Il Libro di Sabbia

Il mostro marino di Hauptmann.


(G. Hauptmann, Il mostro marino, Sellerio 2006)Carlo Baja Guarienti-Il racconto di un marinaio è, per antica tradizione, iperbolico: il resoconto di viaggi in terre lontane giustifica la messa in scena dell’esotico e del curioso, a volte del mostruoso. Ma la storia che un viaggiatore si trova un giorno ad ascoltare in una città portuale italiana, all’interno di un club frequentato da una misera umanità, pretende in qualche modo di essere creduta: forse per la presenza magnetica di una polena scolpita in forma di sirena, tangibile testimonianza di un viaggio per mare, forse per la forza delle parole dello spettrale marinaio di nome Cardenio. Parole evocative, che lentamente disgregano la realtà rivelando quella zona, intermedia fra il mondo degli umani e quello degli dei, in cui mortali e immortali possono sfiorarsi. Cardenio si è affacciato su quel mondo e ora, come il visionario Hanrahan di Yeats, non appartiene più interamente al mondo degli uomini.Il mostro marino, scritto da Gerhart Hauptmann nel 1934 e ora pubblicato da Sellerio, è pervaso da atmosfere vicine per certi versi a quelle di Ludwig Tieck: anche qui il soprannaturale, nella forma di una creatura la cui apparenza umana è solo un inganno, irrompe nella vita degli uomini per imprimerle una direzione  imprevista e drammatica. L’autore, Nobel nel 1912, ha esplorato con le sue opere i territori del romanzo naturalista e del dramma a sfondo sociale, ma in questa fiaba macabra si abbandona a fantasie simboliste e reminiscenze romantiche creando una sirena, Chimaera, che pare una risposta sepolcrale all’Ondina di La Motte-Fouqué. Chimaera sconvolge la vita di Cardenio con la forza dell’eros, che rovescia le leggi naturali e dissolve i legami umani; come per altri protagonisti di Hauptmann, anche per il marinaio è impossibile sottrarsi a questa forza che trascina l’uomo in un naufragio senza speranza.«Non voglio essere umana», grida ossessivamente la sirena davanti alle miserie del mondo degli uomini, tanto diverso dalla perfetta esistenza sul fondo del mare. E alcuni commentatori, fra le righe, hanno letto in questo grido, in questo rifiuto della corruttibile natura mortale, l’opposizione ad una condizione non astratta e universale, ma contingente e ben nota all’autore: quella del popolo tedesco, l’umanità che abitava la Germania del 1934.(Gazzetta di Parma, 10 gennaio 2007)