A Room of One's Own

Lavandare


E cadenzato dalla gora vienelo sciabordare delle lavandarecon tonfi spessi e lunghe cantilene…….Osservo la foto che accompagna il bel post N.207 di Pelino55: il lavoro delle lavandaie, la Milano dei Navigli tra fine '800 e inizio '900 e alla mente si affacciano le parole della poesia di Pascoli, da tanti anni dimenticate tra le pieghe della memoria. Seguendo il filo di Arianna dei ricordi, mi torna in mente anche il post che qualche tempo fa pubblicai nel blog Souvent Me Souvient. Diverso l’ambiente, diversa la luce,  ma sostanzialmente uguale il lavoro, in un tempo neanche tanto lontano in cui la diffusione capillare delle moderne macchine per il bucato era di là da venire. E leggendo nel post di Pelino55  la frase  : << …un lavoro che mia cugina ha detto che da grande piuttosto scappa di casa, chissà perchè, quella è matta...>>  per chissà quale associazione di idee mi torna in mente la prima volta che un ragazzo mi fece capire di avere dell’interesse per me. Ebbe l’infelice idea di chiamarmi al telefono una sera in cui,mentre  mamma era in ospedale,  io stavo litigando con una montagna di panni da lavare a mano, perché secondo le regole di mia mamma, la lavatrice si usava solo per il bucato bianco e assolutamente non per i colorati, che erano la maggior parte. Quando gli dissi che in quel momento la scuola era la mia priorità e che non desideravo assumere impegni che  mi avrebbero distratto da quell’obiettivo mi rispose che stavo dicendo un mucchio di sciocchezze. Io pensai al mucchio di panni in ammollo nel lavatoio che mi aspettavano, gli attaccai il telefono, e non lo rividi più.Oggi, ripensandoci, mi chiedo se la mia vita sarebbe andate diversamente  se avessi avuto, all’epoca, quei foglietti cattura colore che vendono ora…………..quando partisti, come son rimastacome l’aratro in mezzo alla maggese.