L'INGANNO

tredici


Entrarono, Irma lasciò la piccola valigia nella stanzetta dei bambini, si sedettero sul letto come era di abitudine e iniziarono a parlare. Prima furono le informazioni di rito, come stai, come ti trovi, noi tutti bene,  poi i loro occhi si incrociarono e furono parole di rammarico. “ Mi dispiace Flora, avrei voluto tu fossi felice accanto a Nicola, ma lo capisci vero che non è possibile implorare chi non ci vuole?” No, Flora non capiva. Qualcosa le sfuggiva… non capiva esattamente dove, avesse perso il suo Nicola, quando, la sua vita si fosse aggrovigliata e soprattutto non capiva come uscirne. Sì, avrebbe avuto il suo bambino e poi? Dove sarebbe andata? Sarebbe rimasta a casa di Lina, dove già si viveva stretti e si faceva fatica a tirare avanti? O sarebbe tornata a Napoli con la sua creatura da crescere? Ecco, questo non le era chiaro, il futuro, un domani che sarebbe arrivato presto. Irma le poneva domande alle quali non sapeva rispondere, lasciava che il tempo le scorresse addosso, senza riuscire a prendere una decisione, lei stessa era ancora bambina, e si sentiva sola. La sera, tutti riuniti a cena, Flora ebbe un mancamento, la portarono in camera e la fecero sdraiare, pensarono si trattasse di uno svenimento legato alla gravidanza, invece nell’arco di pochi minuti, sopraggiunse una crisi epilettica molto forte. La tennero stretta perché non rotolasse giù dal letto, ora il rischio, oltre che per se stessa, era anche per il bambino. Passata la crisi la portarono in ospedale per un controllo. Venne trattenuta e sottoposta a controlli specifici. Dopo un paio di giorni, scongiurato ogni pericolo, sia per lei che per il bambino, Flora stava preparando la borsa per l’uscita dell’indomani mattina, quando una dottoressa entrò nella sua stanza e con fare autoritario le chiese di ascoltarla. “ Signorina parliamoci chiaro, la sua gravidanza procede bene nonostante i suoi problemi…e non parlo solo di quelli legati alla malattia, ma soprattutto di quelli che verranno dopo. Dopo il parto, una donna nelle sue condizioni fisiche avrà bisogno di più tempo per ristabilirsi, lei necessiterà sicuramente di assistenza e attenzioni… chi si prenderà cura di lei e il bambino? Non è una condizione da sottovalutare, lei è sola, non c’è un marito o un compagno, non ha una madre… non credo che sua sorella, per quanto giovane e disponibile, avrà il tempo necessario per starle accanto come il suo caso richiede. Lo sforzo per il parto la renderà soggetta nei primi mesi, a crisi forti e ravvicinate, e non sarà in grado di prendersi cura del bambino, non è possibile lei ce la faccia da sola”. Flora ascoltava molto attentamente le parole della dottoressa e anche se aveva voglia di piangere, si trattenne e cercò di mostrarsi forte ai suoi occhi. “ Con questo cosa mi vuole dire, ha qualche consiglio da darmi?” La donna sospirò sottintendendo che il consiglio era già palese, ma dato che la ragazza sembrava non averlo recepito cercò di essere più esplicita. “ Penso che lei debba prendere in considerazione il fatto di dare in adozione il bambino. In questo modo gli garantirebbe un futuro meno incerto, avrebbe una vera famiglia che lo ama e lo accudisce come tutti i bambini meritano.  Lei è molto giovane signorina, non credo abbia desiderato questo figlio, è un errore di gioventù che potrebbe costarle molto caro e non solo perché è senza una vera famiglia alle spalle che possa garantirle un sostentamento economico, ma soprattutto perché la sua malattia è molto invalidante per una madre. Provi solo a pensare a cosa potrebbe succedere se lei avesse una crisi mentre ha suo figlio attaccato al seno. Pensi di essere sola in casa, cosa accadrebbe? Il bambino cadrebbe o rischierebbe di essere schiacciato mentre lei ha violente convulsioni. Flora cercò di dire qualcosa ma la dottoressa non le diede spazio e continuò.“ Mi dia retta, ci pensi bene, ci sono tante famiglie che desiderano avere un figlio e non possono, e parlo di famiglie vere, un padre, una madre, un lavoro, una casa e tanto amore incondizionato da dare. E anche il suo sarebbe un gesto d’amore”. La donna girò le spalle e uscì dalla stanza, Flora si lasciò cadere sul letto e finalmente pianse, sentendo tutto lo strazio del suo dolore e l’impotenza più autentica impossessarsi di lei. Giunta a casa si rifugiò nella sua stanza e per la successiva settimana, l’unica cosa che fece fu pensare alle parole della dottoressa. “Un gesto d’amore?”. Dunque quella era l’unica strada per una come lei?