Vivere per amare

L’incontro con la Cananea


L’incontro con la Cananea Altri testi che si riferiscono alla seconda conversione, anche se in maniera indiretta, si trovano soprattutto nel vangelo di Matteo. Il primo di essi, considerato dai manuali della teologia della perfezione cristiana come l’immagine del passaggio dalla prima alla seconda conversione, è l’incontro con la Cananea (cfr. Mt 15,21-28). Il racconto di questo incontro ha una caratteristica molto precisa, che ricorre anche nell’esperienza mistica. Per esempio, nel primo volume dell’epistolario di padre Pio, nelle lettere scritte ai suoi direttori spirituali, dove racconta la sua esperienza della notte oscura, più di una volta egli dice di aver l’impressione che la sua preghiera non solo non fosse udita da Dio, ma che fosse addirittura respinta. Lo stesso dato ricorre in Teresa d’Avila e in Giovanni della Croce. Nell’incontro tra Gesù e la Cananea, la preghiera della donna ha proprio questo aspetto: non solo non è ascoltata da Cristo, ma è respinta. Indubbiamente, questo testo del racconto dell’incontro di Gesù con la Cananea presenta un Gesù decisamente inedito. Quel Gesù che comunemente è aperto alla sofferenza umana, che si commuove e che guarisce tutti quelli che sono tormentati da qualche male, in questo episodio respinge la preghiera della Cananea, non mostra di udirla, utilizza persino delle parole discriminatrici verso di lei. Ma la Cananea continua a gridare, non si scoraggia dinanzi all’esperienza di una preghiera respinta, fino a quando Cristo si ferma e le dice: “O donna, grande è la tua fede” (v. 28), espressione che Egli utilizza solo per il centurione (cfr. Mt 8,10) e mai per gli israeliti, e neppure per i suoi stessi Apostoli. Cosa rappresenta allora per la seconda conversione l’incontro con la Cananea? Rappresenta una fede altamente purificata dall’oscurità interiore. Vale a dire che il nostro atto di fede è ancora imperfetto e infantile, fino a che ad esso si accompagna la consolazione interiore e la sensazione di essere ascoltati da Dio. Solo quando la percezione dell’essere ascoltati e la consolazione connessa alla preghiera scompaiono, la nostra fede riesce a varcare il confine dell’infantilismo e giunge a quel livello eroico dinanzi al quale Cristo stesso esprime il suo compiacimento: “O donna, grande è la tua fede”. I mistici che hanno trattato questo argomento della seconda conversione, concordano su questo punto: Dio conduce la virtù teologale della fede a un livello superiore, togliendo tutti gli appigli sensibili che possano in qualche modo suscitare la sensazione che Dio sia accanto a te e che ti ascolta. Non si arriva alla santità se non passando per questo tunnel in cui effettivamente Dio cancella tutte le sensazioni, mentre rimane soltanto la volontà di amarlo, accanto alla netta percezione di essere da Lui respinti, non accettati, non amati, tagliati fuori dalla sua comunione. In questa condizione interiore di oscurità, la persona raggiunge un livello altissimo di purificazione ed è veramente pronta per entrare nella unione piena, ossia la terza fase del cammino di santità. Tuttavia, prima dell’unione piena, la persona dovrà attraversare ancora un’altra notte oscura. Quando parliamo di “santità” non ci riferiamo quindi né alla prima, né alla seconda conversione, ma al superamento di tutti questi stadi e alla condizione di unione stabile con Dio che non si verifica prima dell’attraversamento di queste grandi purificazioni interiori.