A Room of One's Own

Simboli


Siamo qualcosa che non resta, frasi vuote nella testa, e il cuore di simboli pieno.Stamattina mi sono svegliata con questi versi della canzone di Guccini, in testa.So cos’é, sono i programmi ascoltati, e gli articoli e i post letti sull’ 11 settembre. Sono le fotografie e i filmati delle Torri che cadono. Sono le immagini di macerie di case distrutte dalle bombe, che ogni servizio dai luoghi di guerra, sia Libano, Iraq o Afghanistan, ci rimanda come una litania che ormai non ascoltiamo più. Alla domanda che SandaliAlSole fa nel suo post 799: "Ma voi, non avete mai sognato di costruire qualcosa. Qualcosa con le vostre mani. Qualcosa che resti e che sia davvero vostro?", non mi sarebbe mai venuto in mente di rispondere “...una barca”.Perché mio papà era muratore. Un giorno, passando in macchina davanti ad un palazzo nella cittadina dove andavo a scuola, mi disse, con una punta di orgoglio nella voce: “questo l’ho costruito io, con i miei fratelli” e da allora ci ripenso, ogni volta che passo per quella strada. Quando é morto, la sua eredità sono state le case che aveva costruito: perché durante la settimana lavorava in cantiere a costruire case per gli altri, e nel fine settimana lavorava a costruire la sua casa. A rimettere in sesto la casa della nonna. A costruire la casa per i figli. E casa, per me, é stato sempre il simbolo di ciò che non passa, che rimane. Il simbolo della continuità famigliare.Bombe permettendo.