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IL MISANTROPO, ovvero l'innamorato atrabiliare

Post n°1048 pubblicato il 04 Marzo 2011 da lightdew
 

 

 

 

 

 

 

 

Stimare tutti è lo stesso che

                     non stimare

nessuno


Molière

 


 

 

 

foto dal web

 

foto dal web

 

 

 

Massimo Popolizio, muta il suo ruolo e  dà grande prova di sè,

in uno spettacolo che nn si vedeva da oltre cinquant'anni sul palcoscenico del nostro teatro.

Uno spettacolo che parla di noi, di come siamo e di come vorremmo essere.

Noi, sempre in bilico, tra l'essere e l'apparire, con i nostri rimorsi di coscienza che a volte ci fanno da riflesso, come fossero pareti tempestate di specchi.

Un pensiero che appartiene al secolo scorso, ma rimarrà attuale anche nel prossimo a venire.

Perchè oramai lo sappiamo..i mondi potranno essere anche nuovi, ma il nuovo essere umano capace di vivere insieme agli altri, rispettando l'universo, deve ancora .. ...

 

 

 

 

 

 

ed è proprio nella costretta scelta che l'adorata perde gli adoranti, spezzando il cerchio e costringendo tutti  ad una triste  solitudine.

 

foto dal web


 

..e mentre sogniamo l'integrità apparente del misantropo che pur cede di fronte alla bellezza effimera della tentazione, ammiriamo il saggio amico, che sembra saper così bene adattarsi a questo vivere..

 

Che la risposta giusta  sia  cercare l'amore corrisposto o non cercar l'amor affatto?

 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

IL MISANTROPO

Di: Molière
Scene: Maurizio Balò; luci Gigi Saccomandi
Costumi: Maurizio Balò
Musiche: Arturo Annecchino
Regia: Massimo Castri
Produzione: Teatro di Roma
Interpreti: Massimo Popolizio, Graziano Piazza, Sergio Leone, Federica Castellini, Ilaria Genatiempo, Laura Pasetti, Tommaso Cardarelli, Andrea Gambuzza, Davide Lorenzo Palla, Miro Landoni

 
Rispondi al commento:
blue.chips
blue.chips il 04/03/11 alle 20:25 via WEB
Parlare, descrivere e scrivere il desiderio, se non lo si può più vivere in armonia con sé stessi e l’altro, accentua il dolore dell’essere, giorno dopo giorno. Nasce così l’introspezione autocommiserativa; spesso, un segno distintivo di ampie cicatrici maturate negli anni, nel migliore dei casi. L’amore quando non è più dono è squilibrio, fonte di ogni devianza umana, creazione d’infinite complicazioni e delitti non solo morali.

L’uomo nuovo, tanto atteso nella storia umana, non esisterà mai inseguendo utopie, esistendo invece la tensione nel divenire. L’esigenza dell’uomo nuovo, trattato da ogni seria e profonda letteratura, è motivo per comprendere che tale afflato può esserci; cioè, quest’uomo deve esistere.

Così è: Egli è stato da sempre annunciato; è esistito ed esiste. Ma ciò già appartiene alla trascendenza di essere nel mondo e non essere del mondo. Così solo può essere l’uomo nuovo. Invece, viviamo nell’illusione che "si è immortali per tutto il tempo che si è al mondo, fintanto vive il desiderio”"

Per questo una grande quantità di "grandi" pensatori sprizzavano (e sprizzano) dosi da cavallo di misogina, dotati di un proprio io, (infantile) vanesio, insaziabile.
Gli uomini ululano alla luna l’amore per la donna, finché non si saziano del suo corpo. Ma l’essenza dell’amore in due rimane nel volto sconosciuto della luna, dove luce non arriva. Le donne questo l’hanno compreso da tempi immemorabili, rinunciando a sé stesse per salvare un po’ d’amore, o di quel che resta.
Un caro saluto. Blue.chips
 
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