Grecia, 1999. La giovane Sophie ha un sogno: conoscere suo padre e
farsi condurre all'altare nell'incantevole isola di Kalokairi. Alla
vigilia delle sue nozze con Sky ha scoperto il diario segreto e i
segreti del cuore della madre, una figlia dei fiori che praticava il
sesso e l'amore ieri, una donna indipendente e piena di vita che
gestisce un piccolo hotel sul mare di Afrodite oggi. All'insaputa di
Donna, Sophie invita a nozze i suoi potenziali padri: un uomo d'affari,
un avventuriero e un banchiere impacciato. Scoperta molto presto la
loro presenza sull'isola, Donna li invita "amabilmente" a rimettersi in
mare ma niente andrà come previsto. Gli dei in cielo hanno lanciato i
dadi e versato amore, tanto amore, nei calici.
A ragione Mamma mia!
è ambientato nel Mediterraneo perché l'acqua, nel musical di Phillida
Lloyd, è il filtro deformante che veicola gli sguardi dei protagonisti
e spuma l'amore fino ai cuori. Non si tratta affatto di un espediente,
l'amore impone sempre una nuova nascita, un ritorno nel liquido
amniotico che ottunde tutto ciò che è esterno, estraneo, nemico. In
quella soglia incantata la Donna di Meryl Streep vorrebbe trattenere il
più a lungo possibile la sua Sophie, che al contrario scalpita per
salpare e attraversarla. Al di là c'è l'ignoto e il nuovo, c'è un padre
e un mondo da scoprire, c'è un'attesa sospesa da corrispondere prima
che gli dei facciano i capricci. Mamma mia! è la storia di
un'isola "assediata" dai padri e difesa dalle madri, un impasto di sale
e sentimenti che trova sullo schermo una dimensione spettacolare,
sostenuta da un ritmo incalzante e impreziosita dalle "teatrali"
canzoni degli Abba. La straordinaria partitura e i testi
dell'irriducibile gruppo svedese interpretano i movimenti ariosi delle
coreografie in esterni, raggiungendo una resa d'atmosfera
sorprendentemente comunicativa mentre "cantano" il lamento d'amore di
"The Winner Takes It All" o la carica liberatoria di "Dancing Queen".
La perizia della regia, la dimensione dello sforzo produttivo e
l'apporto di un'infinità di esperti assicurerebbero soltanto la buona
qualità della confezione se a vivificare il tutto e a imprimere al film
quel quid di magia, che lo illumina più del sole della Grecia, non ci
fossero gli stupori, la recitazione incantata e la "faccia da musical"
di un cast appropriato, equilibrato ed efficace. Al di là dell'arcobaleno "viaggiano" la dancing Queen
di Meryl Streep, che percorre in lungo e in largo la scena tuffandosi
in un bagno di musica e di eccentricità coreografica, i padri
inconsapevoli e incoscienti di Colin Firth, Stellan Skarsgård e Pierce
Brosnan, che pur non avendo confidenza alcuna col genere riescono a
trasformare i loro impacci in irresistibili connotazioni psicologiche,
e la figlia adorabile di Amanda Seyfried, che coglie col suo volto
l'ode alla felicità e il sogno irraggiungibile. È la natura e la
brezza del Mare Nostro a inventare invece l'"artificio" scenografico,
salvaguardando la dimensione da favola e la dinamica visiva delle
schermaglie sentimentali ("SOS"), degli animosi battibecchi, degli
shakespeariani equivoci ("Gimme! Gimme! Gimme!") e delle sonore
agnizioni ("Voulez - Vous"). Calato in un tempo precisato, che
come i protagonisti deve compiere un passaggio (è il 1999), il musical
corale della Lloyd privilegia il ritmo esuberante e trascinante
piuttosto che l'arabesco elegante, innescando coi numeri musicali uno
scatto di autentica e orecchiabile vitalità. Se il musical è favola, di
tutte le favole Mamma mia! è forse la più bella