Vivere per amare

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. IN CHE COSA CONSISTE LA SANTITÀ. - La santità è il disprezzo del mondo, l'attaccamento e l'unione con Dio e con Gesù Cristo. E santo colui che si mantiene fedele alle promesse fatte nel santo battesimo. «Che cosa è la santità? domanda il Nazianzeno, e risponde: è lo stare continuamente con Dio. Così Enoch e Noè, camminando con Dio divennero santi (Iamb. XV)». La santità consiste, dice S. Tommaso, nell'essere mondi da peccato, e nel praticare il bene con perseveranza (2a 2ae q. LXXXI, art. 8). «La santità del corpo, dice S. Gregorio, sta nella purezza; la santità dell'anima, nella carità e nell'umiltà» (Moral.). La santità è lo stato al quale si arriva per mezzo del fedele adempimento di tutti i doveri; essa è a dir vero, la pratica di tutte le virtù, perché la santità le suppone e contiene tutte. La santità insomma richiede da noi che rinunziamo all'empietà e ai desideri del secolo, e viviamo nel mondo sobri, giusti e pii (TIT. II, 12). «Io vi scongiuro, o fratelli, per la misericordia di Dio, che offriate i vostri corpi in ostia vivente, santa, accetta a Dio» (Rom. XII, 1). Su queste parole dell'Apostolo così ragiona, S. Giovanni Crisostomo: «Offrite a Dio i vostri corpi, alienateli da voi e trasferiteli nel dominio di Dio; affinché ve ne serviate, non a vostro talento, ma per il culto e l'onore di Dio (Homil. ad pop.)». Offeriteli poi in ostia viva di carità, o secondo la spiegazione di S. Gregorio Papa, in ostia consecrata alla virtù, perché la carne che si abbandona al vizio è morta (Moral.); in ostia santa, cioè separate i vostri corpi, i vostri cuori dalle cose immonde, affinché siano applicati al culto e al servizio di Dio, siano puri e casti; in ostia accetta a Dio, per le buone opere dell'anima e del corpo. S. Paolo fa qui allusione alle qualità che dovevano avere le vittime dell'antica legge. Quindi siccome sotto il ministero di Aronne dovevano essere 1° senza macchia, intere e sane, perciò vuole l’Apostolo che noi siamo ostia vivente. 2° Per l'immolazione la vittima veniva santificata, cosicché era vietato agli impuri di toccarla; similmente, l'Apostolo chiede che noi siamo ostia santa, cioè che per il sacrifizio dell'anima consacriamo il nostro corpo al Signore. 3° Consumata dal fuoco, la vittima era chiamata, ed era in fatti, vittima di soave odore a Dio; così S. Paolo richiede da noi, che siamo ostia accetta a Dio. 4° Si adoprava del sale su la vittima; emblema della sapienza spirituale che devono avere i Santi... « L'altare di questa vittima è il cuore, dice S. Gregorio, nel quale arde il fuoco della compunzione, e consuma la carne (Moral.)». Gesù Cristo ha santificato la sua Chiesa, affinché ella comparisse dinanzi a lui gloriosa, senza macchia, senza ruga, senza neo, fosse santa ed immacolata (Eph. V, 26-27). Tale deve essere la santità del cristiano, il quale deve vivere talmente di Gesù, che possa dire con S. Paolo: Il mio vivere è Gesù Cristo (Philipp. I, 21). «Non sono io che vivo, ma è Gesù Cristo che vive in me» (Gal. II, 20). Per praticare la santità, bisogna adempiere il precetto di S. Pietro: «Siate santi in tutto e dovunque » (1, I, 15). Ha raggiunto la santità colui, che può dire: La povertà è per me un tesoro, la morte un guadagno. «Gli occhi tuoi sono occhi di colomba», dice lo Sposo del Cantico alla Sposa (Cant. I, 14), il che vuol dire, semplici, candidi, pudichi, retti, dolci, amabili, lieti. Ecco gli occhi della santità... 1° L'occhio si fissa su i piedi, affinché tutto il corpo tenda al medesimo scopo; così l'anima santa non mira che a Dio e a lui tende come a suo fine, verso di lui dirige i suoi passi e le sue azioni... 2° Come l'occhio, quando si posa sopra un oggetto ne ritiene l'immagine scolpita su la retina, così l'anima, volgendosi fissamente a Dio, si rende a lui conforme e diviene divina... 3° Come l'occhio guarda direttamente la cosa che vuole vedere, senza servirsi di altri mezzi; così l'anima che vuol fissarsi in Dio, non deve vedere altro che lui; non badare ai suoi personali interessi, all'onore e ad altra cosa qualunque; perché ogni altra cosa impedisce di vedere chiaramente e disturba l'intuizione delle cose divine... 4° Come l'occhio può vedere molti oggetti a un tempo, così l'anima può nelle sue azioni avere molti fini: io voglio, per esempio, pregare, digiunare, studiare, fare elemosina per dare a Dio una soddisfazione per i miei peccati, ed è atto di penitenza; ancora, per piacere a Dio, mio amore, ed è atto di carità; ancora, per onorar Dio, ed è atto di religione; e via dicendo... Il fondamento. della santità consiste nella conformità della volontà e delle opere con la legge eterna che è nella mente di Dio. È giusto, santo e perfetto, colui che regola e conforma i suoi costumi su questa legge. Infatti la santità, dice S. Dionigi, è l'esenzione da ogni macchia; è l'amore di Dio, l'unione con questo essere infinitamente perfetto; più l'uomo allontana e purga l'anima sua dalle creature, più s'innalza verso Dio, più diviene santo (De divin. nom. c. XII). È santo colui la cui volontà e le cui opere sono esattamente conformi alla volontà di Dio perché, formando la volontà di Dio una cosa sola col suo spirito e con la sua intelligenza, è necessariamente ed essenzialmente conforme e rispondente alla legge eterna, per conseguenza essa è la misura e la regola di tutta la santità; e siccome questa conformità in Dio è infinita, perciò infinita ancora ne è la santità. Perciò, in secondo luogo, la santità consiste nell'amore e nell'unione con Dio, che è origine e pienezza della santità. La santità è dunque l'amor di Dio, e pertanto colui che si abbraccia con tutto il cuore a Dio, è puro e santo; e quanto più è fedele a versare e riporre ogni suo affetto in Dio, più diviene di giorno in giorno santo, perché tutti i suoi pensieri, tutta la sua volontà, tutte le sue opere indirizza verso Dio, ed a lui sempre meglio si accosta.