A Room of One's Own

Manifestazioni


Non amo le manifestazioni di piazza. Non mi piace il tono, sempre troppo enfatico, e troppo urlato, per sovrastare i rumori di contorno, dei discorsi che vi si tengono. Capisco che siano un utile momento di aggregazione, che creino un senso di appartenenza e di condivisione di idee, e che siano un formidabile strumento  per dimostrare il sostegno popolare ad una causa o la forza dell’avversione a determinati progetti o iniziative, ma non riesco a farmi piacere i toni sempre un po’ demagogici che quasi inevitabilmente usa chi vi parla per esaltare l’entusiasmo dei partecipanti. E questo in generale, è il sentimento che mi ispira ogni manifestazione di piazza. Nel caso della manifestazione di sabato, poi, sentire affermazioni palesemente false accolte da una folla osannante ha ulteriormente aumentato il  senso di fastidiosa irritazione che generalmente provo in queste occasioni. In uno spezzone del discorso  dell’ex presidente del consiglio trasmesso dal tg l’ho sentito dichiarare di   volere una università che fornisce lauree di qualità che aprono le porte al mondo del lavoro. Non ho potuto evitare di chiedermi a chi dunque dobbiamo la situazione attuale, quale emerge da una recente ricerca dell’Isfol, in cui una larga percentuale di laureati che si sono immessi nel mondo del lavoro negli ultimi anni vivono una situazione di precari a vita. Li conosco dunque solo io i laureati che a trent’anni si barcamenano ancora tra uno stage e un contratto a progetto che non si sa ‘se’  e ‘come’ verrà rinnovato alla scadenza? E mi sono chiesta se nessuna delle migliaia di persone presenti nella piazza avesse in famiglia un lavoratore ‘a progetto’ e si sia resa conto della falsità di ciò che stava ascoltando. ‘Tu cosa proporresti?’ mi ha chiesto un amico. Non lo so, le proposte mi aspetto che le faccia chi si presenta chiedendo il mio voto per governare. E mi aspetto che siano proposte sensate e reali, non frasi ad effetto, pronunciate per fare scena.