MERCANTEDISTELLE
Amami per sempre Dolcemente io
Mi arrendo a te
Amami per sempre
Niente in vita mia Assomiglia a te. Figlia mia
CHIUSO...♕
Art. 494 Sostituzione di persona Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all'altrui persona, o attribuendo a sé o ad altri un falso nome, o un falso stato, ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici, è punito, se il fatto non costituisce un altro delitto contro la fede pubblica, con la reclusione fino a un anno. Art. 498 Usurpazione di titoli o di onori Chiunque abusivamente porta in pubblico la divisa o i segni distintivi di un ufficio o impiego pubblico, o di un Corpo politico, amministrativo o giudiziario, ovvero di una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione dello Stato, ovvero indossa abusivamente in pubblico l'abito ecclesiastico, è punito con la multa da lire duecentomila a due milioni. Alla stessa pena soggiace chi si arroga dignità o gradi accademici, titoli, decorazioni o altre pubbliche insegne onorifiche, ovvero qualità inerenti ad alcuno degli uffici, impieghi o professioni, indicati nella disposizione precedente. La condanna importa la pubblicazione della sentenza.
L'utilizzo della Rete Internet impone il rispetto dei principi che regolano l'ordine pubblico e la sicurezza sociale.
La Rete non deve essere veicolo di messaggi che incoraggino il compimento di reati e, in particolare, l'incitamento all'uso della violenza e di ogni forma di partecipazione o collaborazione ad attività delinquenziali.
A tutela della libertà morale nonché dell'onore e della reputazione di chi scrive su questo Blog,
si avvisa che sarà cancellato ogni messaggio contenente frasi ed/od espressioni offensive e nell' immediato
sarà richiesta bannatura dell'autore delle stesse, con espressa riserva di rivolgersi alle Forze dell'Ordine
e querelare chiunque incorra nei reati di ingiuria, diffamazione, minacce, molestie e altro,
ai sensi del Codice Penale al fine di far punire tutti i responsabili.
Al tal fine si rammenta che :
- a norma dell'art. 594 C.P. (INGIURIA)
Chiunque offende l'onore o il decoro di una persona presente...
anche con scritti o disegni, diretti alla persona offesa (2' comma)...
è punito con la reclusione fino a sei mesi o con la multa fino a euro 516.
- a norma dell'art. 595 C.P. (DIFFAMAZIONE)
Chiunque, comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione,
è punito con la reclusione fino a un anno o con la multa fino a euro 1.032.
Se l'offesa consiste nell'attribuzione di un fatto determinato,
la pena è della reclusione fino a due anni, ovvero della multa fino a euro 2.065.
Se l'offesa è recata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità
(tale è considerato internet nella percezione normativa consolidatasi), ovvero in atto pubblico,
la pena è della reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a euro 516.
Blogging e diffamazione, responsabilità dell'ammi-nistratore del sito per i commenti dei lettori, in Archivio penale, n. 3, 2013.
Onore e reputazione: necessità di un ritorno alla tipicità dell'oggetto di tutela nell'ingiuria e nella diffamazione, in Cass. Pen., 1994, pag. 2552
Diffamazione a mezzo stampa, satira e internet: profili di responsabilità, in Danno e responsabilità, n. 10, 2005, pag. 1010 ss
- a norma dell'art. 612 C.P. (MINACCIA)
Chiunque minaccia ad altri un ingiusto danno è punito,
a querela della persona offesa con la multa fino a euro 51.
Se la minaccia è grave, o è fatta in uno dei modi indicati nell'articolo 339,
la pena è della reclusione fino a un anno e si procede d'ufficio.
- a norma dell'art. 660 C.P. (MOLESTIA O DISTURBO ALLE PERSONE)
Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono,
per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo
è punito con l'arresto fino a sei mesi o con l'ammenda fino a euro 516.
Segnalazioni - Polizia Postale
www.commissariatodips.it › segnalazioni
E una mattina d'autunno ti sei svegliato scrollandoti di dosso la polvere dei sogni passati.
Coloro che hanno rotto il sentiero dei desideri imperfetti.
E sentivi in bocca la brezza salata, che sapeva di baci assetati.
L'aria fredda filtrava tra i tuoi capelli e con gli occhi chiusi immaginavi quelle labbra che bevevano il sale della tua sete.
