Il Libro del Futuro

LA CITTA' E LA COLLINA


Cap1Lacittà e la collinaVolevoardentemente vivere in questa cittàVolevo,giacche' per come man mano si era andata trasformando,solo un atto di volontàpoteva determinare la permanenzanonche' mia di chiunq               ue altro. Quantomutata da quella di un tempo,dal tempo della mia infanzia ed adolescenza.Iovivevo la città dalla collina prospiciente il mareLacasa sulla collina aveva un muto dialogo con la città sottostante e per questoforse non trovava  ora acquirenti. L'avevomessa in vendita proprio per stroncare il rapporto con la città e andarmenedefinitivamente. Altrovemi aveva spinto il destino come la marea che trascina in alto mare leparanzelle a stento governate o che deposita le bottiglie con i messaggimisteriosi sulla rivaMala casa non trovava acquirentiVenivano,guardavano,promettevanodi tornare e non si facevano puu' vivi.Cosi'da tre anni. Cosi'graziosa,circondata dagli alberi con una singolare aura di solitudine.Nontrovava acquirenti e neppure li cercava.Eroconvinta anzi che si camuffasse,che tirasse fuori le più singolari  e negative vibrazioni per dissuadere ivisitatoriIntantodoveva continuare il suo dialogo con la città dacui ero esclusa per via del tradimento che avevo perpetratoAndarevia,via dalla commozione,via dai disagi,via dalle lotte,dalla violenza,daldegrado,da quella puzza di delinquenza che invadeva i quartieri,tutti,che sispandeva per le vie ,ineluttabile.Via,viaViadove potevo esercitare la scrittura. Edire che proprio li' era maturato lo spirito della scrittura, li'avevo ascoltato racconti,narrazioni da mia madre e poi dal gruppo di ragazziora dissoltoTutto,tuttoscomparso. Cherestavo a fare?Lacasa metteva alla prova tutti i visitatori ed anche quelli che sembravanoresistere finivano col cedere. Dalbasso la sera le luci ammiccanti dello stretto dovevano comunicarle ogni cosa elei rispondeva con il vento.C'erasempre vento sulla collina, furioso,rabbioso che si trasformava dolcemente poiverso il mare.Chesi dicevano la città e la casa sulla collina?Certo la città parlava del suo dolore per leperiferie stravolte da costruzioni incomplete ed abbandonate. Perle buche nelle strade che offendevamo lasua bellezza,deturpavano il suo volto e facevano cadere le vecchietteimprovvide che non si rassegnavano a restare a casa.Levedevo arrancare per le viuzze dei trabocchetti e poi sparire come inghiottite.DicevaNando -peccatola città ha il vizio di esser bellaMaora non si sentiva piu' taleNandoTraclo' era uno dei ragazzi che avevano frequentato la casa e la collina .Sipoteva morire di disperazione e di dolore per la sua bellezza perduta.Primache cio' accadesse anche a me,dovevo andar viaUnpaesaggio da dopoguerra,con i ferri arrugginiti che si levavano come scheletri,i muri  anneriti che formavano unagiungla ed impedivano di vedere il cieloEla casa parlava  dell'abbandono.Lagenerazione cresciuta li' era sparita, dispersa in esilio lontano e non potevaavvertirne il dolore e il disperato grido di aiuto.Provavaa resistere la casa respingendo tutti quelli che venivano a visitarla per lavendita e cosi' la città, ormai stremata pero',provava a resistere.Eracircondata la casa di piante cosi' folte e cosi' tenaci che erano divenuteinestricabili come una foresta.Li'forse si erano addormentati tutti e prima di tutti mia madre,custoditi dallafolta vegetazione in attesa che qualcuno li svegliasse.Avevamesso le radici piu' salde il ficus e il gelsomino eradivenuto impraticabile,ostruiva il passo a chiunque.Quandoera stato piantato, il ficus era un esile arboscello e nessuno avrebbescommesso sulla sua sopravvivenza ed il gelsomino sapientemente trapiantato,diffondeva un profumo quale aura dei beati Elisi. Speciela notte d'estateAlloral'effluvio ti faceva vegliare perche' riportava come la nostalgia di mondilontani.Orala selva era assolutamente impraticabile senza odori e sentii dire ad unvisitatore-Cheluogo orribileCertocostui non aveva sentito parlare di una bella addormentata nel bosco in attesadi essere svegliata protetta appunto da un boscoLabellezza è segreta e deve essere protetta