punto di vista dell'altro e pensando che probabilmente tante persone sono cresciute nel mito dei nostri nonni secondo il quale una serie di tematiche non vanno affrontate in pubblico ed i problemi devono essere discussi solamente in famiglia. Una patologia è un problema sociale non riguarda solamente chi ne è afflitto, ciò che vorrei è che le persone si sentissero responsabili in prima persona di ciò che gli capita intorno. La mia depressione non è reattiva ma endogena, non sono depressa perchè entro nel ruolo del malato ma perchè a livello biologico succede qualcosa che modifica il mio umore. Non faccio la vittima e tantomeno spero di essere compatita, cerco solamente di analizzare ciò che mi succede per non esserne travolta. La comprensione e la conoscenza della realtà e di ciò che la compone aiutano ad andare avanti nella vita. Sara
 
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