Creato da darioferdinando il 02/06/2009
Diversi sono i ritrovamenti archeolgici che dimostrano come la zona su cui attualmente sorge Londra era abitata fin dall'età del ferro. Ad esempio nei pressi del Batersea Bridge è stato ritrovato uno scudo, attualmente in mostra al British Museum) risalente al III secolo a.C. Furono i Celti ad insediarsi nelle zone costruendo qualche accampamento.

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« LA STORIA DI NAPOLI parte prima

STORIA DI NAPOLI parte seconda

Post n°24 pubblicato il 05 Giugno 2009 da darioferdinando

Napoli aragonese

Qualche anno prima di morire, Giovanna Durazzo, sentendosi in pericolo, chiese aiuto ad Alfonso d'Aragona, re di Sicilia, e l'adottò, legittimandone di fatto il diritto alla successione. In seguito tornò sui suoi passi, designando Renato d'Angiò come erede, ma ciò provocò la rabbia del sovrano aragonese, che nel 1442 assediò ed espugnò Napoli. Fu l'inizio della dominazione aragonese, che portò sviluppo economico e civile alla città, e presso la cui corte fu possibile la penetrazione degli ideali e dell'arte rinascimentale: artisti come Giovanni Pontano, Jacopo Sannazaro, Pietro Summonte, Pietro Beccadelli e Lorenzo Valli poterono manifestare il loro talento proprio grazie al clima virtuoso promosso da Alfonso, che si meritò l'appellativo di Magnanimo. E grandiose testimonianze di quel periodo ci rimangono nel patrimonio artistico della città: si pensi all'arco marmoreo del Castel Nuovo (voluto proprio dal sovrano per celebrare la conquista della città), alla chiesa di S.Anna dei Lombardi, a quella di S.Angelo al Nilo, opere cui contribuirono grandi artisti quali il Vasari e Donatello. Alla morte di Alfonso il Magnanimo, nel 1458, la corona di Napoli passò al figlio Ferrante, mentre la Sicilia fu assegnata all'altro figlio Giovanni. Sotto il regno di Ferrante, la città dovette difendersi da nuove pretese angioine (contenute con le vittorie a Sarno e nella battaglia navale di Ischia), combattere una guerra contro Firenze (nel 1458), e il sovrano dovette anche fronteggiare numerosi tentativi di congiura ordite dai Baroni del regno; Ferrante fu un buon re e un fine legislatore, e durante il suo regno fu edificata la maestosa Porta Capuana. Nel 1493 questi morì, e sul trono salì Alfonso II, che tuttavia, sotto la pressione di un possibile ritorno francese, appoggiato da molti contestatori interni, presto abdicò in favore del figlio Ferrantino. Ferrantino non potè però opporsi a lungo all'esercito francese di Carlo VIII, e dovette rifugiarsi a Ischia mentre gli angioini entravano in città; solo quando Carlo ritornò a Parigi, lasciando a Napoli alcune guarnigioni, l'aragonese riuscì a rientrare in città, e a riguadagnarsi i favori del popolo napoletano. Morì però due anni dopo, tra i rimpianti dei napoletani, e la corona passò allo zio Federico d'Altamura.

Il vicereame spagnolo

Si attribuisce questa definizione ai due secoli di dominazione colonialista compresi tra il 1503 e il 1707: la corona di Madrid esercitò il suo potere su Napoli e sul regno con avidità e incapacità; uno stuolo di viceré si successe alla reggenza della città, e si rese protagonista di angherie, furti di opere d'arte, imposizione di imposte strozzanti. In questo periodo, per difendere il popolo dalle prepotenze iberiche, nacque e si affermò il fenomeno della "camorra", che in un primo tempo costituì quindi una sorta di società segreta con fini di mutua assistenza. Numerosi eventi bellici contrassegnarono quest'epoca: l'occupazione dei possedimenti pugliesi di Venezia, la spedizione africana a Tunisi e quella celebre a Tripoli (in cui vi fu la vittoria di Lepanto), la spedizione punitiva contro il pontefice Paolo IV, e, sul piano difensivo, l'invasione francese respinta nel 1526, e le numerose incursioni dei pirati arabi e turchi. Anche sul fronte interno, ci furono numerosi tentativi di sollevazione popolare, dovuti all'insostenibile pressione fiscale e ai tentativi di instaurazione dell'Inquisizione; la più celebre e ardita fu quella del 1647, che vide come protagonista Masaniello a capo di una folla inferocita, che tenne per oltre un anno in scacco i "padroni" spagnoli, fino alla presa del Castello del Carmine, quartier generale degli insorti. Dal punto di vista artistico, tuttavia, la città seppe anche in questo periodo esprimere grandissime individualità in tutti i campi (Torquato Tasso, Giovambattista Basile, Giambattista Marino in letteratura; Tommaso Campanella, Giordano Bruno e Giambattista Vico in filosofia; Massimo Stanzione, Battistello Caracciolo, Bernardo Cavallino, Salvator Rosa, Luca Giordano, Mattia Preti, Andrea da Salerno nella pittura; Pietro Bernini, Michelangelo Naccherino, Giovanni da Nola e Girolamo Santacroce nella scultura; Domenico Fontana e Cosimo Fanzago in architettura); tra le opere più significative che ci rimangono del tempo, vanno citati il Palazzo Reale, la Certosa di San Martino e la chiesa del Gesù Nuovo.

