A Room of One's Own

Darfur day


Del Darfur ne scrissi già tempo  fa. Avevo  notato in alcuni blog il banner "Italian Blogs for Darfur", e avevo cercato di capire di cosa si trattasse. Internet mi aveva aiutato a trovare notizie, a reperire informazioni con le quali formarmi una opinione. E l’opinione che mi ero fatta era che in quella regione si stesse attuando non una semplice guerra civile, ma una vera e propria pulizia etnica, né più né meno di quelle che in altri tempi con pretesti vari si sono svolte in luoghi come la ex Yugoslavia, o la Turchia, o il Ruanda. Una pulizia etnica che ha ancor più gioco facile, perché trova opportunità di colpire sfruttando aspetti culturali delle popolazioni, come racconta nei suoi post  NeverInMyName: aggredire le donne, anche senza arrivare ad ucciderle, e sarà la loro stessa famiglia a metterle al bando, ad abbandonarle, a lasciarle morire. Facile e destabilizzante, perché mina il fondamento stesso della società, più o meno quello che fecero i Serbi, quando con la violenza mettevano incinte le donne delle popolazioni che volevano espellere. Cambia il palcoscenico, non il dramma che va in scena. Ci pensavo leggendo nei giorni scorsi le notizie del Darfur day che si é svolto a Roma. La situazione si trascina ormai da anni: miliziani  che agiscono con la connivenza del governo del paese imperversano , intere popolazioni di etnia ‘africana’ sono costrette ad abbandonare case e lavoro per rifugiarsi nei campi profughi, mentre il presidente del Sudan, ricevuto  in Italia dal Presidente del Consiglio minimizza il problema, afferma che le vittime non sono le 200.000  dichiarate dalle organizzazioni umanitarie, ma sarebbero a malapena 9000. Novemila vittime, più i rifugiati nei campi profughi, che sono lì da vedere, e che neppure la peggiore malafede potrebbe negare. Fossero anche solo questi i numeri, non ci dormirei serena la notte.  Il presidente Prodi ha assicurato che l’Italia farà la sua parte, e manderà aiuti. E' rimasto da definire il quando e il come questo avverrà, per ora deve bastare la promessa fatta di belle  parole, poi si vedrà. Intanto mentre nel sottosuolo della regione si scoprono insperate riserve di acqua  e qualcuno interpreta questo fatto come una possibilità per arrivare finalmente alla pace, giunge la notizia che elementi arabi vengono insediati nei territori che i profughi hanno lasciato liberi…  questo fatto da solo, se confermato, basterebbe a togliermi ogni residuo dubbio che quello che sta accadendo in Darfur, nonostante l’ipocrisia di chi si vuol nascondere dietro i numeri, sia un genocidio.