Il Libro di Sabbia

Jorge e gli altri.


(L. Borges, Prologhi, Adelphi 2005)Carlo Baja GuarientiL’eclettico sguardo di Borges sulla pagina stampata ha da sempre abituato il lettore a considerare il grande argentino una sorta di caleidoscopio letterario: narratore abilissimo e supremo inventore di finzioni, pseudobiografo, poeta straordinariamente europeo e cantore di gauchos, saggista acuto e sempre originale.Ma Borges, all’origine di tutto, è stato un lettore. Appassionato e mai sazio pur nella disgrazia di una progressiva cecità, quando nel 1955 fu nominato direttore della biblioteca nazionale di Buenos Aires ironizzò sul destino di vedersi consegnare una mole enorme di libri proprio mentre la luce se ne andava dai suoi occhi. Questo amore per i libri anima le pagine dei Prologhi ristampati ora da Adelphi: brevi introduzioni, a volte di poche righe, oppure digressioni sulla vita e sulle opere di autori diversissimi.È proprio la varietà a stupire per prima: accanto a pilastri della letteratura come Cervantes (costantemente presente e citato dall’argentino quasi come un nume tutelare), Shakespeare, Kafka o Henry James troviamo autori meno consacrati come Bradbury (le cui Cronache marziane erano allora una novità) o l’amico e collaboratore Adolfo Bioy Casares. E ancora nomi che Borges richiama spesso nelle proprie pagine: Emanuel Swedenborg, la cui opera mistica esercitò su di lui un fascino notevole, e José Hernàndez, che volle concepire un manifesto di protesta e finì per creare l’epopea nazionale argentina.Altri nomi, che appaiono come imprescindibili in questi prologhi, per il lettore europeo non iniziato alla letteratura sudamericana sono poco più che dei Carneade. È il caso di Macedonio Fernàndez, la cui vita come esperienza culturale suscita l’interesse di Borges molto più di quanto facciano gli scritti: una vita lenta, da uomo d’altri tempi, un’esistenza talmente dedita al pensiero da rendere quasi marginali i risultati consegnati ai posteri. Capita così che i prologhi borgesiani siano a volte articoli centrati sulla critica letteraria, altre volte frammenti biografici e – in una certa misura – autobiografici: schegge di una formazione attuata grazie allo studio, ma anche al contatto con gli intellettuali che frequentavano la casa paterna.Sono comunque soprattutto inviti alla lettura, indicazioni per chi voglia ripercorrere una piccola parte dell’esperienza di un grande scrittore in veste di lettore; tentando, magari, di affrontare le pagine con uno spirito simile a quello di un grande uomo di cultura del Novecento. E se talvolta capita che Borges si conceda alcuni dei vizi che egli stesso rimprovera al prologo (principalmente l’iperbole, la debolezza di sopravvalutare e incensare per un istante un’opera o un autore), è solo per passione, per il piacere un po’ metaletterario di scrivere con il fervore di un vero lettore tra le righe altrui.(Gazzetta di Parma, 20 gennaio 2006)(Inizio con questo la pubblicazione di una selezione di articoli scritti per le pagine culturali della Gazzetta di Parma negli ultimi tre anni.)