Il Settecento borbonico

Gli anni successivi al 1707 costituirono un periodo di transizione, caratterizzato da un vicereame austriaco che non lasciò grandi segni sulla storia cittadina. Nel 1734, sul trono di Napoli salì Carlo di Borbone, erede designato della dinastia spagnola, che -a dispetto della sua discendenza- da subito improntò il suo regno ad una maggiore autonomia rispetto ai due secoli precedenti.

Il sovrano, al trono come Carlo VII, attuò una serie di riforme nei settori dell'amministrazione, del fisco, del commercio e in quello militare, che costituirono un nuovo impulso per lo sviluppo nei decenni successivi di attività che ancora oggi caratterizzano il tessuto economico e produttivo di Napoli: dalle attività artigianali (l'arte presepiale, ma anche le lavorazioni del corallo, delle ceramiche e porcellane, dei metalli preziosi, del legno) a quelle industriali (i cantieri navali di Castellammare, la manifattura di S. Leucio), a quelle commerciali (il porto di Napoli). Forte fu inoltre il suo impegno per il contenimento del potere temporale del clero e per l'abbattimento dei privilegi feudali ancora esistenti all'epoca. 

Il regno di Carlo I ha lasciato importanti segni anche nell'architettura e urbanistica cittadina (nel 1737 fu inaugurato il Teatro San Carlo; nel 1738 si avviarono i lavori per l'edificazione della Reggia di Capodimonte e della Reggia di Portici; nel 1751 fu affidata a Ferdinando Fuga l'edificazione del Real Albergo dei Poveri; l'anno successivo Luigi Vanvitelli iniziò la realizzazione della Reggia di Caserta, sul modello di Versailles; nel 1757 lo stesso Vanvitelli progettò il Foro Carolino, l'attuale Piazza Dante) e nella cultura dell'epoca (il San Carlo divenne il tempio della musica italiana ed europea, quarant'anni prima della nascita della Scala di Milano, e in questi anni raggiunse il massimo splendore la scuola musicale napoletana; gli scavi di Ercolano e Pompei divennero parchi archeologici tutelati, e per il loro studio si investirono grandi risorse; si fondò la fabbrica delle porcellane di Capodimonte; giunse a Napoli la collezione Farnese, oggi vanto del Museo Archeologico).

La corona di Carlo vacillò nel 1740, quando -a seguito della guerra tra Spagna e Austria- il Regno di Napoli sembrò dover passare sotto un'altra dominazione; il sovrano si oppose però a tale decisione, e difese con l'esercito l'indipendenza del Mezzogiorno d'Italia dalla corona austriaca.

Nel 1759, Carlo fu richiamato a Madrid per salire sul trono di Spagna, e a Napoli lasciò il figlio Ferdinando, che, pur proseguendo la linea del padre, fu una figura di minore spessore dal punto di vista politico e storico. Agli anni del regno di Ferdinando IV risalgono  la nascita dell'innovativa manifattura di S. Leucio (1779), la trasformazione della spiaggia di Chiaia nella Villa Reale, poi divenuta Villa Comunale (1778), l'istituzione della scuola militare della Nunziatella (1767), la costruzione del Real Cantiere Navale di Castellammare (1783) e dei colossali Granili (1799). Sono anche gli anni in cui la città si va trasformando sulle tracce del Barocco, e si espande rapidamente, con densità abitative sempre più insostenibili.

