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la Notte (fino all'alba)

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Blow Up (cosa sto guardando?)

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Le conseguenze dell'amore (cambierò mai me stesso?)

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Dark Passage (sono io che sto guardando?)

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Collateral (ma siamo diversi io e te?)

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Milano Calibro 9 (mi ridefinisco radicalmente)

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Dillinger è Morto (la mia vità è nulla, non ha senso, è completamente svuotata)
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Creato da: NEO_GEO il 01/11/2005
pensieri sparsi su videogiochi e vita

 

 

Osu! Tatakae! Ouendan!

Post n°119 pubblicato il 30 Settembre 2006 da NEO_GEO
 

Tutto lo spirito goliardico, canzonatorio e ironico tipico dell’umorismo giapponese,immagine è rinchiuso in questo piccolo capolavoro! Un Rhythm game per DS. Gli Ouendan sono una sorta di Cheer Leader, dei ballerini che con le loro mosse riescono a dare, a chi li invoca, la forza di volontà necessaria a compiere qualsiasi impresa. Che sia rilanciare un fastfood, studiare la notte prima degli esami, salvare il mondo da un invasione aliena, tornare dall’aldilà, vincere una partita di palla avvelenata o resistere ad un attacco di diarrea in metropolitana non importa. Chi si trova in difficoltà, per qualsiasi ragione, può invocare a squarciagola gli Ouendan per avere il loro sostegno. Noi siamo gli Ouendan e abbiamo il compito di eseguire i balletti più strani, nelle situazioni più bizzarre. Il gioco è semplice: Nello schermo superiore si svolge la storiella del personaggio che dobbiamo aiutare, mentre in quello inferiore ci sono gli Ouendan. Sempre in questo schermo basso, compaiono delle sequenze di cerchietti colorati e numerati, e noi non dobbiamo fare altro che toccare questi cerchi nell’ordine stabilito e soprattutto seguendo il ritmo delle canzoncine incalzanti e travolgenti che accompagnano le vicende. Se eseguiamo un buon operato le storielle avranno risvolti positivi (ad esempio il ragazzo che studia per gli esami si impegna al massimo e riesce a ottenere buoni voti), se invece sbagliamo troppi “passaggi” consumeremo una barra di energia che farà prendere delle brutte pieghe alla vicenda (il ragazzo si addormenterà sui libri di scuola non riuscendo a studiare per il giorno dopo). Nell’eventualità che la barra di energia si svuoti del tutto, allora apparirà la classica scritta di GameOver e dovremo ripetere la performance da capo. Le storie sono raccontante con un taglio che si avvicina molto ai manga, quindi vignette piene di colori e fumetti, con uno stile umoristico tipicamente giapponese! Il comparto sonoro è davvero eccellente, anche se l’impianto sonoro del DS non rende giustizia alle canzoni davvero curate e soprattutto travolgenti del gioco. Personalmente trovo questo gioco molto rilassante, e soprattutto lo considero un vero e proprio antistress, visto che le canzonice e le situazioni assurde mettono sempre di buon umore. Da segnalare come episodi più belli: La segretaria che deve fare colpo sullo squallido capo di cui è segretamente innamorata, il violinista preda di un violento attacco di diarrea in metropolitana, Cleopatra che deve dimagrire per il ritorno di Giulio Cesare in Egitto, e il fantasma che torna dalla sua amata dall’aldilà per confessarle il suo amore.
Imperdibile!

 
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Sono l'operatore del minìcalkulatore! 

Post n°118 pubblicato il 16 Settembre 2006 da NEO_GEO
 
Foto di NEO_GEO

Visto che ultimamente ho parlato di video, volgio segnalare a tutti i fan dei kraftwerk questa piccola chicca

 
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Cyborg dispersi nel Post Modernismo

