A Room of One's Own

Ognuno per sè e Dio per tutti?


Forse sarà stato perché il 21 aprile é anche il mio compleanno,  e quell’inizio del post n. 466 di Merizeta : ‘La ragazza bionda compie oggi 42 anni, ma ne dimostra parecchi di meno’, messo proprio il 21 aprile, mi ha inevitabilmente  indotto a  fare i paragoni del caso... io ne ho compiuto qualcuno in più, ma questa é solo la meno significativa delle differenze tra di noi. Sono del tutto comprensibili l’ammirazione e l’ invidia, in senso buono, che esprime Merizeta. Chi di noi non ha mai sognato di andarsene, e di vivere una vita libera da vincoli e da costrizioni. Più di una volta, parlando con le mie nipoti le ho sentite esprimere quel proposito : “quando avrò diciotto anni, vado a vivere da sola”, e forse perché io sono una zia e non una mamma, e mi ricordo ancora di quando, alla loro età, sognavo di fare altrettanto,di solito in me trovano una alleata per questi loro progetti. E quando mia sorella ha voluto andare a studiare lontano da casa, l’ho spalleggiata, ho fatto opera di persuasione con i genitori, l’ho finanziata, perché potesse andare. Eppure, quell'individualismo che non ha bisogno di nessuno, quell’ideale di vita in cui ‘ci si basta da se’ , in qualche modo mi sembra sbagliato. Perché é facile, bastarsi da sè, quando si é giovani, in buona salute, con un lavoro magari anche precario, ma che ti procura un reddito sufficiente ai tuoi bisogni. Ma come la mettiamo se una o più di una di queste condizioni viene a mancare? Agli anziani, ai malati, ai giovani che ancora non sono in grado di provvedere a se stessi, chi ci pensa? Lo so che i filosofi nel corso dei secoli hanno ipotizzato società ideali in cui le strutture familiari risultano superate, ma siamo sicuri che  saremmo fiù felici se si realizzassero? Io credo che un solo filo non fa la corda forte, e la famiglia é la struttura in cui si incomincia ad imparare la solidarietà. Non per fermarsi li, naturalmente, ma da lì si parte.