Il 1789 porta anche a Napoli i venti della Rivoluzione Francese, le cui voci suscitano orrore e disapprovazione alla Corte di Ferdinando, mentre in città cominciano a diffondersi, nei salotti degli intellettuali dell'epoca, le idee liberali e giacobine provenienti da oltralpe. Le congiure e le repressioni iniziano a diffondersi, e nel 1794 ci sono le prime condanne a morte (De Deo, Vitaliani, Galiani). Personaggi della levatura di Mario Pagano, Domenico Cirillo, Ettore Carafa, Eleonora Pimentel Fonseca (la cui vicenda è meravigliosamente narrata nel romanzo storico di Enzo Striano, Il resto di niente) e Luisa Sanfelice animano il movimento ostile alla monarchia, che raggiunge il suo apice nel 1799: il generale napoleonico Championnet entra a Napoli costringendo Ferdinando a riparare in Sicilia, e sotto la protezione delle armi francesi i giacobini napoletani proclamano il 24 gennaio la Repubblica Partenopea. L'esperienza non ha però lunga durata, perchè nel corso dello stesso anno una spedizione del Cardinale Ruffo di Calabria, sostenuta dagli alleati inglesi e dal sovrano spagnolo, sbarca in Calabria, e risale -sotto la bandiera della Santa Fede- fino a Napoli, ottenendo il favore della nobiltà e della popolazione agricola. Le truppe francesi nel giugno 1799 abbandonano la città, e i cosiddetti "sanfedisti",  una volta presi i rivoluzionari arroccati nel Castel S.Elmo, si dedicano ad una dura repressione, passando per la forca in piazza Mercato tutti i repubblicani. Nell'occasione, si consuma anche la vendetta personale del celebre ammiraglio inglese Nelson, che fa impiccare sulla sua nave il valoroso ammiraglio napoletano Francesco Caracciolo, cui sarà poi dedicato il lungomare di Napoli.

Ferdinando torna così sul trono del Regno di Napoli, ma non vi rimarrà ancora a lungo: l'Europa è ormai segnata dall'egemonia napoleonica, e ben presto l'imperatore dei francesi decide di far dono del Sud Italia al fratello Giuseppe. Nel 1805, le truppe francesi entrano di nuovo in città, e Ferdinando è di nuovo costretto all'esilio a Palermo.

Nonostante la storiografia sia sempre stata molto critica nei confronti della dinastia borbonica, il Settecento borbonico fu per Napoli un periodo di sviluppo e prestigio internazionale. Nel Regno operarono e fiorirono artisti di chiara fama, quali i musicisti Scarlatti, Pergolesi, Cimarosa e Paisiello, i pittori Solimena, Vaccaro, De Mura, lo scultore Sanmartino (autore del famoso Cristo Velato), i già citati architetti Vanvitelli e Fuga. La città raggiunse i 337.000 abitanti nel 1765, seconda in Europa solo a Parigi.

 

Il decennio francese

Giuseppe Bonaparte regnò a Napoli per appena tre anni (1805-1808), nel corso dei quali avviò in città alcuni rilevanti lavori pubblici (tra cui la strada che attraversa Posillipo) e realizzò una riforma amministrativa, ampliando i confini di Napoli -suddivisa in dodici quartieri-, istituendo la figura del sindaco, supportato da un organo elettivo, e introducendo il catasto urbano. In questo periodo furono anche istituiti l'Orto Botanico, a via Foria, e il Conservatorio di Musica, che trovò sede nel convento di S.Pietro a Majella, e che tanto avrebbe contribuito in seguito alla fioritura della musica napoletana.

Nel 1808, Napoleone affidò il regno a Gioacchino Murat, suo genero e fedele generale del suo esercito; il carattere del nuovo sovrano lo fece benvolere dal popolo napoletano, e le sue abilità militari gli permisero di costituire un esercito che ottenne importanti successi, sia in casa (conquistando l'isola di Capri, già in mano agli inglesi, e sconfiggendo una flotta anglo-spagnola nel golfo di Napoli) che nella campagna di Russia del 1812. Per la città, Murat compì altri lavori pubblici, come l'apertura del Corso Napoleone, che collegava via Toledo con Capodimonte e preludeva a uno sviluppo della città verso nord.

Il Congresso di Vienna e la Restaurazione imposero l'allontanamento di Murat da Napoli, nonostante i suoi numerosi tentativi di rimanere sul trono. Confinato in Corsica, il generale volle attuare nell'ottobre 1815 un ultimo disperato piano per la riconquista del Regno, sbarcando con una piccola guarnigione in Calabria; catturato dall'esercito borbonico, fu condannato alla fucilazione.

 

Il ritorno borbonico

Con il Congresso di Vienna, fu decretato il ritorno a Napoli di Ferdinando di Borbone, che stavolta salì al trono con il nome di Ferdinando I, dopo aver unificato il Regno di Napoli e quello di Sicilia nel "Regno delle Due Sicilie". Tra i primi atti del nuovo governo, Ferdinando introdusse nuovi innovativi codici giuridici, e stipulò il concordato con la Chiesa, restituendo i beni confiscati dai francesi, ma senza ripristinare tutti i privilegi preesistenti al decennio.

In questi anni, viene edificato il Palazzo S.Giacomo nell'attuale piazza Municipio, quale sede dei nuovi ministeri del Regno; nel 1816, si avvia la risistemazione del largo di Palazzo (l'attuale Piazza Plebiscito), ribattezzata Foro Ferdinandeo, con l'edificazione dell'imponente proscenio neoclassico della chiesa di San Francesco di Paola e l'aggiunta delle due statue equestri dei sovrani Carlo e Ferdinando di Borbone; nello stesso anno, Ferdinando fa realizzare per la moglie morganatica, duchessa di Floridia, la bella Villa Floridiana al Vomero; nel 1819, viene istituito l'Osservatorio Astronomico, il primo in Europa.

