L' ATTIMO FUGGENTE

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A N C O R A   S U   E L U A N A( H A B E A S   C O R P U S )Per quasi un ventennio la poveretta se n’è rimasta immobile in un letto.Il suo corpo lì; il suo spirito, chissà, fors’anche nelle vicinanze (io mi sono sempre augurata il più lontano possibile). Che cosa si voleva fare di questa giovane donna condannata allo stato vegetativo l’ha avuto chiaro ad un certo punto solo la famiglia. Che io, onestamente, avevo fino all’ultimo ed erroneamente creduto monogenitoriale dato che sempre e solo papà Beppino si era visto e sentito in merito alla faccenda.Staccare! Staccare!Liberare la figliola dalla dannazione tutta (e troppo) terrena d’una vita-non-vita. Poco importa per le amorevoli Suore Misericordine che si erano prese cura di lei come una figlia parlandole, accarezzandola, accudendola, lavandola e così eran disposte a continuare a fare ad oltranza, fino a morte naturale sopravvenuta. Poco importa se con il rapido evolversi della situazione s’era fatta avanti un’Italia impicciona e falsamente per bene (in realtà poco informata e bigotta) tutta presa a gridare le sue sguaiate ragioni a suon di striscioni molesti ed inopportuni cori pseudo animalisti.Ma si, d’accordo, che poi il Sig. Englaro non era proprio uno che ispirava tutta questa simpatia. Anzi. Troppo lontano dallo stereotipo del padre disperato o fors’anche solo umanamente arreso, è andato avanti con una fermezza ed un piglio da caterpillar che alla lunga t’indispongono, non foss’ altro per quel suo aver fatto mostra di sé e dei suoi convincimenti in chiave sempre lucida e al limite del cinico, aliena rispetto a quello sbandieramento nazionalpopolare di  emozioni cui i mass media ci hanno da tempo abituati : ciò senza dunque suscitare in noi spettatori particolari sentimenti di immedesimazione, senza creare quella coincidenza del sentire necessaria a far scattare l’interruttore, ad indaffarare gli atavici "neuroni specchio" dei più, e da qui non infondendoci nelle vene neppure un po’ di quella umana pietas che tuttavia ce lo avrebbe fatto sentire più vicino.La sua linea rossa è stata la perseveranza.Avrebbe potuto rendere pubbliche le foto della figlia come realmente era. Un’azione del genere avrebbe immediatamente sfoltito le fila di coloro che (magari non appartenenti ad Associazioni) la volevano mantenuta in vita a tutti i costi, sull’onda più della reazione emotiva che altro. E certo qualche ragione al cospetto del gran tribunale popolare l’avrebbe spuntata, se consideriamo anche che nell’immaginario collettivo di noi gente comune - mal ragguagliata poiché nutrita dall’apporto informativo a basso tenore calorico che i media ci rifilano - Eluana giaceva nel suo letto come una moderna Bella Addormentata: una giovane donna nel fiore dei suoi anni che sorte imponderabile ed avversa aveva intrappolato in un’espugnabile bara di cristallo, in un limbo comatoso, ma composta ed allungata nel corpo, le folte chiome sacrificate sì alla comodità, eppure la pelle chiara e la fisionomia a ricalcare, di poco immutata, le fotografie di lei adolescente proiettate decine e decine di volte dai notiziari.Nulla di strano. Un puro e scientifico processo mentale.Abbiamo avuto bisogno di farci un’idea delle sembianze di Eluana per potercela immaginare nel suo angusto quotidiano, quando le Suore la accudivano, fino al momento in cui ha affrontato il suo ultimo viaggio verso Udine, quando e soprattutto le avrebbero sospeso alimentazione ed idratazione.Avevamo necessità di un viso che ci intenerisse e ispirasse in noi non l'idea ineluttabile della morte, bensì la crociata per la sua salvezza, in qualunque soluzione finale essa risiedesse; nè perciò questo volto poteva essere troppo spaventoso, non prescindendo così da una certa bellezza di rassicurante funzione ma al contempo velata di quel non so che di sofferente che la nostra immaginazione ci forniva attraverso la somma o la sintesi di tutte le espressioni del dolore a noi conosciute. Alla fine Eluana è stata lasciata andare.La scienza non si è prodotta in netti pronunciamenti in merito.Nessuno tra i più ispirati luminari sa ancora se quando il cervello esclude certi circuiti la “mens sana” del proverbio sia o meno ancora presente in una qualsivoglia forma di coscienza. Se un "quid" permane già, pur se apparentemente avulso dalle originarie connessioni nervose; se resta tuttavia alcunché di sè stessi, anche se blindati in un corpo-prigioneO se davvero sia solo e per sempre la notte.Mi fece pensare il Sig. Englaro quando parlò di stato vegetativo “permanente” (in realtà la medicina non vuole più si aggiunga questo aggettivo ed io lo trovo un peccato d’ottimismo che come tutti quelli del suo genere presenta infine conti salati). E sentenziò - forse stavolta con una certa mestizia nel cuore? - che non è una condizione quella che la natura contempla tra quanto ha concepito in suo seno. Effettivamente, tutti prima o poi si muore.Ok, ok. Ma di quante cose si muore.Di certe si viene sradicati: un soffio sulla candela. E tutto è rapidamente finito.Con altre non va così liscia e il danno, per devastante che sia, non provoca né un’immediata dipartita né genera la promessa di future riprese. E si rimane lì, a mezza strada, un piede di qua e uno nell’aldilà, forse dentro di noi percorrendo adagio un confortante tunnel di luce, forse precipitando a rallentatore in un pozzo buio mentre là fuori il nostro corpo è un molle sacco di carne, ossa e fluidi condannato ad un prolungato rimanere.Se e come passerà la legge alla cui difficoltosissima stesura avevavo-hanno-avranno alacremente cogitato le capocce dei nostri amati politicanti, il problema delle ristrettezze alimentari nel nostro paese conoscerà una sorprendente risoluzione.  Pane ed acqua, aggratis, per tutti: basta esser morti, ops, abbondantemente più di là che di qua. E già m’immagino i sondini biancastri e mollicci, stipati in scaffaloni, a loro volta siti nelle catacombe buie e puzzolenti di qualche nostra pregiata azienda ospedaliera. E lo strillone esclamerà: "Tranquilla gente! Un sondino per tutti!"E andrà dunque da sé che quando un domani un pistola dal midollo incocainato e il sangue aromatizzato Cachaca mi prenderà sotto con la sua auto rubata, senza manco accorgersene e slacciandomi la corteccia cerebrale come una cinturina da mercato, dopotutto mi sarebbe potuta andar peggio. E nell’incerta probabilità ch’io in quell’attimo fatale possa formulare un ultimo pensiero, quello più che una bestemmia dovrebbe esser un ”Vabè dai. Per altri vent’anni a questo mondo in qualche maniera ci riesco anche a restare”.Ah si? Ma fatemi il favore: neanche morta!!