loredanafina

AMICIZIA


L'amicizia è fra i sentimenti  umani più importanti e quando capita di decantarla smisuratamente parlandone più del dovuto, rischia di svanire, dissolversi diventando inafferrabile e di conseguenza perdere parte del suo valore, del suo senso.Vi sono esperienze di meravigliose amiciazie fra persone che non hanno mai osato dirsi di essere amici ma che, uniti da un legame empatico, sincero, sono rimaste vicine per tutta la vita.Cosi avvenne che un giorno si conobbero due donne. La prima , più adulta, viveva insieme alla propria madre in un castello meraviglioso che a pparteneva per successione da diverse generazioni alla loro famiglia e dove, affissi alle pareti di un grande salone, vi erano ancora enormi ritratti degli antenati.La seconda donna della storia, era una giovane madre, trasferita in quel luogo di cui s'era perdutamente innammorata durante un periodo di vacanza e dal quale non ebbe più il coraggio di ripartire per non doversi distaccare da quelle stradelle assolate, dal bagliore di quelle mura bianche pitturate con la calce, dalla bellezza rurale del suo paesaggio, dal fascino dei suoi orti e giardini, dalla magica maestria delle antiche costruzioni con i tetti a volta, dai muretti antichi di pietra, dai balconcini fioriti, da quei rintocchi calmi di un antico orologio e dal  suo piccolo castello svolazzato dalle rondini zabettose in primavera.Le due donne, di tanto in tanto si incontravano per le stradine del paese; la più grande invitava la più giovane ad andarla a trovare. Cosi quando era possibile durante i flemmatici pomeriggi invernali, si incontravano al castello e riuscivano a trascorrere lieti momenti conversando in un piccolo salottino in compagnia dell'anziana madre che volentieri si univa a loro, dopo essersi con rispetto e contegno pettinata e messa in ordine.Tutte amavano la lettura, la scrittura e cosi, avvinte, si soffermavano a leggere poesie e brevi racconti. A volte, durante la lettura, si emozionavano, si commuovevano e, qualche impercettibile lacrimuccia faceva capolino attraverso gli occhi di una di loro e ciò, passava apparentemente inosservato.Le due donne, coltivarono cosi, quando possibile attraverso il susseguirsi degli inverni e delle primavere, quella loro conoscenza. Capitò loro anche di perdersi di vista per diverso tempo ma destino volle, che si rincontrassero ancora.Questa volta fu la più giovane ad andare al castello e, quando vi arrivò, apprese con dispiacere che l'anziana madre non c'era più o meglio, non c'era più la sua parte fisica mentre invece si percepiva la sua forte energia ancora presente fra le mura di quelle stanze.La giovane donna, rimase quel giorno molto rattristata, notò che la figlia ormai sola con i suoi ricordi, il suo cane e i suoi gatti, vagava in giro per la casa, rovistando di quà e di là nei cassetti in cerca di qualcosa, ...ma di cosa? di chi?  cercava forse sua madre?La giovane donna, cominciò così a frequentare più spesso il castello, sperava d'esser d'aiuto alla donna più adulta, avrebbe voluto in qualche modo, lenire quel dolore che l'attanagliava costantemente, giorno per giorno. Avrebbe voluto vederla sorridere più spesso, tanto era...."Carina"... quando riusciva a farlo.Un giorno le scrisse una lettera, il cui testo è riportato fedelmente qui di seguito:"Sai, non sono molto brava con le parole e, quando desidero comunicare alle persone care (come te in questo caso) qualcosa di molto importante, scelgo, come ho sempre fatto fin da bambina, di comunicarglielo con carta e penna.A tale proposito gli antichi latini dicevano: "verba volant, scripta manent" ovvero le parole volano ma gli scritti rimangono.Ecco perchè amo e preferisco scrivere e tu sai, quanto questo mi renda veramente felice. Quel che intendo comunicarti è che stò semplicemente cercando di avvicinarmi a te e , senza alcuna presunzione di sorta tentando di capire il tuo stato d'animo quando sfogli con orgoglio e dispiacere quei volumi impolverati che oggi, la maggior parte delle persone definirebbe:"vecchi" piuttosto che "antichi"e, sfogliandoli ti soffermi, soffocando le lacrime mentre leggi, con un filo di voce quelle pagine scritte nel 1800 dal tuo bisnonno. Anche quando mi mostri le foto in bianco e nero dei tuoi antenati e dei tuoi genitori