Il Libro di SabbiaLibri e dintorni... |
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FRASI SPARSE.
«Per sopravvivere agli assalti degli atei come dei veri credenti mi sono tenuto nascosto nelle biblioteche, tra pile di volumi pieni di polvere, per nutrirmi di miti e cimiteriali leggende. Ho fatto festini di panico e terrore di cavalli imbizzarriti, di cani latranti, di gatti impazziti... briciole scosse da lapidi tombali. Col passare degli anni, i miei compatrioti del mondo invisibile svanirono uno a uno, mentre i castelli crollavano o i nobili affittavano i loro giardini visitati dagli spiriti a club femminili o a tenutari di tavole calde con alloggio. Privati delle nostre dimore, noi, spettrali errabondi dell'universo, siamo sprofondati nel catrame, nelle latrine, in sfere di incredulità, di dubbio, di mortificazione, o di assoluta derisione.»
Ray Bradbury, Sull'Orient, direzione nord.
FRASI SPARSE
«… nella carrozza entrò un uomo che cominciò a suonare un violino che sembrava fatto con una vecchia scatola di lucido da scarpe e, nonostante io non abbia proprio senso musicale, quei suoni mi colmarono delle più strane emozioni. Mi pareva di udire una voce di lamento provenire dall’Età dell’Oro. Mi diceva che noi siamo imperfetti, incompleti, non più simili ad una bella tela intessuta, ma piuttosto come un fascio di corde annodate insieme e gettate in un angolo. Diceva che il mondo era un tempo interamente perfetto e generoso e che quel mondo perfetto e generoso esisteva ancora, ma sepolto come un cumulo di rose sotto tante palate di terra. Gli esseri fatati e i più innocenti tra gli spiriti vi avevano dimora e si dolevano del nostro mondo caduto nel lamento delle canne mosse dal vento, nel canto degli uccelli, nel gemito delle onde e nel soave pianto del violino. Diceva che presso di noi i belli non hanno senno e gli assennati non sono belli e che i nostri momenti migliori sono offuscati da qualche volgarità, o dalla trafittura di un triste ricordo, e che il violino deve rinnovarne sempre il lamento. Diceva che soltanto se coloro che vivono nell’Età dell’Oro potessero morire per noi sarebbe possibile essere felici perché quelle voci tristi si acquieterebbero, ma loro debbono cantare e noi lacrimare finché le porte eterne non si spalancheranno.»
William Butler Yeats, Il crepuscolo celtico.
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Chi ha paura di Virginia Woolf?
Il 23 Maggio 2008 al Teatro Gonzaga di Bagnolo in Piano (RE), torna in scena una delle più belle pagine del teatro americano contemporaneo:
“Chi ha paura di Virginia Woolf?” di Edward Albee.
Albee è considerato, a ragione, uno dei più grandi autori teatrali americani insieme a Tennessee Williams.
Il titolo nasce da una scritta (un gioco di parole con "Who's afraid of the big bad wolf?", cioè "Chi ha paura del lupo cattivo?") che Albee trovò sullo specchio del bagno di un pub; di questo testo è nota la riduzione cinematografica per la regia di Mike Nichols, con Richard Burton ed Elisabeth Taylor.
Siamo tutti invitati nel salotto dei Washington - questo il cognome, certo non casuale, di George e Martha: proprio qui, in una sola notte, con quell’unità di tempo, luogo ed azione che fu del teatro classico, sarà chiamata, come in un rituale (con tanto di esorcismo finale), tutta l’America, con i suoi stereotipi ed i suoi vizi.
Una coppia di mezz’età - George (Marco Sparano), professore di Storia, e Martha (Ilaria Carmeli), figlia del preside della stessa università – invita un'altra coppia più giovane: Nick (Simone Merciadri), professore di Biologia, e Honey (Roberta Iori), la sua giovane e svampita moglie.
Assisteremo ad un vero e proprio Jeu de massacre che travolgerà via via i personaggi e quell’American Dream che ai tempi di Albee pareva indistruttibile.
Scerzi sadici, giochi crudeli, segreti, tradimenti e vizi in un turbine di angoscia che chiamerà anche noi stessi al banco degli imputati… e adesso chi ha paura del lupo cattivo?
Info prevendita: teatrodelcigno@libero.it
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