E una mattina d'autunno le sensazioni incontrollate scivolano via. Ti scivolano tra le dita cadendo come foglie secche spinte dal vento
E ad occhi chiusi respiri l'aria che ti inonda l'anima e la riempie di quell'aroma che ti ricorda le sue carezze.
E ti senti come una foglia caduta, spinta dal vento che fa vorticare i tuoi sentimenti.
E una mattina d'autunno, i raggi di un sole calante creano riflessi tra gli angoli di una stanza vuota
E i suoi pigri raggi giocano ad illuminare le ombre, mentre si intrufolano danzando sulle lenzuola di un freddo letto.
E una mattina d'autunno, sospiri mentre le sensazioni danzano intorno alla tua anima, disegnando sogni senza svegliarti,
Tra i resti di un naufragio, quello del tuo cuore. Capovolgersi senza speranza prima della tempesta della tua passione. Battaglia di baci e carezze
.
In cui sei sempre sconfitto. Cullato da promesse di fumo, parole che intorpidiscono la tua vigilanza e ti legano con legami invisibili al nulla
E immagini l'aria che fluttua tra le foglie cadute, pagine di un libro incompiuto dal finale incerto. E tu tempesta ribelle dell'autunno della tua vita
E quella mattina dai toni arancioni, come le pagine che cadono dagli alberi prima di essere scritte, ti senti fatto di inchiostro e carta.
E vuoi essere disegnato con linee sottili. Linee che sventolano al vento come una bandiera a mezz'asta. Come il bambù che si modella flessibile alla brezza.
E senti di essere in quell'angolo dove gli orologi non hanno lancette e le carezze sono infinite. Vivere in un orologio senza sabbia.
E quella mattina d'autunno affronti il mondo. Si delinea un sorriso e le linee sottili del tempo sulla tua pelle scompaiono per qualche istante..
Mi trasformo in seme e quel seme in un albero,
e quell'albero in legno e il legno su carta.
E in quel ruolo che sono,
il mio cuore scrive una lettera d'amore su misura per il tuo
e nell'ardore della scrittura,
la carta viene consumata e le sue ceneri sparse nel vento orientale
raggiungono luoghi sconosciuti e persino il tuo balcone,
per testimoniare ciò che provo per te.
Sono poesia senza saperlo
poeta, dice che lo sono,
ma non oso nemmeno essere
perché sento solo [il discorso]
per non conoscerlo
comunque,
umano sono così tanto
per cercarlo
e
scriverlo coraggiosamente
[anche senza sapere come
definirlo]
Poesia? Cosa sarebbe?
Sono solo un'anima fuggitiva
che si
allevia nelle lettere
[e si nasconde a lungo]
Nessun individuo potrà essere sottoposto a interferenze arbitrarie nella sua vita privata,
nella sua famiglia, nella sua casa, nella sua corrispondenza, né a lesione del suo onore
e della sua reputazione.
Ogni individuo ha diritto a essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni.
(Dichiarazione dei diritti dell'uomo. art.12)
ECCOLI
*
Fu attraverso una crepa che non conoscevo, un vuoto non notato dai miei desideri acuti e forti, che la freschezza improvvisamente mi incendiò, lasciandomi vulnerabile e ostaggio di un giro morbido, incantato da una tenerezza rara e imprigionata. Era una deduzione secca che reggeva con pura poesia i cristalli dei miei occhi che erano gonfi e così acclimatati, addormentati da questo aiuto per dormire che il mondo è diventato.
Ogni secondo un tremore, un pulsare coercitivo che mi incatena nelle vibrazioni di un sorriso singolare. È un calore viscerale, che libera le emozioni più rosse, consumando il cuore in un fugace addio, un risveglio che mi acquisita e mi edifica, mi innalza di rabbia; mi ingoia in un'esplosione di pura seduzione. La paura gongola l'orchestra con toni acuti, violando i suoi vestiti con un tocco infantile ma anestetico.
La poesia saliva la sua essenza e decide rime perse e svenute, tra le sfumature che una volta svelavano i miei occhi così dipinti di romanticismo. È il segreto che cancella le scelte e raffredda i gesti in un improvviso sotterfugio, salvando la mia povera anima in rifiuti e schegge dolorose. Mi reinvento, poiché non sento l'aria da queste parti da molto tempo. Fu una lacrima che rese di nuovo fertile il terreno della speranza.