Post n°117 pubblicato il 13 Settembre 2006 da NEO_GEO
 

Ieri sera mi sono auto programmato una retrospettiva di videoclip musicali storici. Partendo da Sledge Hammer di Peter Gabriel, ho passato in rassegna Blu Monday dei New Order, We Are the Robot, ShowRoom Dummies dei Kraftwerk, Fuori dal Tempo dei blu vertigo e in fine Rydeen e technopolis dei Yellow Magic Orchestra. Un curioso viaggio tra qualche perla della musica elettronica degli scorsi decenni. Il tutto mi ha ispirato una piccola riflessione sulla cultura post moderna nella quale viviamo tuttora. La frammentarietà di questi video, la fusione tra uomo e macchina (tema caro ai kraftwerk raccolto e portato avanti dai miei miti Daft Punk) sono cose ormai entrate nella nostra vita quotidiana e non ce ne rendiamo nemmeno conto! Per quanto riguarda la fusione uomo-macchina, posso dire che, venti anni fa, le apparecchiature elettroniche erano una novità, di conseguenza sembrava normale che qualcuno si preoccupasse della trasformazione dell’uomo in cyborg. Oggi invece è un dato evidente, quasi scontato. In questo periodo ci stiamo trasformando in cyborg e non ce ne rendiamo nemmeno conto. Telefonini, palmari, lettori mp3, navigatori satellitari, console da gioco portatili, per non contare le apparecchiature domestiche come il computer (dai mille e più usi indispensabili tra i quali Internet), lettori DVD, stereo, televisori decoder, ecc… siamo sempre più carichi e sommersi dalla tecnologia. Non che io veda tutto ciò necessariamente come un male, anzi mi piace guardare questa situazione con occhio distaccato (anche se pure io ci sono dentro fino al midollo). Io stesso mi sancisco a uomo-macchina usando quasi sempre lo stesso avatar robot, evidenziando questo inscindibile legame tra la mia identità virtuale e la tecnologia permette di realizzarla.
Per quanto riguarda la frammentazione dei video, posso dire che la nostra percezione rispetto a testi di questo genere è orami del tutto naturale. Provare a pensare anche solo ai telefilm. Vent’anni fa le singole puntate delle serie erano molto più semplici: esisteva una storia sola, con sempre gli stessi protagonisti, e seguirle non era molto semplice. Oggi provate a prendere una puntata di Lost, o dei Sopranos e guardate invece quante trame diverse vengono portate avanti. Per ogni puntata stiamo dietro a dieci storie diverse, e il fatto che le inquadrature saltellino da un personaggio all’altro, da una storia ad un’altra, non ci da nessun fastidio! Ormai siamo così allenati da anni di cinema e televisione che frammentano le storie, che non proviamo nessuna fatica a seguire dieci trame contemporaneamente invece che una sola, come nei vecchi telefilm. E così succede per tutti i media: televisione, Internet, film, ecc… ormai siamo abituati ad leggerli ed ad osservarli a pezzettini, magari saltellando dall’uno all’altro facendo collegamenti tra di loro. In Tv vedo una notizia che mi interessa e tac! Vado subito su Internet ad approfondirla. Contemporaneamente mi viene in mente che potrei anche prenotare quel viaggio che dovevo fare con la mia ragazza. Vado sulla pagina prenoto e in tanto vedo un banner che pubblicizza il seguito di spiderman. Questa pubblicità mi fa venire in mente qualche scena del vecchio film che mi piacerebbe rivedere. adesso che ho ancora cinque minuti liberi metto su il DVD e mi guardo le scene Ecc….

 
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grandi fratelli

Post n°116 pubblicato il 13 Settembre 2006 da NEO_GEO
 
Foto di NEO_GEO

Voi sapete che cos’è il grande fratello? Non mi riferisco alla popolare trasmissione che infesta la tv da diversi anni. Parlo del grande fratello originale, quello che è stato immaginato da Orwell nel suo romanzo “1984”. In realtà che cos’è il grande fratello? Uno spione? Un dittatore? Una metafora del potere? Io non penso a nessuna di queste possibilità. O per meglio dire; penso anche che queste ipotesi possano essere giuste, ma solo in parte. Il Grande Fratello è un ideale. Non esiste materialmente, il suo è solo un nome, le persone che operano per lui non si chiedono il perché, e non vogliono soldi, lo fanno perché lo amano. Il potere dell’informazione non basta, è il potere dell’amore che da tutto. Se tutti si convincono ad amare un ideale, non c’è moneta che riesca a cambiare loro idea. Il grande fratello (o chi lavora in suo nome) non schiaccia gli avversari, gli fa innamorare di se. Il Grande Fratello è un prodotto della civiltà occidentale, un’ancora di salvezza, una figura che la stessa civiltà capitalistica e consumistica, ritorta su se stessa, inventa per non rischiare il collasso, per non franare su se stessa. Facendo così però cambia, muta e diventa qualcosa di peggio. Cosa c’è di simile in tutto ciò rispetto alla nostra realtà di tutti i giorni? La nostra Civiltà Consumistica dove ci può portare? Reggerà fino alla fine o collasserà prima? Non possiamo produrre e consumare per sempre

 
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Post N° 115

Post n°115 pubblicato il 10 Settembre 2006 da NEO_GEO
 
Foto di NEO_GEO

Sono tornato dalla mostra del cinema di Venezia ieri. A parte gli esempi di disastrosa organizzazione del festival ( gli accrediti verdi che valevano meno dei biglietti del pubblico, i coupon gratis dei film distribuiti alla cazzo, ecc…) , mi sono divertito parecchio. Rispetto agli anni scorsi però devo dire di non avere visto un film che mi abbia colpito nel profondo del cuore. Alla 61a ero rimasto folgorato da “Misterious Skin” di Araki, mentre nella 62a ero rimasto molto colpito da “la Vita segreta delle parole”. Quest’anno ho visto bei film, ma nessuno così incisivo. Il dramma più grosso è stato comunque quello di non essere riuscito a vedere “Inland Empire”, l’attesissimo film di David Lynch! Peccato! Mi in ogni caso sono consolato vedendo arrivare al lido lui, Laura Dern e Jeremy Irons!



