Il Libro di Sabbia

Banville sull’onda dei ricordi.


(J. Banville, Il mare, Guanda 2006)Carlo Baja Guarienti Spesso la memoria procede per analogie nascoste, seguendo sentieri sotterranei che risultano evidenti solamente alla segreta chimica dei pensieri umani, e una ferita appena aperta può richiamare il dolore di un’altra ferita sepolta nei decenni. E la fine di un periodo della vita, conclusione non cercata ma imposta dalla fragilità umana, può talvolta indurre a sciogliere i nodi irrisolti di un’esistenza.Capita così a Max Morden, critico d’arte di mezza età, il cui microcosmo si spezza con la morte della moglie: creatura amata incessantemente, anche se forse mai del tutto compresa a causa della distanza che sempre separa gli esseri umani. Per combattere il vuoto, che non riesce ad affrontare, l’uomo si rifugia – come attratto dal canto seducente e spettrale di una sirena - nei luoghi dell’infanzia: la cittadina di Ballyless, piccola località di villeggiatura sulla costa irlandese battuta dalle onde dell’oceano. Nella pensione della signorina Vavasour, un tempo casa estiva presa in affitto da famiglie benestanti di città, Max si lascia sedurre dal richiamo dei ricordi che abitano in quell’edificio e in quelle strade: ricordi di un’estate lontana, quella dei suoi undici anni, e dell’incontro, primo e indimenticabile, con l’Amore e la Morte.Il mare, romanzo dell’irlandese John Banville pubblicato da Guanda, è una celebrazione della memoria: ricordare è come viaggiare in un paese lontano eppure familiare, ripercorrere strade conosciute per osservare gli stessi luoghi con occhi diversi e prospettive differenti. Per questo il romanzo procede tra flashback provenienti da un passato recente che irrompono nel presente narrativo alternandosi ad altre memorie ripescate dai territori dell’infanzia; o, meglio, da quell’età non ancora adulta ma non più innocente che gli uomini, ammettendo la propria ignoranza o tentando piuttosto di esorcizzarla, chiamano infanzia.E le figure evocate dalla memoria sono incredibilmente vivide: la signora Constance Grace, seducente oggetto del desiderio, e suo marito Carlo, e poi la fragile bambinaia Rose con il suo segreto inconfessato. E soprattutto i due figli dei coniugi Grace, coetanei di Max: l’incomprensibile Myles, che non sa o non vuole comunicare con il linguaggio degli uomini, e la gemella Chloe, amata da Max con caparbietà al di là della sua impenetrabile e scontrosa natura di creatura femminile dispersa nel limbo fra l’infanzia e l’adolescenza. Amata, forse, anche per questo, per la selvaggia alternanza di tenerezza e crudeltà.Tutto si consuma nello spazio di un’estate, sotto lo sguardo onnipresente del mare: la scoperta dell’istinto e dell’affetto, delle distanze sociali e di quelle tra i sessi o – semplicemente – tra gli individui. E, infine, la scoperta dell’incapacità di comprendere chi se n’è andato e accettare la sua assenza. Molti anni dopo, quando tutto sembra sepolto, un’altra assenza fa riaffiorare le domande irrisolte e il desiderio di capire; ma nonostante si torni, con il corpo e soprattutto con la mente, negli stessi luoghi, ci sono domande la cui risposta appartiene al mistero di qualcun altro. Perché, pur trovandosi nello stesso mare in cui vagano tutti gli altri, ogni essere umano è, in fondo, un’isola a sé.(Gazzetta di Parma, 12 dicembre 2006)Sabato 17 maggio 2008 alle 17.00, nella sala Luca Giordano di Palazzo Medici Riccardi a Firenze, John Banville terrà una lectio magistralis in occasione dell'assegnazione del premio Vallombrosa Gregor von Rezzori. E io non riuscirò a sentirlo, peccato... spero che qualcuno possa raccontarmela.