Il Libro di Sabbia

Bruno, messaggero di verità. Intervista a Michele Ciliberto.


Visto il recente anniversario bruniano, pubblico un'intervista realizzata due anni fa per la Gazzetta di Parma.Bruno, messaggero di verità. Intervista a Michele Ciliberto.Carlo Baja Guarienti- Il 17 febbraio 1600, all’alba del nuovo secolo, s’innalza in Campo dei Fiori una pira destinata a passare alla storia come il simbolo stesso dei roghi del Sant’Uffizio: la pira che darà la morte a Giordano Bruno, la cui statua oggi scruta severa la vivace piazza romana.Bruno muore da eretico confesso: ha sostenuto l’esistenza di mondi innumerevoli e la metempsicosi, ha praticato la magia, ha negato la transustanziazione e la verginità di Maria, ha accusato di falsità Mosè, Cristo e gli apostoli, ha tentato di rovesciare le basi stesse della religione cristiana. In poco più di cinquant’anni di vita – è nato nel 1548 – ha processato e condannato nel tribunale del proprio pensiero un antico edificio di teologia, filosofia e cosmologia.L’esistenza di Bruno è uno sforzo titanico, un pervicace tagliare i ponti alle proprie spalle: pur nella tensione fra desiderio di salvezza (che lo induce talvolta a trattare) e abbandono al destino, il disegno complessivo della vicenda umana del frate conduce inevitabilmente a un finale tragico. E proprio come in una tragedia, rappresentazione teatrale che celebra la solitudine di un uomo di fronte all’intera creazione, Bruno sembra rappresentare scenicamente la propria lotta contro gli “asini” delle università. Di questo si è occupato Michele Ciliberto, docente di Storia della filosofia moderna e contemporanea alla Scuola Normale Superiore di Pisa e presidente dell’Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento, in due recenti saggi di cui è autore (Giordano Bruno. Il teatro della vita, Mondadori) e curatore (Favole, metafore, storie. Seminario su Giordano Bruno, Edizioni della Normale).Giordano Bruno – chiediamo – è martire consapevole o solamente vittima del proprio animo tormentato?Bruno è assolutamente consapevole del proprio destino, sa fin dall’inizio che la radicale novità del suo pensiero gli porterà la solitudine e la condanna da parte di tutti. Il martirio è un destino connaturato al ruolo stesso assunto da Bruno: quello di Mercurio, messaggero di una verità che non può essere pacificamente accettata dagli uomini. Proprio questa consapevolezza permette al nolano di divenire regista e attore della propria morte, gli consente di attuare quasi uno straniamento – per usare un linguaggio teatrale – nel dramma della propria fine.Quale importanza hanno avuto la vicenda e l’opera di Bruno per il pensiero e l’immaginario dei secoli successivi?Bruno rimane fuori dall’immagine di una modernità – quella di di Galileo, Cartesio, Spinoza – che interpreta il mondo attraverso le strutture della scienza; ma questa stessa modernità è molto più complessa e l’opera di Bruno, all’inizio diffusa in Inghilterra e soprattutto in Germania, ha viaggiato – anche clandestinamente, sotto le tonache degli stessi preti – più di quanto un tempo si pensasse. Nell’Ottocento, poi, il nolano è diventato in Italia un simbolo delle battaglie risorgimentali: in questo senso sono tornati utili sia il Bruno sostenitore della libertà di pensiero, sia il Bruno che polemizza contro l’“idra romana” e il Vaticano. Ma il dramma di Bruno, come ha scritto Gramsci, è europeo, non italiano: Bruno è una figura estranea all’Italia della Controriforma, che ha visto consumarsi la frattura fra scienza e vita. La complessa vicenda del suo scontro con la Chiesa (scontro inevitabile, inestricabilmente legato alla natura della ricerca bruniana, ma non cercato a priori) ne ha fatto un eroe della laicità, ma fa in realtà parte del suo essere un ossimoro vivente: la convivenza di passione e ragione, senso di grandezza e umiltà, malinconia e furore è il mistero della personalità di Giordano Bruno.(Gazzetta di Parma, 9 febbraio 2008)