A Room of One's Own

"Dio é morto, e l'uomo é solo nell'abisso" ?


Vorrei provare a tirare le somme della discussione sviluppata nel post precedente, e lo faccio partendo dal commento di Occhiodivolpe,  approfittando del fatto che almeno per il momento non mi ha proibito di citarlo, sebbene io già in più occasioni mi sia permessa di esporre idee diverse dalle sue: di questo lo ringrazio pubblicamente, poiché discutere con persone che la pensano esattamente come me non é solo poco stimolante, ma proprio impossibile, mancando il motivo stesso della discussione, mentre il fatto di avere idee diverse nulla toglie alla stima e al rispetto che comunque riconosco alle persone. Mi scrive dunque Occhiodivolpe: ”essere laico significa porre le ragioni della propria vita, ...delle proprie azioni non su verità trascendenti , e sulla fedeltà a una promessa di ricompense, ma sulla ricerca di un’etica fondata sulla ragione e sulle responsabilità conseguenti,in cui l’amore, la solidarietà, la pietà, la tolleranza, la giustizia sono doveri e responsabilità civili e umane, senza scappatoie, e senza penitenze, e vere per se medesime, piuttosto che per rivelazione, e appaganti per se stesse e non tanto per un paradiso.”Alla mia obiezione che “ si può accettare la responsabilità etica dell' essere e dell’ agire prescindendo da una trascendenza, come infatti la accetto, e tuttavia essere consapevoli che c'é un confine oltre il quale la mente finora non é riuscita a spingersi e ...ancora non c'è la risposta fondamentale, cosa c'é all'inizio di tutto?”  risponde dicendo: ”E quando ultimo fosse il mistero, e coinvolgesse noi e gli animali insieme, e tanto estremo da non condizionare la responsabilità dei comportamenti individuali e collettivi, a che pro' trovarne una rappresentazione ?  se non solo x consolazione ,esorcismo e fuga dalla nostra morte ?” In altre parole, come dice Lupopezzato “ la fede... è voler dare un continuo alla nostra vita terrena. è voler dire che, a differenza di tutto il resto, l'uomo non finisce... serve a farci accettare il dolore, le disgrazie, i drammi, le paure, la morte. la fede serve a darci una speranza e, laddove anche la speranza finisce, serve a darci una ragione”.A questa visione delle cose sembra fornire una conferma Isabella, che nel suo commento scrive: “...tutte le volte che passeggio lungo l'argine del fiume vicino casa mia, mi sento parte di un qualcosa di grande, sono natura, come l'erba che calpesto ...Quando torno a casa, guardo gl'occhi di mia figlia, li vedo la mia immortalità, qualcosa che rimarrà anche dopo di me”. Personalmente condivido l’intuizione di Isabella, e alla domanda di Occhiodivolpe: “a che pro' trovarne una rappresentazione (del mistero che é all’origine dell’esistenza dell’uomo ) ?” rispondo dicendo che dalla capacità di immaginare una realtà diversa da quella già percepibile con i sensi e spiegabile con le conoscenze tecniche e scientifiche già disponibili sta la molla che ha permesso all’uomo di raggiungere tutta la somma di conoscenze e di conquiste scientifiche, tecniche e intellettuali fino ad ora raggiunte. Secondo il mio parere rinunciare a immaginare l’esistenza di qualcosa al di fuori del percepibile dalla ragione umana, non rende un buon servigio alla causa dell’umanità.