Alcuni film che ho visto:

“COURTHOUSE ON THE HORSEBACK”
Un bel film cinese che parla di un terzetto di “giudici ambulanti” che a dorso di mulo girano per i vari paesini montani delle montagne cinesi improvvisano piccole udienze per risolvere i problemi giudiziari. Molto bello come soggetto, i tre giudici devono di volta in volta tentare di mediare le leggi del governo con quelle di ogni singolo villaggio. Una sorta di scontro tra civiltà e tradizione dove il giudice più anziano e saggio tenta sempre di mediare e trovare compromessi, mentre il giovane e inesperto, non capendo l’importanza della legge, si ostina a rimanere nella sua “mentalità moderna”. Divertente anche se nel cinema cinese il passaggio tra “commedia” e “tragedia” può essere molto immediato e shockante!



“THE AMAZING LIVES OF THE FAST FOOD GRIFTERS”
Fil giapponese fuori di testa. Una via di mezzo tra il documentario e il film d’animazione. Realizzato totalmente in pixillation renderrizzata a computer, racconta la storia dello sviluppo dei fast food in giappone a partire dalla seconada guerra mondiale, e lo fa attraverso le storie dei così detti “Fast Food Grifters” (personaggi leggendari e stravaganti legati al mondo del trashfood). Ho fatto molta fatica a seguirlo, infatti il film era in giapponese con sottotitoli in inglese e come se non bastasse, i discorsi e le storie affrontate avevano delle implicazioni filosofico/poetiche che rendeva tutto ancora più complicato. Uno dei film più strani e strampalati che abbia mai visto!

Un veloce link al sito ufficiale per darvi un’idea!

http://www.tachiguishi.com/top.html



“SUMMER LOVE” Western polacco, ambientato in polonia con attori polacchi (che parlano in inglese) e con guest star Val Kimmer che interpreta la parte di un morto (cio è che sta immobile per terra per tutta la durata del film).
Fantastico! Un po’ truculento, ma trasporta la tradizione del cinema polacco in una ambientazione western decadente (che ricorda alla lontana il mondo Jarmuschiano di Dead men). Non per tutti i gusti forse.
Davvero belle le varie soggettive del morto che assiste a tutta la vicenda!



--



“ DEVIL WEARS PRADA”
Dal regista di “sex and the city” non ci si poteva che aspettare un film del genere. Bello, (la Streep è bravissima nel ruolo di una asettica e glaciale regina della moda, e Tucci è bravissimo ad evitare la solita macchietta Gay) è un buon film Hollywoodiano, non un capolavoro ma molto gradevole e costruito molto bene. Si preannunciava come un ritratto al vetriolo del mondo della moda, ma alla fine la critica rimane molto meno corrosiva di quanto non ci si aspettasse. Alla fin fine si ha sempre la brutta sensazione che il film voglia comunque restituire la solita morale.



“QUEI LORO INCONTRI”
Film per certi versi atroce ed estremo. Nel senso che non è un film per il grande pubblico. Registe francesi, hanno fatto recitare a dei non attori italiani brani tratti dai “Dialoghi con Leucò ” di Cersare Pavese, in ambienti bucolici. Molto teatrale come impostazione, anche se l’uso del montaggio e della luce sono strumenti prettamente cinematografici. Il pubblico si è lamentato perché lo trovava insopportabile (i non attori leggevano male le battute, come se non capissero o non riuscissero a dare un senso a quello che dicevano) anche io all’inizio mi sentivo male, ma dopo un po’ ci ho preso gusto nel guardarlo!



“NUE PROPRIÉTÉ”
Ottimo film, ma nulla di eclatante. Il cast è molto affiatato e tutti gli attori hanno dato delle performance ottime. La storia del dramma famigliare è molto attuale.

“ EUPHORIA”
Film russo che parte molto bene (con delle inquadrature fantastiche), ma poi si scade nella depressione e nella noia. Personalmente ci ho visto dei richiami con Antonioni, ma si sa… io sono malato….

continua....