Questi sono gli occhi che fiancheggiano le mie insipide sponde, splendendo un tocco corroborante, deliberando nuovi volti per questo rumore inebriante che spezza le tende di un amore avvolgente, una nuova e goffa tempesta che ruota l'universo che è nascosto dentro di me. Mi perdo in quei secondi in cui il mio corpo parcheggia e visualizza l'ingegneria delle stelle, di questo cielo così allineato al mio.
Sono scintille che attraversano crepe, raggi marroni che colorano le strade grigie in cui il mio corpo, per lungo tempo, ha vagato. Fu un incontro in mezzo al malinteso che risuonò attraverso ogni centimetro della mia anima stanca. Anche se mi ubriaco, reagisco ai miei desideri alla realtà, con l'obiettivo di assorbire questa vibrazione che convulsa completamente il mio cuore. In mezzo a questo silenzio che mi riverbera e mi impiglia, mi addormento. A volte mi ritrovo a desiderare di svegliarmi, perché non so più se vivo.
Si spacca l'amore
E il cielo su noi
Non chiederò perché puoi stare senza me
Non posso spiegare
Un bacio crudele
Non c'è ragione mai
In quello che mi fai
Sei uno sbaglio
Un sorriso
« Poesie inventate | il sostare e il fuggire. » |
Le favole..
Post n°434 pubblicato il 31 Maggio 2020 da ilcorrierediroma
Nei tempi antichi, quando desiderare serviva ancora a qualcosa, c'era un re, le cui figlie erano tutte belle, ma la più giovane era così bella che perfino il sole, che pure ha visto tante cose, sempre si meravigliava, quando le brillava in volto. Vicino al castello del re c'era un gran bosco tenebroso e nel bosco, sotto un vecchio tiglio, c'era una fontana: nelle ore più calde del giorno, la principessina andava nel bosco e sedeva sul ciglio della fresca sorgente; e quando si annoiava, prendeva una palla d'oro, la buttava in alto e la ripigliava; e questo era il suo gioco preferito. Ora avvenne un giorno che la palla d'oro della principessa non ricadde nella manina ch'essa tendeva in alto, ma cadde a terra e rotolò proprio nell'acqua. La principessa la seguì con lo sguardo, ma la palla sparì, e la sorgente era profonda, profonda a perdita d'occhio. Allora la principessa cominciò a piangere, e pianse sempre più forte, e non si poteva proprio consolare. E mentre così piangeva, qualcuno le gridò: - Che hai, principessa? Tu piangi da far pietà ai sassi. Ella si guardò intorno, per vedere donde venisse la voce, e vide un ranocchio, che sporgeva dall'acqua la grossa testa deforme. Ah, sei tu, vecchio sguazzatore! - disse, - piango per la mia palla d'oro, che m'è caduta nella fonte. - Calmati e non piangere, - rispose il ranocchio, - ci penso io; ma che cosa mi darai, se ti ripesco il tuo balocco? - Quello che vuoi, caro ranocchio, - diss'ella, - i miei vestiti, le mie perle e i miei gioielli, magari la mia corona d'oro. Il ranocchio rispose: - Le tue vesti, le perle e i gioielli e la tua corona d'oro io non li voglio: ma se mi vorrai bene, se potrò essere il tuo amico e compagno di giochi, seder con te alla tua tavola, mangiare dal tuo piattino d'oro, bere dal tuo bicchierino, dormire nel tuo lettino: se mi prometti questo; mi tufferò e ti riporterò la palla d'oro. - Ah sì, - diss'ella, - ti prometto tutto quel che vuoi, purché mi riporti la palla. Ma pensava: «Cosa va blaterando questo stupido ranocchio, che sta nell'acqua a gracidare coi suoi simili, e non può essere il compagno di una creatura umana! » Ottenuta la promessa, il ranocchio mise la testa sott'acqua, si tuffò e poco dopo tornò remigando alla superficie; aveva in bocca la palla e la buttò sull'erba. La principessa, piena di gioia aI vedere il suo bel giocattolo, lo prese e corse via. - Aspetta, aspetta! - gridò il ranocchio: - prendimi con te, io non posso correre come fai tu. Ma a che gli giovò gracidare con quanta fiato aveva in gola! La principessa non l'ascoltò, corse a casa e ben presto dimenticò la povera bestia, che dovette rituffarsi nella sua fonte. Il giorno dopo, quando si fu seduta a tavola col re e tutta la corte, mentre mangiava dal