per non essere profanata e la casa inqualche misura esprimeva la città con cui aveva quel rapporto cosi'singolare,circondata da siepi di orrore mentre la sua bellezza era dentro,custodita in attesa che qualcuno la ridestasse.Mail ficus era il piu' guerriero: sisentiva il custode della casa e prese ad affondare le sue radici ramificandolein molteplici nodi tanto che ad un certo punto il suolo intorno alla casa presea sollevarsi.Miamadre aveva brontolato -Finiràcol trasformare questa casa in quella di Loreto,col farla volare in un altroluogo, perche'mia madre era molto pia,frequentava tutte le chiese e pregava incessantementema anche lei non possedeva il mito del Paradiso perduto. Non sapeva cioe' chequando l'uomo,Adamo,peccando perse il Paradiso,Dio pose a guardia un angelo conuna spada fiammeggiante ma con quella spada l'angelo trasformo' il giardino inuna selva tremenda inestricabile e certo chiamo' a comporla il ficusOracostituiva una vera e propria barriera ed addossandosi al muro di cinta avevafinito col far crollare un pezzo.Adargli man forte c'erano una serie di satelliti. Ilmandorlo ad esempio che trasportato dal vento prese a crescere inopinatamente ecopri' l'intera facciataSarebbestato un vero spettacolo alla fioritura dei fiori bianchi se questi cadendo apioggia non ingombrassero il pavimento tutto intorno dando enorme fastidio adun vicino che amava mettersi all'ombra ma non a coprirsi di fiori.Chiedevainsistentemente a mia madre -Quandolo tagliamo?-Mache vi dà fastidio? -Ifiori certo-Mancofossero pietre,obiettava mia madreAnchelui non aveva letto la poesia del poetache vedeva la donna amata immersa in un nembo di fiori. Unapioggia di fiori che cadeva sul grembo e sulla gonnaFinche'un giorno sdrucciolo',certo non il poeta,sulmanto fiorito e si storse una caviglia.Lacasa puniva cosi' i suoi detrattori. Funecessario allora sacrificare il mandorloMail nespolo che sorse al suo posto sempre in modo improvvisoe spontaneo non fu da menoEracosi' grande ora ad ombrello che impediva la vistaNonè amato neppure lui perche' produce una quantità infinita di nespole e tutti vanno con sacchi a coglierle,congrande dispetto dei viciniE' lasorte qui di chi dà fruttiVienesempre malvisto ed è perseguitato, nonostanteoffra cibo a tutti in maniera egualeMasi sa che gli uomini lodino l'uguaglianza ma ognuno pretenda privilegi solo perse'. Lacittà invece è un giardino botanico vero e proprioIlficus  sulla via Marina è quasi un baobab edha sollevato il marciapiede circostante ma nessuno ci fa caso,perchè le stradeora sono cosi' piene di buche e la gente vi ci cade dentro con tale frequenzache nessuno pensa agli alberiSoloquando il vento di scirocco, qui cosi' frequente, soffia con particolarerabbia, allora diventano pericolosi gli alberi che staccano rami ad ostacolareil cammino come se spargessero le loro membra per il dolore.Maqui nessuno conosce il mito di Briareo e la divina indifferenza li tiene di quadal dolore cosmico. Certola città parla alla casa dei suoi alberi e sorge fra loro come una gara dibellezza ed opulenza vegetaleMala città è anche legata ai fiori.Dapprima la zagara,i fiori d'arancio checrescevano a profumare tutto con tale intensità che una collina ha preso ilnome da essiZagaree gelsomini e fatePerche'la città aveva come epiteto quello di città della Fata Morgana. Inrealtà si trattava di un fenomeno di rifrazione rarissimo per cui le case delladirimpettaia Messina si rifrangevano diritte in mezzo al mare.Unfenomeno allucinatorio Questotema delle allucinazioni ha segnato come il destino della città.Una volta prese l'allucinazione dellagiustizia e poi quella della potenza.Innalzo'inutili barricate e si condanno' ad una solitudine immensa.Mac' è un fiore, ora che la zagara quasi non esiste piu' e la Fata sembra essersirinchiusa definitivamente nei suoi palazzi,che ha sostituito nell'indifferenzagenerale, glialtri,la magnolia.C'èun viale di magnolie ed il profumo,invano contrastato dal gas barbaro deimotori,è malioso e trionfanteQuandoil sole estivo ti sconvolge la mente ebrucia i pensieri, il profumo invade e muta il