 
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Post N° 114

Post n°114 pubblicato il 05 Settembre 2006 da NEO_GEO
 
Foto di NEO_GEO

… Era l’alba e i suonatori della festa continuavano imperterriti a suonare, come se avessero paura che il sole non sarebbe sorto senza tutto il loro Jazzare. Io ero sul prato, seduto sulle mie ginocchia, la tua lettera aperta nelle mani. La festa era ormai finita, e io, come sempre, ero rimasto tristemente solo. C’erano le tue parole sotto i miei occhi, quelle parole che tu scrivevi sempre come se le stessi urlando in pubblico, con quel carattere tondo e maiuscolo, quello di una bambina che scrive una poesia al suo papa. Li fuori il sole tardava e io iniziai ad aver freddo, solo le tue parole su quel pezzo di carta mi facevano sorridere. Con le lacrime agli occhi ripiegai il foglio e me lo infilai nella tasca della giacca, all’altezza del cuore. Guardai il sole fare capolino dall’orizzonte sterminato e vuoto del prato. Sorridevo ancora e una lacrima mi scivolò in bocca. Il suo sapore era salato, salato come acqua di mare, ma non importava più niente. non mi importava più niente di nessuna cosa. Non ero più solo…

 
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Da Pulp Fitcion a Slevin. La frammentazione

Post n°113 pubblicato il 03 Settembre 2006 da NEO_GEO
 

Tra pochi giorni parto per Venezia! Il Festival mi attende!

Comunque, tornando sul discorso dei dettagli: Si è creata una tendenza particolare nel cinema post moderno dopo l’avvento del gia citato “Pulp Fiction”. La cosi detta “frammentazione del racconto”. La storia del film non viene più presentata come qualcosa di unitario, ma viene spezzata in tantissimi frammenti alle volte scombinati, senza un ordine trasparente. In “Pulp fiction” questa frammentazione è portata all’estremo, tanto che lo stesso racconto non solo perde unità, ma si dissolve nel nulla senza lasciare traccia. La trama di “Pulp Fiction” non esiste, abbiamo solo una serie di frammenti che non vengono unificati da un elemento comune, non c’è un filo che li lega assieme, quel personaggio leggero che è Marsellus Wallace. Ma se notiamo bene anche lui non è un personaggio tanto diverso dagli altri, sono messi tutti sullo stesso piano, nessuno possiede una statura maggiore. Tutte le storie sono paritarie e quasi scollegate, neanche la linea temporale è rispettata.
Possiamo prendere molti film come eredi di questa “frammentazione”(anche se mai così radicali come il film di Tarantino). “Snatch” e “Lock & Stock” (Guy Ritchie) ci presentano anche loro una moltitudine di trame, personaggi, e racconti diversi che sembrano non avere un collegamento tra di loro, ma verso la fine del film tutti questi episodi (destini) diversi convergeranno in un’unica risoluzione finale. “21 Grammi”(Alejandro González Iñárritu) invece disorienta lo spettatore, proponendo anche lui una serie di storie e personaggi differenti che all’inizio sembrano completamente scollegati tra di loro, presentati addirittura senza un ordine cronologico, lasciando allo spettatore il compito di ricostruire tutta la vicenda per poterla capire affondo, come se fosse un puzzle da comporre. Per finire cito il recentissimo “Slevin: Patto criminale” (Paul McGuigan) che consiglio a tutti di vedere. Anche “Slevin” disorienta lo spettatore, presentando una moltitudine di eventi che sembrano così scollegati tra di loro che si ha quasi l’impressione di assistere a due film diversi. Per due terzi del film pensiamo di assistere ad una determinata storia, ma ecco che nell’ultimo terzo tutto si ribalta e ci viene spiegato davanti agli occhi. Tutti i frammenti disordinati che abbiamo visto, si compongo e prendono un loro posto nella storia, che finalmente si fa molto più chiara.
Questa è quella che si chiama “frammentazione del racconto”, e molti film ne fanno uso oggi giorno. “Pulp Fiction” rimane un esempio estremo rispetto a quelli che ho citato, perché i frammenti non convergono da nessuna parte (negli altri film il finale gli unifica tutti), anzi si muovono in direzioni diverse e si perdono nel nulla.

 
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I dettagli

Post n°112 pubblicato il 01 Settembre 2006 da NEO_GEO
 

Come sostiene il buon vecchio Tarantino, “sono i dettagli a rendere una storia credibile” (Attenzione a non confondere “credibile” Con “verosimile”). E lo dimostra farcendo i suoi film di dettagli. Lo stesso Pulp Fiction è un insieme di dettagli senza una trama principale: osserviamo un mucchio di storie alla rifusa senza sapere se una di esse è più importante delle altre. Una delle prime inquadrature del film ce lo rende chiaro: Mettere un fugace primo piano di una cameriera nell’incipit del film ci preannuncia già che quello che stiamo vedendo non è che un appendice, una distrazione, un guardare da un’altra parte per distoglierci dal centro dei fatti (come la mossa “Kansas City”, per chi ha visto Slevin).
Se guardiamo il mondo dei videogiochi, possiamo notare che il simpatico Ron Gilbert (Monkey Island) ci dice la stessa cosa. Per rendere un mondo virtuale credibile (come quello dei pirati dei Caraibi) si usano i dettagli. Fare interagire, far osservare oggetti, siparietti, storielle che non centrano nulla con la storia principale, riempire il gioco di vie e viuzze ceche che non portano da nessuna parte ma fanno divertire e appassionano, ci distolgono dall’essenziale per un po’ e ci danno la sensazione di essere liberi di muoverci per questo mondo virtuale. Rende tutto più vivo. Ci fa guardare da un’altra parte per non farci accorgere che quello che abbiamo davanti è un mondo finto. Se la prendiamo così allora il corrispondente di Pulp Fiction nei videogiochi potrebbe (e dico potrebbe) essere Fahrenheit . Un gioco fatto di dettagli, dove la libertà d’azione non è nient’altro che una purissima illusione. In realtà in tutti i videogiochi persiste questa illusione, ma in Fahrenheit è ancora più potente. In realtà Fahrenheit è linearissimo, ma tutti i dettagli presenti ci fanno “guardare da un’altra parte”, pensiamo di stare cambiando la storia sullo schermo, ma in realtà questa seguirà sempre lo stesso percorso. Solo il finale ci darà una vera scelta.

