Trama:Mike Enslin scrittore un tempo
noto, ha perso in sol colpo figlioletta, moglie ed ispirazione e si
riduce a scrivere libri sulle case infestate. Nel corso delle sue
ricerche si imbatte nella camera 1408 del Dolphin Hotel a New York e
decide di recarsi in loco per passare la notte nella stanza e poi
raccontare l’esperienza nel prossimo libro. Ma le cose saranno prima
rese difficili dal direttore dell’albergo, che cerca di dissuaderlo e
poi dallo spirito stesso della stanza che si manifesterà non appena
varcata la soglia.Recensione:
Nella stanza 1408 del Dolphin Hotel c’è un pezzetto
dell’Overlook Hotel. E non solo perchè in entrambi i casi le pericolose
stanze vengono dalla penna di Stephen King, ma soprattutto perchè tutte
e due le infestazioni di cui si parla nei rispettivi film, sono
veramente cattive e senza speranza.
Ma cominciamo dall’inizio, l’albergo in questione sebbene decisamente
infestato, non compare sui giornali nè nelle raccolte di storie
pittoresche su dimore rese famose dagli abitanti indesiderati.
Il nostro eroe, che per la verità è un sopravvissuto alla sfortuna che
vive raccontando improbabili storie a lettori affamati di brividi a
buon mercato, è uno scrittore che arriva di gran carriera al Dolphin
Hotel e chiede proprio la stanza 1408. (a proposito fate un pò la somma
e indovinate il risultato) L’affabile direttore decide prima di
dissuaderlo negando ogni infestazione poi, di fronte alla mole di morti
sospette che Mike gli elenca, passa a tentare di spaventarlo
mostrandogli la sua personale documentazione sulle morti in questione,
e alla fine tenta di blandirlo con una bottiglia di preziosissimo
brandy di importazione, bottiglia che incredibilmente diventerà lo
strumento della momentanea salvezza dell’incosciente cacciatore di
fantasmi.
A questo punto Mike, che a colpi di avvocati aveva già vinto battaglie
più dure di questa, si accinge a varcare la soglia della 1408 e, meglio
sarebbe stato se non l’avesse mai fatto.
Piano piano insieme a lui faremo la conoscenza delle persone che
avevano in precedenza abitato la stanza e, cosa anche peggiore,
sentiremo la voce della stessa che ci spiega con calma che siamo in
guai talmente seri che l’unica via d’uscita risulterà essere in realtà,
solo un rimandare la definitiva permanenza oltre la vita nel pericoloso
postaccio.
Il film ha un ritmo ben congegnato e assicura una tensione costante
durante tutta la durata dell’esperienza di Mike nella stanza
incriminata. Essa è effettivamente una temibile approssimazione
dell’inferno, con tanto di sbalzi termici e quadri che cambiano di
continuo e ne invadono l’interno.
Le scene devono molto all’uso sapiente della computer grafica, che
senza strafare ne rende inquietante ogni angolo. Il plot è convincente
quanto basta a farci decidere di concedere la tanto sospirata
sospensione dell’incredulità che, di questi tempi molto pochi riescono
davvero a stimolare.
Del resto se è pur vero che King è molto amato dal cinema, a volte
questo amore è stato anche ricambiato e i fan, che complice una buona
regia hanno chiuso più volte un occhio di fronte a pellicole non
proprio fedeli, in questo caso non potranno lamentarsi. Qua siamo in
presenza di una trasposizione abbastanza fedele, solo leggermente
ampliata a favore di una rappresentazione che rendesse al meglio
l’inquietudine delle pagine da cui è tratta, pagine tra le più riuscite
degli ultimi anni di un autore per la verità assai bravo, ma
discontinuo in quanto a qualità.
Un mefistofelico Samuel Jackson, dismessi i panni del cacciatore di
serpenti di alta quota e quelli del predicatore del sud che redime una
Christina Ricci assai lasciva, accoglie Mike e lo stupefatto spettatore
con uno sguardo di quelli che inceneriscono e con l’affabilità di chi
sottintende una conoscenza soprannaturale degli eventi. La compostezza
con cui parla e nel contempo ammicca al povero sciocco cacciatore di
fantasmi di carta, risulta decisamente più inquietante di tutte le
invettive e le pistolettate che solitamente siamo abituati a vedergli
lanciare. John Cusack per la prima volta bravo sul serio, ci rende
partecipi del dramma attraverso una misurata disperazione che cresce di
pari passo con la nostra e la sua percezione che questa volta ci siamo
davvero, i fantasmi esistono.
La regia è molto misurata, e rende con grande onestà la progressiva
spersonalizzazione ad opera della stanza del povero Mike, inducendo più
di un momento di identificazione nel coinvolto spettatore.
Consigliatissimo ai fans del re e a tutti gli amanti delle storie
soprannaturali narrate con gusto e sostenute da una buona recitazione.