cuoreAlloraanche il piu' malvagio ed indifferente sente un'inquietudine come quella delGriso quando è prossimo a morireEnon è detto che tanta terribile delinquenza che ora l'assedia,la soffoca,lauccide, non debba perire infine non per le armi ma come Eliogabalo,per iprofumiNando,ilsindaco che doveva finire i suoi giorni prematuramente,quando cadde un alberofece un'autentica tragedia.Lofece cingere di una rete.e dopo aver tagliato irami lo lascio' li' a monito.Lacittà deve capire quando perde i suoi tesori.Certola città non parlava alla casa dei suoi errori. C'eraun trattato segreto che degli errori non bisognasse parlare.2C'eraun tempo in cui la casa e la città concordavano nella felicitàRisuonavanodi canti,di luci,di colori,di allegria.E'stato un tempo lungo tutto sommato quanto l'infanzia e la giovinezzaLacasa risuonava dei canti di mia madre che aveva studiato mandolino.Ilmandolino ai suoi tempi era come il ricamo,un'occupazione degna di unasignorina bene che doveva occupare il tempo in lavori non serviliMiamadre era maestra di ricamo anche se meno di mandolino.Mimostrava le dita incallite dalle corde e le guardava con una sorta di orroreTento'di insegnarmi entrambi inutilmente,ero sorda come una campana e quanto alricamo rifuggivo,ilpunto a croce come mortale nemico.Passavoil tempo a leggere furiosamente,dappertutto e di tuttoAlloramia madre escogito' lo stratagemma di organizzare un gruppo di lettura con glialtri ragazzi del rione,i compagni di giochi e di letturaGiocavamoperdutamente a noccioline ed altrettanto perdutamente leggevamo dai fumetti airomanzi rosa, allecronacheIoscartabellando in soffitta trovai uno strano libro in rima che si intitolava LaDivina commediaPresia leggerlo senza capir nulla ma ostinatamente continuavo C'eranole illustrazioni fascinose che solo piu' tardi scoprii fossero del Dore'Poic'era un altro libro misterioso dal titolo affascinante Il mistero delfascicolo nero dicui ugualmente non capii nulla in attesa che si chiarisse il misteroAllafine si sarebbe chiarito tutto ,pensavo. Epoi c'erano due libri che mia madre nascondeva nel baule insieme allabiancheria.Il decameron e I miserabiliIoaspettavo pazientemente che si allontanasse per la spesa per aprire il baule etuffarmi sui libriNoncapii mai perche' nascondesse I miserabiliSolopiu' tardi seppi che era compreso nell'indice dei libri proibiti3 Ingenere i libri venivano da Carmelina e da Sebastiana che erano abbastanza piu'grandi e  mi iniziarono alla lettura deigialli,l'una e dei libri americani l'altra.Scopriimolto piu' tardi che dietro di loro c'erano due figure molto misteriose. Unprofessore consigliava Carmelina e un misterioso personaggio passava i libriamericani a SebastianaPerconto mio leggevo La vispa Teresa e il Corriere dei piccoli.Avevoil permesso di andarli a comprare dal giornalaio quasi ai piedi della collinada sola. Quandomi vedeva il giornalaio sparava somme indicibili.Ilcorriere dei piccoli in onore di Bonaventura ricco ormai da far paura costavatre milioni e La vispa Teresa, quattroLamia confusione iniziale si trasformo' poi man mano in divertimento e finii colsentirmi estremamente ricca anch'ioMa il libro che toccava ilcuore era proprio il libro Cuore.Loleggevamo a voce alta e quando si giungeva al punto in cui Ferruccio ferito amorte veniva rimproverato dalla nonna che lui aveva salvato,Dino che era unolettori piu' assidui scoppiava in un pianto dirotto e gettava via il libro.Dinoin realtà si chiamava Orlando che richiamava come un destino,una singolarepredistenazione i reali di francia che pure leggevano intensamenteIoero colpita da un altro testo. Pinocchio e dal punto in cui la bella fanciulla daicapelli turchini siaffaccia alla finestra mentre Pinocchio inseguito dai banditi invocadisperatamente aiuto Lei con voce dell'al di là dice -Nonc'è nessuno sono morti tutti.Etu,insiste Pinocchio-Sonomorta anch'ioEnzospiegava cosi' la mia commozione -Anchetu vorresti aiuto e temi di esser morta-EnzoZurlo allora era bravissimo studente destinato a divenire pastore protestanteed anche giudice.Destinato,meglionon anticipare troppo