suo piattino d'oro - plitsch platsch, plitsch platsch - qualcosa salì balzelloni la scala di marmo, e quando fu in cima bussò alla porta e gridò: - Figlia di re, piccina, aprimi! Ella corse a vedere chi c'era fuori, ma quando aprì si vide davanti il ranocchio. Allora sbatacchiò precipitosamente la porta, e sedette di nuovo a tavola, piena di paura. Il re si accorse che le batteva forte il cuore, e disse: - Di che cosa hai paura, bimba mia? Davanti alla porta c'è forse un gigante che vuol rapirti? - Ah no, - rispose ella, - non è un gigante, ma un brutto ranocchio. - Che cosa vuole da te? - Ah, babbo mio, ieri, mentre giocavo nel bosco vicino alla fonte, la mia palla d'oro cadde nell'acqua. E perché piangevo tanto, il ranocchio me l'ha ripescata; e perché ad ogni costo lo volle, gli promisi che sarebbe diventato il mio compagno; ma non avrei mai pensato che potesse uscire da quell'acqua. Adesso è fuori e vuol venire da me. Intanto si udì bussare per la seconda volta e gridare: - Figlia di re, piccina, aprimi! Non sai più quel che ieri m'hai detto vicino alla fresca fonte? Figlia di re, piccina, aprimi! Allora il re disse: - Quel che hai promesso, devi mantenerlo; va' dunque, e apri -. Ella andò e aprì la porta; il ranocchio entrò e, sempre dietro a lei, saltellò fino alla sua sedia. Lì si fermò e gridò: - Sollevami fino a te. La principessa esitò, ma il re le ordinò di farlo. Appena fu sulla sedia, il ranocchio volle salire sul tavolo e quando fu sul tavolo disse: - Adesso avvicinami il tuo piattino d'oro, perché mangiamo insieme. La principessa obbedì, ma si vedeva benissimo che lo faceva controvoglia. Il ranocchio mangiò con appetito, ma a lei quasi ogni boccone rimaneva in gola. Infine egli disse: - Ho mangiato a sazietà e sono stanco; adesso portami nella tua cameretta e metti in ordine il tuo lettino di seta: andremo a dormire. La principessa si mise a piangere: aveva paura del freddo ranocchio, che non osava toccare e che ora doveva dormire nel suo bel lettino pulito. Ma il re andò in collera e disse: - Non devi disprezzare chi ti ha aiutato nel momento del bisogno. Allora ella prese la bestia con due dita, la portò di sopra e la mise in un angolo. Ma quando fu a letto, il ranocchio venne saltelloni e disse: -Sono stanco, voglio dormir bene come te: tirami su, o lo dico a tuo padre. Allora la principessa andò in collera, lo prese e lo gettò con tutte le sue forze contro la parete: - Adesso starai zitto, brutto ranocchio! Ma quando cadde a terra, non era più un ranocchio: era un principe dai begli occhi ridenti. Per volere del padre, egli era il suo caro compagno e sposo. Le raccontò che era stato stregato da una cattiva maga e nessuno, all'infuori di lei, avrebbe potuto liberarlo. Il giorno dopo sarebbero andati insieme nel suo regno. Poi si addormentarono. La mattina dopo, quando il sole li svegliò, arrivò una carrozza con otto cavalli bianchi, che avevano pennacchi bianchi sul capo e i finimenti d'oro; e dietro c'era il servo del giovane re, il fedele Enrico. Il fedele Enrico si era così afflitto, quando il suo padrone era stato trasformato in ranocchio, che si era fatto mettere tre cerchi di ferro intorno al cuore, perché non gli scoppiasse dall'angoscia. Ma ora la carrozza doveva portare il giovane re nel suo regno; il fedele Enrico vi fece entrare i due giovani, salì dietro ed era pieno di gioia per la liberazione. Quando ebbero fatto un tratto di strada, il principe udì uno schianto, come se dietro a lui qualcosa si fosse rotto. Allora si volse e gridò: - Rico, qui va in pezzi il cocchio! - No, padrone, non è il cocchio, bensì un cerchio del mio cuore, ch'era immerso in gran dolore, quando dentro alla fontana tramutato foste in rana. Per due volte ancora si udì uno schianto durante il viaggio; e ogni volta il principe pensò che il cocchio andasse in pezzi; e invece erano soltanto i cerchi, che saltavano via dal cuore del fedele Enrico, perché il suo padrone era libero e felice.
_Le favole dei fratelli Grimm_
|