 
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Electroplankton: Hanenbow

Post n°111 pubblicato il 26 Luglio 2006 da NEO_GEO
 


Uno dei miei preferiti. Atmosfera verde. Gli Hanenbow producono rumore quando si scontrano con qualsiasi superficie. In questo caso abbiamo le foglie. Una proietta gli Hanenbow, le altre producono rumori quando vengono colpite da loro. Noi possiamo interagire spostando le foglie, quindi creando rimbalzi e percorsi sonori per gli Hanenbow. I plancton vengono proiettati con frequenza regolare, che noi possiamo comunque alterare, rallentandola o rendendola più veloce.


 Le foglie da prima sono verdi e producono un rumore simile a uno xilofono, se vengono colpite con molta frequenza però si trasformano in rosse e producono un ancor più rilassante rumore di arpa. Provate a far diventare tutte le foglie della pianta rosse e vedrete una piccola sorpresa.

 
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Electroplankton: Tracy

Post n°110 pubblicato il 26 Luglio 2006 da NEO_GEO
 


Il più “casinaro” dei plancton. Sullo schermo possiamo disegnare i loro percorsi e loro si muovono seguendo le nostre tracce all’infinito creando scale d musicali di vari strumenti.
L’intensità e il tono dei suoni dipende da come e dove disegniamo le tracce sullo schermo. Consiglio di creare dei primordiali ma affascinanti disegni, in modo che si sposino bene con la frenesia dei loro movimenti.

 
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Electroplankton

Post n°109 pubblicato il 24 Luglio 2006 da NEO_GEO
 
Foto di NEO_GEO

Non è propriamente un videogioco, è un videogiocattolo. Un videogiocattolo musicale. Non esiste un gameplay (almeno non in senso tradizionale), non esiste uno scopo preciso. L’unico scopo che ci si può trovare è quello di dover creare combinazioni di Luci, immagini e suoni. Electroplankton è questo. Luci e suoni e con questi noi dobbiamo creare un’armonia. Ci sono state serate che ho passato in camera mia, al buio, steso sul letto, con le finestre aperte, il DS in mano e le cuffie nelle orecchie. Trascorrevo interi minuti a guardare e creare le mie armonie e rimanerne estasiato, come ipnotizzato quasi. Trance musicale elettronica. Certo Electrroplankton non è un capolavoro assoluto, anzi non è neppure un gioco, potrebbe anche annoiare dopo pochi minuti, tutto dipende dalla propria disponibilità d’animo e dalla propria fantasia.

 
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Post N° 108

Post n°108 pubblicato il 24 Luglio 2006 da NEO_GEO
 
Foto di NEO_GEO

I pini marittimi, mi ricordano il passato, l’infanzia, il mare distante ma comunque percettibile nel suono delle sue onde portato dal vento. I pini, il sole, il cielo blu, il mare lontano, qualcosa di eterno, perenne, immortale che rimane nella mia mente. Il rumore delle cicale, le pigne che giocano a nascondino tra i rami … come un’immagine che salta fuori dalla mia memoria anche se non l’ho vissuta interamente. O meglio; rimane più una summa di ricordi diversi, un ricordo non di un evento, ma di un’atmosfera che respiravo, eterea ma allo stesso tempo forte nel mio animo. Un’atmosfera di pace, di serenità. Ma quella serenità non torna. Oggi sono da solo con il sole che mi aspetta ma senza una meta che mi guidi.

