La Loggia di NEO-GEO

Monkey Island


Monkey Island parla a tutti allo stesso modo. I pirati sono delle rock star (dove l’ho già sentita questa?) e Guybrush lo vuole diventare. L’eterna notte di melee island, la festa accogliente e le brutte facce del bar scumm, le lezioni di scherma, gli scontri ad insulti con i pirati di passaggio, gli inseguimenti notturni, la caccia ai tesori stupidi, la maga voodoo, i pirati fantasma, i polli di gomma con la carrucola in mezzo… sono cose che entrano direttamente nel cuore e difficilmente ne escono. Questo gioco parla a tutti allo stesso modo, non è difficile entrarci e seguire la storia, farsi prendere e trascinare da essa. Tutto è molto intuitivo, grazie alla famosa interfaccia a verbi (tale e vecchia Scumm). Una sorta di luna park infinito. Giocare ad essere e a diventare rock star di ogni tempo (un tempo indefinito, una sorta di moderna era piratesca), sapere la composizione del Grog, comprare una nave usata di seconda mano, e reclutare un gruppo di pirati strambi. Salpare viaggiare e arrivare alla mitica isola delle scimmie. Scoprirla e capirla. Il tutto con il tassativo divertimento che impregna ogni cosa, ogni singola battuta scritta ogni singolo oggetto raccolto, ogni singolo personaggio incontrato. Segna un passaggio questo gioco. Il decisivo e definitivo passaggio dalla avventura testuale a quella grafica, con un carisma fuori dalla media, con un modo di porsi che è già leggende e che presto verrà più volte imitato inutilmente. Ogni singola azione è motivo di iralità e apparentemente priva di senso. Il senso si costruisce andando avanti e si rivela sempre di più un non-senso. Cosa significa usare una testa mozzata come bussola? Perché una nave può essere condotta anche solo da scimmie ammaestrate? Perché un tipo travestito da troll dovrebbe chiedere il pedaggio ad un ponte? Il senso ci sfugge da sotto il naso, ma è proprio questo che ci diverte. Uno straordinario sogno. Un sogno così pieno di dettagli da sembrare vero e tangibile. E’ quasi affetto quello che sviluppiamo nei confronti del timido Guybrush mentre ci identifichiamo in lui. Mentre suggeriamo quello da fargli dire, le sue impressioni quello che prova e che sente. Suggerire ma non comandare. Perché alla fin fine nelle avventure grafiche non si comanda un personaggio ma gli ci suggerisce cosa fare. Lui può anche rifiutarsi, spiegandoci che è impossibile, che qualcosa gli impedisce di realizzarlo, o che semplicemente non lo vuole fare perché non gli va! Possiamo ordinagli tutto ma lui farà solo quello che servirà, perché è lui che è dentro quel mondo, è lui che ci agisce non noi. E’ difficile spiegare a chi non ci ha mai giocato, perché sia bello Monkey Island. Il modo migliore per farlo capire e farci giocare.