A Room of One's Own

Saba


Trieste, 9 marzo 1883 – Gorizia, 25 agosto 1957
Lo studiai a scuola, ricordo che il professore di Italiano ci aveva diviso in gruppetti, ogni gruppo un autore, al mio gruppo era toccato Saba. Ci trovavamo a casa di una compagna di classe, per studiare, ma in realtà  sarebbe meglio dire per stare insieme, chiacchierare, mangiare dolci, perché poi il lavoro vero ciascuno di noi se lo faceva a casa, e quello era solo il pretesto per darci un tono da ‘studenti’. A turno poi si doveva esporre il lavoro alla classe, e ricordo i risolini ironici di alcuni ragazzi, quando in una poesia paragonava la moglie a diversi animali, e poi ancora di fronte alla poesia che riporto qui sotto. Allora ricordo che rimasi un po’ mortificata dalle battutine che mi arrivavano. Eppure, questi versi mi hanno accompagnato in questi trent’anni, e mi son tornati in mente ogni volta che mi son trovata a vedere la sofferenza, fosse di esseri umani o di animali : “perché il dolore è eterno, ha una voce e non varia”.   Ho parlato a una capra. Era sola sul prato, era legata. Sazia d'erba, bagnata dalla pioggia, belava. Quell'uguale belato era fraterno al mio dolore. Ed io risposi, prima per celia, poi perché il dolore è eterno, ha una voce e non varia. Questa voce sentiva gemere in una capra solitaria. In una capra dal viso semita sentiva querelarsi ogni altro male, ogni altra vita.