Mi viene da pensare a qualche mese fa. Esistono ricordi di momenti tranquilli e felici della propria infanzia così intensi da sembrare la stessa ragione per la quale siamo venuti al mondo: la mamma che mi mette nel sellino della bicicletta, la merenda che mi preparava con tanto amore, e io che la mangiavo di gusto, il sole tra i pini, il tramonto di una sera estiva in montagna passato a giocare nel giardino con un’altra bambina, ………. cose che non ritorneranno più. Come questi ricordi, mi ritorna in mente quando, pochi mesi fa, aspettavo Barbara che arrivasse in treno alla stazione. Non esisteva altro, non esistevano problemi, dubbi, incertezze…c’era solo l’attesa. L’attesa di una persona cara, del suo amore, del suo affetto, la sicurezza di poterla abbracciare di li a poco e di potere immergersi nel sole primaverile con lei tenendole la mano. Sono questi i momenti, che a pensarci bene, danno un senso alla tua vita, da soli sembrano giustificare la nostra nascita. Erano felici, momenti di pura felicità. Forse la felicità è tutto quello che la vita ha da offrirci, sembra un concetto banale, ma scoprirlo non lo è affatto.
L’unica cosa è che questi momenti, non tornano più, Non torneranno più. Una volta vissuti, non tornano più.

 
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Giochi Politici I

Post n°107 pubblicato il 19 Luglio 2006 da NEO_GEO
 
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Bad Day L.A. molto probabilmente sarà uno dei giochi più interessanti degli ultimi anni (ho detto “interessanti” non “belli”). Non sono molti i giochi smaccatamente politici con contenuti orientati alla pesante critica di una società occidentale come quella degli stati uniti. L’unico esempio che mi viene in mente adesso è Sam & Max Hit the Road. Bad Day L.A. però si propone come un gioco ancora più irriverente e corrosivo della simpatica vecchia avventura firmata Lucas. Ameircan McGee sembra avere superato se stesso questa volta.
Una normale giornata a Los Angeles si trasforma in un puro inferno: Un attacco terroristico batteriologico, un immenso terremoto e uno Tsunami tutti nello stesso giorno. Una summa di tutte le paure che impregnano la società americana e quella occidentale in generale. Un’apocalisse che minaccia di far perdere tutto il benessere che un paese come gli U.S.A. ha accumulato senza troppo pensare alle conseguenze dell’inquinamento o del rispetto di altre civiltà oltre la sua. Tutti impazziscono. Il giocatore interpreta il ruolo dell’unica persona di L.A. che non perde la calma e riesce a rimanere “normale”, un Homeless. Un Barbone che non impazzisce perché è l’unica persona che non ha nessun bene materiale da perdere in una catastrofe, non ha mai posseduto nulla e quindi non corre rischi se non quello di rimetterci le penne. Il povero Homeless di colore (che si chiama Anthony) dovrà quindi salvare la pellaccia ed aiutare tutte le persone in crisi che troverà sulla sua strada, oltre che combattere orde di terroristi, Zombie ciccioni che vomitano Hamburger, avvocati che professano la loro religione contro il p2p, e quant’altro.

Gioco dalle tematiche coraggiose non c’è dubbio.
Lo aspettiamo per l’autunno 2006!

 
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Adoro Rai 3

Post n°106 pubblicato il 19 Luglio 2006 da NEO_GEO
 
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Adoro Rai 3.
Fino a qualche tempo fa, un riflesso condizionato mi portava sempre a schiacciare il tasto 6 sul telecomando per accendere la tv. Un abitudine presa da bambino, quando era ancora teledipendente, perché sul canale 6 c’è Italia 1, il canale di noi gggiovani (con tre g). E’ ormai da tempo che odio Italia 1 (come odio più o meno tutte le reti Mediaset), nonostante ciò il mio riflesso condizionato mi ha sempre portato ad accendere la tv sul canale 6 per gggiovani. Ho notato come invece in questi giorni la mia abitudine sia mutata, e il tasto che scelgo per l’accensione dell’apparecchio sia diventato il 3. Ammetto che ultimamente non guardo mai la tv. La guardo solo la mattina quando faccio colazione (tardi rispetto a quando mi sveglio), alcune volte la sera prima di cenare (Blob o il telegiornale di la 7 oppure 8½ con Ferrara) e qualche volta di notte quando Ghezzi mette qualche film interessante (fuori orario), ma escluso il primo caso le altre non sono abitudini ferree. Il motivo per il quale la mattina metto sul 3 è perché negli ultimi mesi questa rete ha avuto l’ottima idea di trasmettere ogni mattina un film italiano. Film italiani che vanno dagli anni 40 ai 60, (i periodi più floridi per il nostro cinema) in bianco e nero. Non ci sono tutti capolavori, ma ognuno di loro, oggi, costituisce una perla, un ricordo, che è meglio che non vada perso. Adoro Rai 3 per questo. La nostra cinematografia in passato è stata una delle più importanti del mondo, la stessa Hoollywood attingeva da noi ispirazione e nutriva ammirazione. Ripeto che non tutto quello che è stato prodotto in quegli anni è da considerarsi capolavoro, ma ogni singolo film oltre ad avere un valore culturale come opera d’arte, costituisce un documento. Un documento su come eravamo, su cos’era il nostro paese, su cosa abbiamo passato, forse addirittura un termine di paragone su come siamo oggi. Probabilmente dico delle banalità, ma temo sempre che questa coscienza sparisca dai nostri cuori oggi giorno.

