A Room of One's Own

Una sentenza


Quando ero bambina, la maestra a scuola insegnava ai maschietti che 'le bambine non vanno picchiate, neanche con un fiore'. A quel tempo non capivo il perché di quella frase, e mi sembrava un po' ridicolo che mi si dovessero usare tanti riguardi. Oggi so che  quell'insegnamento non era fuori luogo. Come dicevamo nel post precedente la stragrande maggioranza delle violenze sulle donne avviene in famiglia,  anche da parte di persone che non ti aspetteresti mai capaci di tali gesti. Ricordo ancora lo sconcerto provato quando, alcuni anni fa, un medico cliente dello studio in cui lavoro ammise che la moglie lo aveva lasciato perché l’aveva picchiata durante un litigio. Scoprii, in seguito, che l’episodio non era stato isolato, ma che già in altre occasioni la donna era finita al pronto soccorso in seguito alle percosse subite. Il tutto avveniva davanti ai due bambini  della coppia , che evidentemente hanno assorbito e interiorizzato tali situazioni e solo il tempo dirà quale conclusioni trarranno da quella esperienza. Una conclusione nel frattempo è però già  stata raggiunta da un tribunale italiano su un caso analogo, e credo che sia , finora, unica nel suo genere. Si tratta di una sentenza di cui hanno dato notizia i giornali dei giorni scorsi, emessa dalla Corte d’Appello dell’Aquila.  Secondo il collegio giudicante commette reato chi educa il figlio secondo un modello «vetero maschilista » nel quale «la donna è strumento di mero piacere e di sfogo sessuale».  “Nella nozione di maltrattamento” si legge nella sentenza, “rientrano non solo le condotte violente e minacciose, ma tutte quelle che rendano  particolarmente dolorose le relazioni familiari, che incidano sul patrimonio morale del minorenne, sul suo equilibrio psicofisico, sul suo sviluppo e sulla formazione della sua  personalità”. Unico rammarico, leggendo la notizia, è che l'imputato abbia evitato la reclusione fino a tre anni poiché il reato è prescritto.