A Room of One's Own

Il modo giusto


Una agenda come quella che descrive SandaliAlSole nel suo post 774 non l’ho mai avuta, anzi, anche ai tempi della scuola il mio diario era quanto di più anonimo si possa immaginareAlle elementari il diario non  si usava proprio. I compiti venivano semplicemente annotati sul quaderno. E di quaderni ne avevamo due, uno a quadretti, per le ‘operazioni’ e uno a righe, per i componimenti e i dettati.Quando si trattò di andare alle medie, insieme alla cinghia per i libri che prese il posto della vecchia cartella, e a un congruo numero di quaderni e di libri, fece la sua comparsa il diario, perché  non c’era più un solo maestro, ma tanti professori, e ognuno avrebbe dato i suoi compiti da fare a casa. Forse fu perché persi le prime settimane di lezione, in prima media;  o forse semplicemente non mi posi il problema di come si dovesse usare: al termine delle lezioni, aprivo il diario alla pagina corrispondente al giorno in cui eravamo, e annotavo i compiti che venivano assegnati. ‘Non si fa così’ mi disse un giorno la compagna di banco “ non si segnano sulla pagina del giorno in cui vengono assegnati, ma sulla pagina del giorno in cui bisogna portarli”.  “E chi l’ha detto che non si può fare così?”, risposi, un po’ mortificata. ‘No, così é sbagliato, chiedilo alla profe...” Ricordo ancora lo sguardo, un po’ imbarazzato, della professoressa interpellata sull’argomento, mentre mi confermava che, si, in effetti il modo giusto di fare era segnare i compiti nel giorno in cui si dovevano riportare.. Tornai a casa un po’avvilita, e dopo mangiato mi sedetti a fare i compiti: quelli che mi avevano dato quella mattina. Perché io preferivo farli subito, il giorno stesso, intanto che mi ricordavo bene le spiegazioni. Perciò veniva meglio segnarli come facevo io, sulla pagina del giorno in cui erano assegnati. Ancora oggi, quando cercano di spiegarmi qual é il modo ‘giusto’ di fare le cose, ripenso al diario e mi chiedo: il modo giusto per chi?