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«I miei primi 50 anni da scugnizzo»


«Ho 15 anni, grazie alle tue canzoni sto crescendo. Grz Nino, tu sii uniko...», Kikkina. I ragazzi degli Anni ' 80 con le canzoni dello scugnizzo dal caschetto biondo si innamoravano, i ragazzi d' oggi commentano nel Forum i testi impegnati del nuovo album Gioia Nova che dà voce alle periferie, agli emarginati. «Nessuno parla del pubblico dei miei concerti, la maggioranza giovani, che è la vera novità del mio successo», dice Nino D' Angelo, nato a Casoria, Napoli dove ha vissuto da ragazzo prima di trasferirsi a Roma. E ha ragione a parlare di successo D' Angelo, perché ha smesso i panni di un jeans e na maglietta ma è rimasto il guappo di sempre. Due anni fa è stato nominato direttore artistico del Teatro Trianon Viviani di Napoli, il teatro del Popolo di Forcella dove ha creato laboratori per le donne e i figli dei carcerati. Intanto, la nuova vena autorale gli è valsa un Davide di Donatello per la colonna sonora di «Tano da morire» di Roberta Torre. E ora festeggia i 50 anni con un tour europeo: giovedì è a Milano, dopo 8 anni. In «Nu napulitano», scartata da Sanremo, canta «siamo sempre stati abbandonati». Dica la sua sui rifiuti. «Il mio parere è che non fosse capitato nel periodo dell' elezione, l' immondizia da Napoli l' avrebbero già tolta. Questa è un' elezione di monnezza. Lì si decide chi vince». Le sue canzoni parlano di uguaglianza, libertà... Scenderebbe in politica? «Non potrei. Senza generalizzare, in politica ci sono tanti disonesti. Gente che bada solo ai cavoli suoi: andare a votare con questa legge significa non avere coscienza. Un altro pareggio sarebbe una rovina». Oggi così impegnato. Rinnega il caschetto? «No, perché me lo porto dentro. Mi piaceva quel che c' era sotto, un ragazzo che cantava i sentimenti perché erano i suoi. Oggi però ho più spazio per parlare degli argomenti che mi interessano la libertà, la guerra, come in Malatiempo». La svolta negli Anni ' 90, in seguito alla depressione per la morte di sua madre. E insuccessi come Mente cuore. «Credo di essere l' artista italiano che ha avuto più anime. Il concerto è la mia storia in 25 canzoni. La prima parte è il Nino di oggi, già nonno di una bambina, Maia, che mi dà una «Nova Gioia». La seconda è un medley delle canzoni del caschetto: la gente vive anche di ricordi». Perché tanti giovani fan? «Sono gli stessi che venivano ai concerti sulle spalle dei padri. Oggi i ragazzi sono più colti e preparati, apprezzano la musica d' autore». Come definisce la sua musica? «Canto la speranza, le periferie. Sono il simbolo di chi sta sotto. Questo è un mondo diviso tra troppi ricchi e troppi poveri. Faccio un grande lavoro sui suoni. Perché è la musica che rende universale il napoletano che anche in Italia pochi capiscono». Cosa pensa di D' Alessio? Perché me lo chiede? È un suo rivale? «Non c' entriamo niente. Lui è un cantante pop, io faccio musica world. È come paragonare un salumiere a un venditore di vestiti». Come si vede tra 10 anni? «Rompiscatole. Continuerò a battermi per un mondo migliore. Ma mi ritengo fortunato, sono nato nella strada, non ho più nulla da chiedere». Teatro Smeraldo, giovedì 27 marzo ore 21, euro 20/25/30