Il cinema italiano oggi è in crisi. Lo sanno anche i sassi ormai, E’ in crisi da quasi trentanni. Dopo aver dominato negli anni 50 e 60, ha subito un declino già dai primi anni 70. Film di genere che oggi nessuno ricorda (tranne i filo Taranriniani e un po’ per questo bisogna ringraziarlo Quentin), capolavori che pochi dei nostri giovani ricorda (andate a chiedere in giro chi si ha mai visto 8 ½ di Fellini, pochi risponderanno positivamente) ecc….
Oggi il Cinema italiano agonizza più che mai, le uniche cose che si producono in Italia son le Fiction per la tv. Per carità, sempre meglio che niente, ma in Italia sono solo le televisioni che producono nel campo della cinematografia, cosa che riduce i film cinematografici ad prodotti televisivi.
La colpa di chi è? Un po’ di Hoollywood che è stata sleale nei nostri confronti, un po’ (ma per me è “soprattutto”) colpa nostra. Nostra di noi spettatori che andiamo al cinema e non caghiamo minimamente i film italiani odierni. Penso che sia necessario dare una chance in più ai nostri film, alla fine non sono poi così brutti e noiosi come li si dipinge. A natale ci sono gli incassi stratosferici di Aldo Giovanni e Giacomo e Desica/Boldi (oddio, da adesso neanche loro!), finiti quelli il cinema italiano non incassa più un centesimo. I film di Neri Parenti/Vanzina possono anche essere delle schifezze immonde, alle volte anche inquadrabili, ma il fatto che esistano, e che portino nelle casse del nostro cinema un po’ di soldi, è solo una cosa positiva.

Insomma io sento il bisogno che il cinema italiano vada riscoperto e rivalutato in toto. Se iniziamo ad informarci, a scartabellare un po’ di archivi, a fidarci un po’ di più dei film prodotti in italiani quando entriamo in una multi sala, forse potremo evitare di perdere uno dei nostri patrimoni più preziosi.

 
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Korea Riding

Post n°105 pubblicato il 18 Luglio 2006 da NEO_GEO
 
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In Corea i videogiochi sono un fenomeno di costume. In Corea tutti giocano ai videogiochi, soprattutto quelli online. In Corea esistono locali pubblici pieni di postazioni PC (si parla di 100 alla volta), sempre zeppi di gente che gioca e naviga. In Corea esiste un vero e proprio campionato di videogiochi, con tanto di star acclamate e amate al pari di lottatori di Wrestling negli stati uniti, o addirittura al pari di calciatori come da noi in Italia. In Corea il videogioco è qualcosa di importante, è qualcosa di radicato profondamente nella società. In Corea i giovani crescono a pane e Starcraft, a colazione, pane e Unreal Tournament a pranzo, e pane e MMORPG a cena. In Corea esistono delle reti tv che trasmettono partite e tornei online 24 su 24. In Corea vengono organizzati gli eventi di mass gaming online più importanti del pianeta. In Corea i videogiochi sono dovunque.

In Corea, i genitori giocano al posto dei figli quando loro sono a scuola per far si che i loro personaggi nei MMORPG mantengano un buon livello. In Corea c’è gente che si scorda di andare al lavoro, di accudire i figli, di mangiare, perché è troppo occupata a giocare ai videogiochi. In Corea si vendono online gli oggetti virtuali dei MMORPG come se fossero veri. In Corea c’è chi è capace di minacciare di morte per la perdita di uno di questi oggetti. In Corea si creano anche sommosse davanti agli edifici che custodiscono i server di alcuni giochi Online, a causa di diatribe nate sulla rete stessa. In Corea sono state aperte le prime cliniche di disintossicazione dai videogiochi.

In Corea probabilmente non ci sono molti altri divertimenti. In Corea probabilmente questi mondi virtuali hanno il compito di nascondere qualcos’altro.
La Corea è molto distante da noi, e probabilmente ne vediamo solo una faccia.

Ringrazio ADSO da Melk (IGN) per la sua testimonianza in proposito.

 
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Outrun, giocabilità pura, contro il tempo!

Post n°104 pubblicato il 16 Luglio 2006 da NEO_GEO
 






Capolavoro assoluto

 
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Post N° 103

Post n°103 pubblicato il 14 Luglio 2006 da NEO_GEO
 
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Monumentale e inarrestabile. Micro Machines trascina nel baratro del divertimento chiunque porvi a fare un partita. Alchimia pura, era deivertimento digitale dei più sani che si possano avere. 2 o 3 o anche 4 persone davanti allo stesso scermo, pochi tasti, e non si finiva più di sfidarsi.
Micro Machine quest'anno risorge. VIVA Micro Machines!

