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Unità e Libertà

Post n°1054 pubblicato il 16 Marzo 2011 da lightdew
 

 

 

 

 

 

foto dal web

 

Sono nata in una terra di confine.

I miei hanno lasciato tutti i loro averi per seguire un'idea di libertà.

Quest'idea portava il nome d'Italia.

 

foto dal web

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sono nata in una terra che appartiene all'Italia da una manciata d'anni, rispetto ai più di cinquecento di dominio Austro Ungarico. Un dominio che intelligentemente ha sempre rispettato le minoranza, anche di questa città, che a seconda dei rioni, si sentiva più italiana, slava, greca, "ebraica", turca o albanese.

 

 

 

foto dal web


Vivo in una città dove la multietnicità è considerata ancora un vanto per una possibile ricchezza e crescita.

In questa città, sventola un tricolore, che ricorda la passione e l'amore per una nazione che ben poco riconosce a chi è morto o ancora muore per lei.

Non sono più così giovane da non ricordare l'assordante rumore di quegli aerei che sorvolavano i nostri cieli per abbattere case e anime di parenti ed amici.

Ricordo tutto, io. Con vivo senso di angoscia per quello che è stato e per quello che è venuto dopo.

 

 

 

 


Ricordo bene, che poco tempo prima dello scoppio di questa inutile guerra, era uscita una canzone.

Era estate..e al mare si cantava tutti.. lo ricordo bene ...Jugoslavia...

Il testo di questa canzone, diceva che la ricchezza di questa nazione era proprio l'insieme di tante etnie. Era un inno universale alla pace ed alla fratellanza.

Poi, la guerra.

E con la guerra la pazzia.

Mariti che disconoscevano le moglie, vicini di casa che non si parlavano più, paesi..che estradavano concittadini, in quanto serbi o bosniaci, o croati, o sloveni o..


Oggi, mentre si cerca di cambiare la nostra Costituzione, si pensa anche di istituire una nuova festa nazionale, ci manca la canzone e siamo a posto.


Io la festeggerò sulle strade di Belgrado, cercando un perchè a domande alle quali ancora non ho trovato risposta, ma soprattutto cercando di scacciare quel brivido che mi scorre lungo la schiena.


Chi mi conosce bene dice che sono pessimista.

Chi mi conosce davvero, rimane in silenzio e spera che le mie paure non siano intuizioni.

 

 

 

 
Rispondi al commento:
blue.chips
blue.chips il 17/03/11 alle 12:25 via WEB

Questa Italia , così fragile, così tenera, così disperata
Questa Italia, bella come il giorno
e cattiva come il tempo quando il tempo è cattivo
Questa Italia così vera, così felice, così gaia e così beffarda
tremante di paura come un bambino al buio
E così sicura di sé, come un uomo tranquillo nel cuore della notte.
Questa Italia che impauriva gli altri, che li faceva parlare,
che li faceva impallidire
Questa Italia spiata, perché noi la spiavamo.
Perseguitata, ferita, calpestata, uccisa, negata, dimenticata;
perché noi l'abbiamo perseguitata calpestata uccisa negata dimenticata.
Questa Italia tutto intera, ancora così viva e tutta soleggiata
è tua, è mia. E' stata quel che è stata.
Questa cosa sempre nuova e che non è mai cambiata
Vera come una pianta, tremante come un uccello
calda e viva come l'estate.
Noi possiamo tutti e due, andare e ritornare.
Noi possiamo dimenticare e quindi riaddormentarci
risvegliarci soffrire invecchiare. Addormentarci ancora
Sognare la morte, svegliarci sorridere e ridere e ringiovanire.
La nostra Italia è là, testarda come un asino
viva come il desiderio, crudele come la memoria
sciocca come i rimpianti, tenera come il ricordo
fredda come il marmo, bella come il giorno
fragile come un bambino.
Ci guarda sorridendo e ci parla senza dir nulla
E io tremante l'ascolto e grido;
grido per te, grido per me: ti supplico
Per te per me per tutti coloro che ti amano
e che si sono amati. Sì io gli grido
Per te per me e per tutti gli altri
che non conosco. Fermati là, là dove sei;
là dove sei stata altre volte.
Fermati! non muoverti, non andartene
Noi che siamo stati amati, noi ti abbiamo dimenticato
Tu non dimenticarci, non avevamo che te sulla terra
Non lasciarci diventare gelidi anche se molto lontano sempre
E non importa dove. Dacci un segno di vita
molto più tardi ai margini di un bosco
nella foresta della memoria
Alzati subito. Tendici la mano. E salvaci.
Qualcuno aveva scritto che Il poeta Prévert in un primo tempo aveva scritto questa poesia dedicandola alla sua Patria. Può esserci un fondo di verità, considerando che lo stesso poeta si considerava una voce di protesta conto il finto moralismo, contro chi è deputato a governare e fare le Leggi, contro la guerra e contro il fariseismo delle persone.
Essendo il senso dell’amore un sentimento universale, da cui tutto dipende, persino la vita di ogni Nazione, ho immaginato un quisque de populo che scrive l’amore per il proprio paese, senza l’avvilente retorica che, inevitabilmente, assumono nelle ricorrenze, i politicanti, i commedianti, i potenti e gli schierati.

Ecco. Il Sig. “nessuno” , magari un certo Giacomo Preverto, decide di spostare la parola “Amore” a quella di “Italia” dalla poesia di Prevert , e farla assumere un contenuto d’amore per il proprio paese. Perché l’amore per la propria terra, per le proprie radici, è altrettanto sublime come quello tra gli uomini essendone la forma più visibile dell’amore tra gli uomini; cioè, un popolo di gente che si rispetta, che si ama, che si aiuta, che marcia all’unisono, fa grande la propria terra; e per questo ( non certo per il PIL) sarà rispettata e ammirata da tutte le altre Nazioni. So bene cosa provi nel tuo scritto, per averlo vissuto sulla propria carne. Per questo la poesia di Prevert a te può parlare e lenire. Con amore. Un abbraccio. Blue.chips
 
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