Il 1820 fu l'anno dei moti liberali in Europa, e a Napoli questi si riflessero nella rivolta capeggiata da Guglielmo Pepe. Spaventato da questa nuova crisi, Ferdinando assunse un atteggiamento ambiguo e proditorio, concedendo dapprima la Costituzione, e chiedendo poi l'intervento militare austriaco, per poterla abrogare.

Nel 1825, morto Ferdinando, gli successe Francesco I, che regnò per pochi anni, senza lasciare segni notevoli. Nel 1830 salì al trono Ferdinando II, che invece conquistò da subito la benevolenza del suo popolo, e inizialmente anche la stima dei liberali italiani. Insieme a un grosso sforzo di riorganizzazione dell'esercito, il nuovo re dette impulso al progresso in diversi settori, permettendo a Napoli di divenire un centro d'eccellenza, e di raggiungere tanti primati: nel 1837 fu la prima città d'Italia ad avere l'illuminazione a gas; nel 1839 fu inaugurata la Napoli-Portici, prima ferrovia italiana; nel 1841 nacque l'Osservatorio Vesuviano, primo centro vulcanologico del mondo. Furono inaugurate linee telegrafiche, nuove strade, ponti, strutture sanitarie, scuole e istituti professionali, e la popolazione raggiunse il mezzo milione di abitanti, indiscutibilmente la città più grande d'Italia. La cultura dell'epoca vide la nascita della grande tradizione della canzone napoletana, le prime espressioni del teatro dialettale (con Eduardo Scarpetta) e la fioritura, nelle arti figurative, della Scuola di Posillipo, che annoverò tra i suoi esponenti Domenico Morelli, F.P. Michetti, i fratelli Palizzi, Gioacchino Toma.

Sul piano politico, il 1848 fu l'anno delle sommosse liberali, e anche a Napoli, sulla scia delle riforme ottenute in Toscana e Piemonte, vi furono sollevazioni che si conclusero con la promulgazione della Costituzione e l'istituzione del Parlamento. Gli anni successivi videro il Regno di Napoli battersi al fianco del Papa, impegnato nelle lotte contro i liberali e costretto all'esilio a Gaeta; l'esercito inviato da Ferdinando ottenne importanti vittorie contro i rivoluzionari romani, a Terracina e Palestrina. Ferdinando II morì nel 1859, alle soglie del fatidico anno dell'Unità d'Italia.

 

Napoli dopo l'Unità d'Italia

Alla morte di Ferdinando, gli succede il giovane Francesco II, che sarà l'ultimo Re delle Due Sicilie. E' il 1860, e lo sbarco a Marsala dei Mille guidati da Garibaldi è agevolato dall'ammutinamento della marina borbonica, e dalla benevolenza di alcuni generali di stanza in Sicilia; mentre risalgono lo stivale, i garibaldini acquisiscono il consenso dei liberali, della diplomazia inglese e piemontese, della borghesia e perfino della camorra. Francesco II, per non tingere di sangue la capitale, porta il suo esercito a nord, al di là del fiume Volturno, e attende i garibaldini, che affronterà nella battaglia di Caiazzo. Stretti tra l'esercito di Garibaldi a sud e quello piemontese, che nel frattempo penetra da nord sotto il comando di Vittorio Emanuele II, i reggimenti napoletani si arroccano nella fortezza di Gaeta, dove resistono a lungo, ma senza possibilità di ribaltare gli esiti della guerra. Così, con lo storico incontro di Teano, Vittorio Emanuele si vede consegnare tutto il Mezzogiorno d'Italia e il 7 settembre Garibaldi entra a Napoli e, dal balcone di Palazzo Doria d'Angri, annuncia al popolo l'annessione al nascente Stato italiano, sotto la corona sabauda; il plebiscito del 21 ottobre confermerà quest'atto.

I successivi sono anni di cambiamento e assestamento, soprattutto per la popolazione, alle prese con una nuova realtà politica e con un governo lontano e indifferente; nelle campagne si diffonde il fenomeno conosciuto come "brigantaggio", e la repressione è dura, con l'invio di un esercito di 120.000 uomini.

 
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Commenti al Post:
dariothebest1
dariothebest1 il 06/06/09 alle 10:31 via WEB
è bellissimo questo blog!
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messaggeria.normale
messaggeria.normale il 26/06/09 alle 05:50 via WEB
hai un blog interessante,magari potresti inserire dei tag,cosi trovare le città sarebbe più semplice.un salutone.continuo a leggere
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