 
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Cristo Running

Post n°102 pubblicato il 14 Luglio 2006 da NEO_GEO
 
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Se qualcuno dovesse chiedermi se sono felice in questo momento non saprei che dire.
Finiti gli esami sono preda del Luglio, e non so che cappero fare.
Si dice che i ventanni siano il periodo migliore per un uomo, il periodo dove esso esprime tutte le sue nergie. L'estate è qui, mi ha spalancato le porte, e io resto sulla soglia.......
Progetti per il futuro o per l'estate sono provvisoriamente azzerati.
Dentro siamo solo in pochi.

Ho comprato un libro di racconti, perfetto per questo periodo. Adoro i racconti, come un film fatto a episodi, raccontano la realtà in modo trasversale e non univoco, non lineare ma frammentato. E sono proprio dei frammenti che devo raccogliere adesso.
Frammenti di una forza di volontà che tarda ad arrivare.
Ho un mucchio di cose da fare, ma il loro significato mi sfugge.

La serata di Luglio si spegne davanti alla mia finestra, tra il bagliore del monitor e una canzone dei rafiohead.

Planescape Torment, gioco che presto mi accingerò ad affrontare nelle notti estive. Seconda vita segreta che mi è vietata dal giorno.

Loom, vecchio capolavoro rimasto unico nel suo genere.
Tutto è fatto di musica. Musica come una magia che tiene in armonia il mondo su cui poggiamo i piedi.

Il nintendo DS, potrà essere un fedele compagno, anche se sotto al sole si squaglia indicibilmente.

Anche vecchi film mi aspettano. I film gelidi-estivi come di rito, anche loro mi si avvicinano di notte.

Sta sera dovrei festeggiare. Un 30 e un 28. Ho voglia di  Birra, ma nessuno dei miei amici sembra libero sta sera.
Dovrò bermela da solo.

 
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Post N° 101

Post n°101 pubblicato il 12 Luglio 2006 da NEO_GEO
 
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Questo maledetto legamento rischia di rovinarmi l'estate!
Non posso camminare!
Oggi sono andato a Bologna per l'esame di montaggio e ho dovuto prendere il taxi per arrivare in facoltà!
E' da lunedì che ci metto il ghiaggio ogni ora e ci metto sopra la crema anti infiammatoria, ma non vuole saperne di passare!
SPero non continui per tutto il mese di luglio ed agosto se no è una vera tortura! Sono stato a casa per tutto quest'anno, sono sempre uscito poche volte, quest'estate volevo muovermi un po' ma con questo problema non so proprio che fare!

 
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Post N° 100

Post n°100 pubblicato il 12 Luglio 2006 da NEO_GEO
 
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Per la serie "le cose da bambini sono sempre le migliori" ecco cosa riaffiora nella mia mente malata.
Snail Maze!

Snail Maze era un simpatico giochino incluso nel bios del vetusto Sega master System (la prima versione, non il sega master system 2).
Il gioco ufficiale incorporato nel bios del primo SMS era l'immortale "Hang on" (giochino di moto frutto della mitica mente del mitico Yu Suzuki se non ricordo male). Anche Snail Maze era incluso nel bios, ma era nascosto, non immediatamente giocabile, si poteva farlo spuntare dal nulla (compariva a destra della scritta "sega" all'avvio, quasi come se fosse un' estensione di quello spazio nero che accoglieva l'intrepido giocatore ansioso di mondi elettronici). Un vetusto residuo di quelle vecchie console sega che in giappone avevano venduto anni prima dell'avvento del SMS in europa, una perla preziosa rimasta incastonata nella macchina più d'avanguardia che la sega aveva prodotto ai tempi, una scaglia di memoria che non doveva andare persa ma che alla fine tutti si sono dimenticati.

Snail Maze era tremendamente semplice, cosi semplice da lasciare sbalorditi ancora oggi. La timida lumachina doveva affrontare da sola un labirinto immensamente più grande di lei. Sperduta e minuscola in un mondo che non le apparteneva, era persa tra corridoi tanto esili quanto crudelli e ingannatori. La meta era quella evidente e sgargiante scritta "Goal" che campeggiava in una parte dello schermo e la richiamava come potrebbe fare un neon blu con una falena. Blu era anche il mondo dove tutto poggiava, lo sfondo (Il blu tanto caro ai fan della sega). Altro temibile nemico della lumachina era l'avversario di tutti gli esseri viventi di questa terra: il tempo. Poche decine di secondi, erano date a disposiozione per raggingere quella benedetta meta a forma di G. Poche e crudeli decine, prima di quell'asettica scritta "time up" che appariva sopra al labirinto dominandolo e congelandolo, facendo le veci del triste game over di tanti altri giochi.
Tutto sommato tutta questa crudeltà era distrutta dalla musichetta, tanto orecchiabile quanto ripetitiva, che metteva di buon umore, e trasformava l'atmosfera da cupa ad allegra. Il gioco, da terribile sfida hardcore, diventava uno scaccia pensieri. Scaccia pensieri in ogni caso impegnativo, come se ne vedono pochi al giorno d'oggi!

 
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