siamo i migliori

Alfonso Longobardi


                                  
"Non dimenticherò per tutto il resto della mia vita l’atmosfera della Tipografia, divenuto poi un luogo della mente, un posto della memoria. Non era solo per l’odore del piombo e dell’inchiostro, tipico della tipografia. Ma anche quello del petrolio, della carta, del sudore umano nei giorni caldi dell’estate, e del fumo dei bracieri accesi per riscaldare gli ambienti nelle lunghe e fredde giornate invernali. In quel luogo, io, vedevo e ricordavo, in piedi dietro ad una macchina da stampa, Sempre pronto a fischiettare una canzonetta, la sigaretta accesa poggiata sul banco accanto alla risma di carta da stampare, quell’uomo era il simbolo della creatività. Quell’uomo in piedi, sempre allegro, pronto a fischiettare, con una sigaretta tra le dita, aveva una parte importante e decisiva. Era come se la conoscenza ed il sapere del mondo venissero prodotti in quel momento. Un percorso lungo e faticoso, un punto di arrivo sofferto e preciso: le parole, il pensiero che diventavano forma, oggetto, contenuto. Doveva poi essere distribuito agli altri, affinché anche loro sapessero, accettassero, prendessero parte alla comunicazione dei saperi, alla distribuzione della conoscenza, alla scoperta del mondo.  
Quell' Uomo capiva che qualcosa di importante accadeva in quei momenti di intenso lavoro. La ruota della macchina girava veloce, guidata dalla cinghia legata al grosso motore. Sembrava come il correre delle carrozze sulle rotaie.Il sapere prendeva forma e correva verso la vita. Quell'Uomo, seduto sullo sgabello dietro la macchina, era felice e si lasciava andare con gli occhi chiusi a sognare, accarezzato dal leggero venticello, che i fogli portati dai nastri, all’uscita della macchina gli soffiavano sul volto mentre scendevano. La tiratura era alta e la macchina doveva arrestarsi il meno possibile per non ritardare la consegna del lavoro. Immaginava che tutto ciò che era stato appena impresso dalla forma da stampa si trasferisse nella sua mente. Il sapere prendeva forma e correva verso la vita.    
 La "forma da stampa", potevano essere quattro, otto, sedici, trentadue a seconda del formato del libro. Oppure una, come nel caso di un Manifesto o Locandina. E allora, la forma, era una e grande. Fatta di caratteri di piombo e di legno e clichés. Pazientemente allineati, l’uno dopo l’altro. Spazzolati col petrolio, prima che i rulli inchiostravano la ''forma''. L’inchiostro, infatti, poteva essere troppo o troppo poco ed allora bisognava regolare il calamaio che serviva a dosare l’intensità dell'inchiostro sulla forma da stampa. Quell’uomo è Alfonso Longobardi.