Il Libro di Sabbia

Da Alfieri a Verri. Quando il cicisbeo non è solo un frivolone.


(R. Bizzocchi, Cicisbei. Morale privata e identità nazionale in Italia, Laterza 2008)Carlo Baja Guarienti-La parola cicisbeo, oggi, è associata a un’immagine negativa: quella dell’uomo dedito per vocazione alle frivolezze, del frequentatore professionista di salotti, dell’amante senza speranza attaccato alle gonne di una donna per lui inafferrabile. Un’area semantica molto ampia, dunque, ma univocamente caratterizzata da un giudizio di condanna morale.Eppure, in un periodo della storia italiana il cicisbeo – conosciuto in patria e all’estero anche come cavalier servente - è stato una figura importante e pienamente inserita nel tessuto della società. Il secolo XVIII ha visto, fra gli ultimi sfarzosi bagliori dell’Ancien Régime, affermarsi l’usanza di affiancare alla nobile dama sposata un cavaliere dotato di cultura, buone maniere e un buon posto nei salotti cittadini: un accompagnatore e un corteggiatore che seguiva la donna attraverso gli impegni della giornata, dalla toilette al teatro e dalla passeggiata al gioco. Il tutto alla luce del sole, spesso in presenza del marito – a sua volta troppo impegnato negli affari o nelle avventure extraconiugali per essere sfiorato dalla gelosia – e senza scandali. Una figura, quella del cicisbeo,  nata – come scrisse all’inizio dell’Ottocento il francese Simonde de Sismondi – da «due leggi create dal bel mondo: che niuna donna potesse con decenza mostrarsi sola in pubblico e che niun marito potesse altresì, senza farsi ridicolo, accompagnare la moglie».I viaggiatori stranieri vedevano in questa figura il sintomo più evidente della corruzione dei costumi italiani, il frutto ultimo di una decadenza incominciata più di due secoli prima con l’obbedienza tributata ai conquistatori spagnoli; e questo giudizio, contestato da alcuni e considerato da altri come un drammatico memento con cui stimolare la rinascita dello spirito nazionale, era destinato a pesare sulla riflessione sociale e culturale del XIX secolo.Dall’immagine distorta – ma malgrado questo o proprio per questo particolarmente interessante – degli italiani come popolo di cicisbei prende avvio l’ultimo studio di Roberto Bizzocchi, docente di Storia moderna all’Università di Pisa: Cicisbei. Morale privata e identità nazionale in Italia, pubblicato da Laterza. Dalle origini (i cambiamenti indotti dall’Illuminismo nella società italiana) al tramonto, la storia del cavalier servente è ricostruita attraverso documenti pubblici e privati e opere letterarie, e così inserita nel contesto dell’evoluzione del costume e della politica. Emergono così, accanto alle mordaci caricature pariniane e ai coloriti ritratti goldoniani, i volti e le parole di veri cicisbei; e fra questi compaiono nomi eccellenti come quello di Pietro Verri, innamorato della sua dama Maddalena Beccaria sposata all’«imbecille» Giulio Cesare Isimbardi, o quello di Vittorio Alfieri, che mise per iscritto i ricordi giovanili del suo servizio al fianco di Gabriella Falletti Turinetti. Nomi illustri del panorama culturale, spiriti vivaci e personalità forti: tutto il contrario dell’immagine sbiadita cui la memoria ha condannato i cicisbei.(Gazzetta di Parma, 1 novembre 2008)