A Room of One's Own

Fratelli d'Italia


L’inizio delle olimpiadi invernali a Torino ha fornito l’occasione all’Italia di essere al centro dell’attenzione, e come sempre quando ci sono cerimonie ufficiali, e momenti di incontro internazionali, ecco che risuonano le note dell’inno nazionale: inconfondibili, e anche coinvolgenti, in prima battuta, le parole del testo:“Fratelli d’Italia, l’Italia s’é desta...” Ma alzi la mano chi sa andare oltre la prima strofa. E accetto scommesse su quanti saprebbero cantare l’inno fino alla fine. Mentre lo ascoltavo, ieri sera, seduta nella cucina di casa, in compagnia di mia sorella e del suo ragazzo, mi sembrava di essere stata catalputata direttamente in quella pagina dei Promessi Sposi, in cui don Abbondio si chiede ‘Carneade, chi era costui?” Ha cominciato il ragazzo di mia sorella a chiedersi ‘ma che vuol dire “dell’elmo di Scipio s’é cinta la testa? chi era ‘sto Scipio?” Non parliamo del verso ‘dov’é la vittoria, le porga la chioma, chè schiava di Roma Iddio la creò” , l’interpretazione del quale é stata che fosse l’Italia ad essere schiava di Roma, e ci si chiedeva il perché. Ma la cosa più spassosa é stato sentire che il ‘balilla’ dal quale i bimbi d’Italia tutti prendono il nome, secondo il mio futuro cognato sia da intendere come un rimando ai ‘balilla’  del periodo fascista (sic!) ... Io non credo che le persone con cui parlavo ieri sera siano dei ritardati mentali, al contrario sono persone di buona cultura, mia sorella s’é laureata l’anno scorso in Scienze della comunicazione e credo che l’ignoranza che hanno manifestato sia significativa di una situazione generalizzata. L’inno nazionale é stato scritto in un’epoca, quella delle guerre d’indipendenza, in cui forse il sentimento collettivo era diverso da quello attuale. I tanti riferimenti agli aneddoti della storia, antica e meno antica, che hanno  fornito l’occasione all’identità nazionale di definirsi in contrapposizione ad altri popoli visti come nemici da combattere ora sono perfino difficilmente compresi. Di tutto l’inno, alla fine si salva solo quell’incipit, quella parola "fratelli”, che immediatamente crea appartenenza, e che a me personalmente richiama un’altro verso, quello di una poesia: "Di che reggimento siete, fratelli?” .