quando erano giovani, ...quanto amore, smarrimento e...dolore percepisco, nel tono della tua voce, nella gestualità delle tue mani.So bene che il tuo timore più grande è : la possibilità che in tua assenza..non venga dato il giusto valore e la giusta importanza a tutte le cose che, nel corso della storia del tuo castello, hai amato, le cose fra le quali sei cresciuta e che fanno parte di te.Hai ragione, nulla, nemmeno uno spillo dovrebbe essere buttato via perchè finanche il piccolo, insignificante oggetto esistente fra quelle mura, racconta una storia.La vecchia coperta gialla strappata dal cane di tuo padre, lo scrittoio dove tuo padre studiava, i suoi testi medici e dove ancora, appaiono scolpite le sue iniziali. La spazzola con la quale egli spazzolava il suo cane prima di portarlo a spasso per il paese. La piccola clessidra posta sulla grande scrivania, i tappeti un pò impolverati, le lauree appese al muro, le bottigliette di profumo di tua madre e, la sua macchina da cucire in quella piccolissima stanzetta dove probabilmente amava ritirarsi, per non parlare di quelle ricette scritte a lapis da tuo nonno risalenti al 1929 dove egli segnava i farmaci dati a "credenza" a famiglie che in quel periodo non avendo la possibilità di acquistarli si rivolgevano con speranza e fiducia a quell'uomo, medico, farmacista che capace di .."andare oltre" quelle spiacevoli circostanze con discrezione, da una porticina "riservata" sul retro, consegnava ugualmente i medicamenti e i farmaci, consapevole del fatto che, quel suo gesto, avrebbe potuto salvaguardare se non addirittura salvare la vita a qualcuno.Quanta sotria! quante storie, poetiche e bellissime vissute e raccontate fra quelle mura.Come la storia  vera e dal sapore fiabesco al tempo stesso, di quella tua zia che, in tarda età, essendo molto acciaccata e, non avendo più voglia di camminare, si ritirò nella sua stanza da letto dove aveva fatto sistemare sulle pareti, innumerevoli gabbie aperte in modo che gli uccellini che le abitavano, potessero entrarvi ed uscirvi in libertà mentre lei, (la zia), attraverso i veli del suo grande letto a baldacchino, potesse ammirarli, vederli volare e sentirli cinguettare.Forse, in questo modo aveva l'impressione di vivere anch'essa nel bel mezzo di una voliera e tutto questo, con grande probabilità, la faceva sentire ancor più in contatto con la natura e col resto dell'universo.Chiunque andasse a trovarla, doveva farlo in punta di piedi, nella sua stanza era infatti consentito entrarvi uno per volta e, bisognava parlare a voce bassissima per non recare disturbo all'equilibrio che regnava oltre quella porta dove, anche una parola di troppo, avrebbe potuto disturbare gli uccellini ed anche la zia che attentamente ne ascoltava il canto e ne riconosceva il richiamo.Non darti pena, mia cara, ...a volte, noi "adulti", siamo pienamente convinti che i nostri giovani non si curino più di .."certe cose", mentre invece, spesso ci stupiscono dimostrandoci l'esatto contrario.Vi sono giovani che amano moltissimo conoscere la storia delle proprie radici e, sicuramente non getteranno nel dimenticatoio tutto ciò che fa parte di un patrimonio appartenuto alla propria famiglia, tradizione, cultura. Gli "uccellini" oggi sono loro, è giusto che siano liberi di volare e stai certa che prima o poi torneranno alla propria voliera, proprio come gli uccellini di quella tua incantevole zia, ispiratrice e protagonista di questa piccola e delicatissima storia".Quando la donna adulta, lesse quella lettera, qualcosa fra le due donne cambiò per sempre. Crollarono fra loro molte resistenti barriere e, per la prima volta, le due cominciarono a chiamarsi per nome.La più giovane, si chiamava Gioia, la più adulta Serenità.Serenità, profondamente commossa, con un sorriso luminoso sul volto, ringraziò Gioia per quella lettera che delicatamente aveva pizzicato le corde del suo cuore.Scaramanticamente, quasi a non voler rompere quell'incantesimo che si era creato, frà le due, la parola AMICIZIA non fu mai pronunciata, ...mai pronunciata.....mai pronunciata.                                    ----------------------------------------------A Carina Medici.            Loredana FinaPulsano,  Marzo 2006                                    _____________________________