Diario di Viaggio

I Canti dell'Angelo Custode


1
Da che l'Angelo mio più non mi veglia, può libere spiegar, volando, l'ali; e fendere il silenzio delle stelle. Ché le trepide mani egli levare non deve più su le mie notti sole, da che l'Angelo mio più non mi veglia. 2Da che l'Angelo mio più non mi veglia, da che lo espulse, dopo l'alba, il giorno, il nostalgico volto ci spesso inclina verso la terra; e più non ama il cielo. Da questa grama realtà vorrebbe le mie pallide preci ancora addurre per lo svettante murmure dei boschi al paese, lassù, dei Cherubini. Il mio pianto di bimbo, vi recava, le mie piccole pene e le preghiere. Crebbero quivi in esili boschetti, che sovra lui sussurrano. 3Se nel meriggio della vita, un giorno, tra '1 chiasso delle fiere e dei mercati, avvenga ch'io dimentichi, repente, il fiorito pallor del mio mattino (l'Angelo mio custode, pensieroso: la sua bontà, la tunica di neve, le sue mani congiunte alla preghiera, il cenno della destra a benedirmi) nel più arcano de' sogni 10 serberò l'immagine dell'ali ripiegate, che a tergo gli svettavano siccome un gran cipresso bianco. 4Le mani sue, rimangono; siccome rondini cieche, che, dal sole illuse, (mentre gli stormi trassero pei mari dove pur sempre aulisce Primavera) sui rami secchi d'un albero ignudo lottano contro i soffi dei rovaio. Un pudico rossore le sue guance invermigliava. come di fanciulla, che sul bujo dell'anima allo sposo grevi coltri di porpora distenda. E avea negli occhi una fulgida vampa, quasi d'aurora. - Ma su tutto, immense, svettavan l'ali a navigargli il cielo. Rainer Maria Rilke